IL LIBRO / Un best seller di
Jeremy Rifkin
Nell'era della New Economy
di Alessandro Dell'Aira
http://www.povo.it
«L'ERA DELL'ACCESSO» è il
best seller di Jeremy Rifkin sulla rivoluzione
della New Economy, uscito in Italia per Mondadori
nella traduzione di Paolo Canton. Prefigura un
futuro fatto di porte chiuse a chiave, di
password contro carte di credito, di morte della
coscienza storica, di una nuova coscienza
terapeutica, di proprietà senza mercato, menti
senza braccia, know-how al posto dei beni, reti
di relazioni, accessi e connessioni a pagamento.
Parla di tutto tranne che della scuola. La scuola
però esiste, anzi c'è ed è pubblica e privata,
non come la mamma che è sempre una e privata. La
scuola è come la verità, nel senso che ce n'è
almeno due tra le pubbliche, e di private qualche
miliardo, per quanti uomini e quante donne ci
siano al mondo, con esperienza, conoscenze,
competenze e capacità.
Le due scuole pubbliche di base degli uomini e
delle donne di oggi sono la scuola-scuola e la
scuola-strada. La famiglia è una scuola privata.
Poi c'è il mercato e c'è pure il lavoro, ma
forse è tardi perché secondo Rifkin, che non ha
tutti i torti, il mercato e il lavoro come noi li
intendiamo sono in agonia. La rete invece è in
ascesa ed è già una scuola. Pubblica. Con la
spazzatura, i rischi e la trasparenza del
pubblico. Con la coscienza civile a fare da
argine alla stupidità e alla violenza. Con la
scuola-scuola che si collega al web e diventa
client, e nel web può restare client in eterno o
fare da server ad altri con la sua pagina web, o
diventare il provider della sua utenza.
Nella New Economy il provveditore agli studi,
dove c'è, amministra la proprietà della scuola-scuola
e la cede in uso, personale compreso, a chi vi
accede mediante una tassa. Resta la dipendenza
funzionale dall'ente pubblico fornitore di studi,
mentre la scuola-scuola risponde direttamente all'utenza
della qualità degli studi, organizzati per conto
dell'ente pubblico il quale si impegna a
riconoscere autonomia alla scuola-scuola. Si dice
che l'utenza pretenda la qualità del risultato.
A nostro avviso l'utenza esige la qualità degli
studi allo stesso modo con cui esige qualità
dalla centrale del latte. Quando sarà chiaro a
tutti che la qualità degli studi è un sintomo
di buona salute della scuola-scuola ma non
determina il buon rendimento degli studenti,
così come la buona qualità del latte aziendale
non determina la buona salute dei consumatori,
avremo risolto il problema della New School nella
New Economy. L'accesso di per sé non dà sapere.
La qualità del latte non ha mai garantito la
salute, neppure in campagna. Tutela la salute ma
non la garantisce. Anche la scuola-scuola di
qualità non garantisce i saperi. Li promuove e
li organizza, li segue e li valuta ma non li
garantisce.
Ci siamo bevuti «L'era dell'accesso» di Jeremy
Rifkin come un tazzone di latte di malga.
Economia, mercati, monopoli, lavoro, relazioni,
modi di vita, cultura vecchia e nuova. Di scuola
niente, neppure il retrogusto dell'accesso. Due
conclusioni se ne traggono: o che la scuola-scuola,
anche hi-tech, è già morta, o che è talmente
fuori degli interessi dell'autore da avere
qualche speranza di sopravvivergli. Mentre è
certo che esista, visto che Jeremy Rifkin,
diversamente da Luther Blisset, ha carne e ossa e
dunque di scuole-scuole ne ha avuta una o più d'una.
Come i suoi figli, alle cui pagelle Jeremy Rifkin,
ci scommettiamo, accede attraverso la rete quando
i ragazzi sono a letto.
Jeremy
Rifkin, L'era dell'accesso.
Traduzione di Paolo Canton. Mondadori, Milano,
2000. 405 pagine, lire 35.000.
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