MOSTRE. Prima a Vienna e poi
a Zurigo
Cézanne, arte in-finita.
Alessandro Dell'Aira
UNO DEI
PROSSIMI FINE SETTIMANA vale la pena di fare un
salto a Vienna per andare a vedere Cézanne.
Viaggio a parte, cinquanta minuti e
centoquarantasette pezzi per scivolare nella sua
arte come in autostrada, finché non si perde il
senso del tempo e non si cade nell'ossessione del
motivo posseduto nella mente ma non sulla tela. E
qui sta il punto, anzi lo spunto della mostra di
Vienna,
che chiude il 25 aprile, poi va al Kunsthaus di
Zurigo e ci resta fino al 30 luglio.
Cézanne rinunciava all'abbozzo anche avanzato
quando capiva che non avrebbe mai "realizzato"
il motivo. Così diceva: devo realizzare il
motivo, altrimenti non vale la pena. C'è chi lo
ha visto accanirsi per un mese su un'opera che
ogni volta sembrava finita e non finiva mai. Una
come le altre lasciate al loro destino, poi
acquisite in tutto il mondo con entusiasmo e
tanti vagoni di dollari da gallerie e
collezionisti. Sicché tra oli, acquerelli e
disegni, grazie a un'idea di Klaus Albrecht
Schröder e al sostegno del chairman di Bank
Austria Gerhard Randa, l'uno direttore, l'altro
presidente del Kunstforum di Vienna, si è messo
insieme un percorso eccezionale.
Paul Cézanne, classe 1839, di una famiglia
agiata di Aix-en-Provence, andò a studiare
pittura a Parigi. Rientrato a casa si impiegò
nella banca del padre e ne uscì quasi subito per
rifugiarsi nella capitale, dove restò per un po'
e alla fine tornò sui suoi passi. Rinunciò agli
affari e si immerse nel suo mondo, in trincea tra
il vecchio e il nuovo, alla ricerca di equilibri
impossibili fra tratto e colore. Gli ambienti
ufficiali lo rifiutavano, si sentiva in guerra
con tutti e non gli riuscì di sfondare neppure
alle tre mostre storiche degli impressionisti.
Nel 1886 sposò Hortense Fiquet, sua modella e
compagna. Si erano conosciuti a Parigi quando lei
aveva diciannove anni. Un amore intuito con la
mente e inseguito da Cézanne nella forma di un
angelo muto, prima lucente e contemplativo, poi
negli anni pensoso e tranquillo, infine posato,
le rughe incipienti e i capelli ora raccolti ora
sciolti. Paul non amava più Hortense come una
volta e la trasformò in madame Cézanne per il
bene del loro figlio Paul. Un altro modo, banale
ma eroico, di conciliare l'impossibile. Così, in
un trittico familiare, l'artista ritrasse il
motivo del momento: Hortense, Paul junior e Paul
senior, ognuno per conto suo. Giunto a se stesso,
però, più si ritraeva e meno gli piaceva il
risultato. Lo disturbava qualcosa, ed era la sua
aria grave sotto un accessorio d'obbligo, il
motivo nel motivo: il chapeau melon, la
bombetta di rito acquistata prima di coronare (ironia
degli oggetti) il sogno d'amore. Fresco di nozze,
attempato, stempiato sotto l'elmetto da cerimonia,
si contemplava nello specchio da parete e poi
nella tela che aveva davanti. Posava gli occhi
ora sull'uno ora sull'altra e faticava a
riconoscersi. Si interrogava con lo sguardo vivo,
fissava il suo doppio sguardo riflesso e si
accettava sempre di meno. E allora via, giù la
tela dal cavalletto: la poggiò a terra contro la
parete davanti a sé, a portata di vista, e andò
a sceglierne una delle nuove, già pronte. Il
tempo passava, la luce cambiava, sfilarono giorni
su giorni e un'intera tavolozza di luci nell'atelier,
finché monsieur Paul non si sentì libero e
rigirò contro le pareti lo specchio e il
ritratto abbandonato. Ogni tanto, per scuotersi,
a mano aperta, mollava una botta mielosa sul chapeau
melon, inarcava un sopracciglio, serrava le
labbra in una smorfia amara e torceva gli occhi
su qualcosa che non era un motivo ma poteva
diventarlo: una bottiglia, un portacandele, un
libro con frasi e figure sempre uguali, e dentro
la testa, sotto la bombetta, precarie armonie di
colori, e a mezz'aria una mano alle prese con la
barba sale e pepe che gli copriva il mento da
banchiere, che resisteva al passare degli anni e
del pennello.
passa
col mouse da un autoritratto all'altro
L'autoritratto non finito, della Carlsberg
Glyptotek di Copenhagen, riempie le locandine
della mostra e la copertina del catalogo di
Vienna. L'autoritratto finito appartiene a un
privato che il testo non nomina. Vi si legge la
vita di un artista, la storia di un'arte che
cambia pelle, la ragione di un percorso. Al
confronto, una famosa foto del 1904 di Emile
Bernard, che ritrae Cézanne seduto nella stessa
posa del Giardiniere Vallier davanti
alla tela finita dei Grandi Bagnanti, è
un identikit.
Cézanne.
Vollendet - Unvollendet.
Vienna, Kunstforum, 20
gennaio- 25 aprile 2000.
Zurigo, Kunsthaus, 5 maggio - 30 luglio 2000.
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