CULTURA |
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sabato 15 gennaio 2000, S. Efisio |
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IL LIBRO
Africa, il cuore del mondo
Alessandro Dell'Aira
Se uno desidera farsi un'idea chiara di cosa vuol
dire essere l'inviato speciale di un grande
quotidiano di oggi, non può fare di meglio che
leggere con attenzione la premessa di Pietro
Veronese ai testi raccolti e assemblati in Africa
reportages, uscito da poco per i tipi di
Laterza. E' vero che gli uomini sono tutti
diversi tra loro come le foglie, e che questo
vale anche per i quotidiani e i loro inviati
speciali, ma Veronese è un classico nel suo
genere perché ha il dono della chiarezza e dell'immediatezza,
e di suole di scarpe ne ha consumate come gli
inviati di ieri, nonostante molti suoi colleghi
di oggi consumino più che altro il fondo dei
pantaloni sulle poltrone dei jet. Il suo amore
per l'Africa nasce dal rispetto per il mestiere
più che dall'infatuazione, una sorta di
matrimonio combinato dalla redazione del suo
giornale.
Nonostante questo, anzi proprio per questo,
Veronese è oggi uno dei migliori africanisti del
suo settore. All'essenziale lucidità dell'esordio
corrisponde, nell'epilogo, altrettanta lucidità
nell'elogio dell'Africa e della sua gente. Per
essere certo che gli africani sono una fanteria
perennemente in marcia verso il lavoro, verso una
malattia, verso l'acqua, verso una bara, verso il
sole, come i napoletani del mondo, per avere
conferma che in Africa il tempo è gratis e si
spreca, che i giovani hanno una capacità di
sopravvivenza sconosciuta anche alle vecchie
generazioni degli altri continenti, che l'Africa
è il cuore del mondo, Veronese è capace di
appostarsi per ore con un thermos di caffè in un'auto
parcheggiata alla periferia di una grande città
come Nairobi, o di andare a leggere di notte con
una torcia i caratteri cirillici sul radiatore
abbandonato in un cimitero d'auto e di soldati
lungo una pista dell'Eritrea. Se ha ancora dei
dubbi sulla morte di Samora Machel, presidente
della repubblica popolare del Mozambico, avvenuta
nel 1986 in un incidente aereo che quasi
certamente fu una tragica trappola tesagli dagli
avversari, per dissipare le ultime nebbie va a
scovare, a dodici anni dalla fine di Machel, un
testimone italiano suo amico rientrato in patria
per disperazione ma ancora sul piede di guerra. L'Africa,
per Veronese, è anche una dimensione e non solo
un continente. Forse l'autore usa un'iperbole
quando afferma che l'Africa è come una grande
peschiera dove anche un novellino riesce a
montare un buon servizio. Può darsi, ma
riassumerla in poche parole è difficile, così
come è difficile montare insieme tanti buoni
servizi che coprono gli ultimi quindici anni di
storia per farne un libro attuale. Africa
reportages è un retablo giornalistico, nel
senso che i singoli pezzi sono assemblati con
maestria fino a comporre non un mosaico, ma uno
scenario a tutto tondo, che è rappresentazione e
nello stesso tempo realtà viva. Le righe in
corsivo che aggiornano e commentano i vari
capitoli sono il tessuto connettivo del libro, la
voce fuori campo dell'"inviato" tornato
a casa, che riflette e invita alla riflessione.
Sono un tornare sui propri passi per mettere
meglio a fuoco un'immagine che si è impressa
nella memoria senza contorni: ad esempio quella
del medico italiano professionista della
cooperazione, in cui certamente anche se
inconsapevolmente il reporter si identifica e che
prima gli dà l'impressione di combattere più
che altro con se stesso e poi, dopo tre anni, gli
fa capire di avere imparato a combattere il
colera fra i Tuareg.
PIETRO VERONESE
Africa reportages
Laterza 180 pagine, 18.000 lire
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