CULTURA  
mercoledì 3 febbraio 2000, S. Biagio  
   
Libri. Altri due volumi del noto docente
Pirati e mercanti raccontati da Carlo Maria Cipolla

Alessandro Dell'Aira




I quattordici libri di Carlo Maria Cipolla usciti in questi ultimi anni per il Mulino, sei dei quali in "Intersezioni", sono una piccola flotta di brigantini d'epoca, allegri ma non troppo, che anziché andare in disarmo solcano ancora i mari editoriali. I titoli, da soli, grondano materia e senso della storia.
L'autore, docente di storia economica dal 1949, professore emerito a Berkeley e alla Normale di Pisa, inossidabile e noto teorico della stupidità umana, pioniere delle strade battute da Carlo Ginzburg e Luther Blisset il fantomatico, si destreggia tra i documenti come un pirata maltese con le mani a bagno in un forziere di talleri. Alcuni saggi risalgono a qualche anno dopo che Braudel aveva dato vita a "Les Annales", sono stati aggiornati e sembrano chiusi ieri.
La prima cosa che si impara da Cipolla è che gli archivi si possono leggere con arguzia e non solo con acutezza. La seconda è che anche uno storico economico può esprimersi con semplicità. La terza è che nella ricognizione del passato c'è sempre posto per i rinvii al presente e al futuro. Una citazione: "Più potere si concentra nelle mani di una burocrazia, più si creano i presupposti per un suo degrado ed un processo di sua corruzione". Di che si parla? Non di tangenti e di mani pulite, ma di commercio con il potere in un contesto in cui entrambe le parti, il funzionario e l'interlocutore, hanno interesse a non lasciare tracce. Problema: è sempre ottusa e corrotta la burocrazia, sempre impegnata a trafficare con vittime e complici? Dipende, osserva l'autore, e narra che a Livorno, intorno alla metà dei Seicento, i funzionari del granduca di Toscana temevano la peste e opponevano cavilli ragionevoli alla fretta dei capitani inglesi che avevano merci da sbarcare, e nello stesso tempo li torturavano con l'applicazione fin troppo rigida della quarantena: la moglie del console di Sua Maestà Britannica trasferita in lazzaretto non appena sbarcata, il marito che appena può va a trovarla, cena con lei e finisce dentro anche lui per aver portato alla bocca il cucchiaio d'argento della portata comune (o che fosse smanioso della signora, e conoscendo i suoi polli avesse cercato una scusa per restare?). Un altro episodio di richiamo è il caricamento del cannone dei turchi sui Dardanelli, capace di lanciare contro i russi una palla di pietra pesante più di mille libbre a trecento braccia di distanza, un'impresa degna del barone di Münchhausen (che in questo caso si chiama de Tott, è tedesco come l'altro e della stessa epoca ma non racconta balle, fa analisi attendibili e fondate). Oltre agli aneddoti, alcune immagini s'imprimono nella memoria per velocità e vivacità, per consistenza e forza di persuasione, come quella scelta per rendere il rapporto stretto fra espansione marittima e rivoluzione industriale anche se i primi imprenditori non erano mercanti della Compagnia delle Indie: negare ciò, osserva Cipolla, "è tanto sensato quanto il negare ogni rapporto tra la Rivoluzione Scientifica e quella Industriale sulla base del fatto che né Galileo né Newton crearono una manifattura tessile a Manchester".
Nemici visibili, amici invisibili, mercanti, appestati, conquistatori, pirati, si affollano intorno al lettore e lo conducono nel retrobottega della storia moderna, per rivelargli, ad esempio, che quel re Manuel di Portogallo, gran promotore d'arte e cultura, per Francesco I di Francia era un "re droghiere", e che lo stesso si poteva dire degli Stati Generali d'Olanda, dei re d'Inghilterra e degli Asburgo di Spagna. O che la storia non è fatta anche dai droghieri? Se l'espansione europea fu in primo luogo un'avventura coloniale, non c'è da stupirsi per gli sviluppi mercantilistici delle politiche estere di tutti i tempi. E non c'è dubbio che il commercio marittimo fosse sempre un buon affare, giacché al tempo delle vele, a parte i naufragi (assicurabili) o le quarantene (interminabili e tuttavia passibili di sconti a seguito di trattativa), gli unici costi erano la paga, il vitto dell'equipaggio e il deperimento del vettore. Molti capitani erano anche "padroncini" in multiproprietà, perché detenevano quote di più navi per non rischiare solo quella che comandavano.
La flotta di Carlo Maria Cipolla naviga nel mercato librario e sfrutta ogni soffio di vento. Le note e la bibliografia sono ampie e discrete, non zavorrano il testo, una manna per chi vuole approfondire. Buone anche le traduzioni dagli originali inglesi.

Carlo M. Cipolla, Il burocrate e il marinaio. Il Mulino, Bologna, 1992. Pagine 136, lire 15.000. Vele e cannoni. Il Mulino, Bologna, 1999. Pagine 174, lire 18.000.