CULTURA |
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domenica 3 settembre 2000, S.
Gregorio Magno |
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PELLEGRINI
Zitella trentina, avanti.
I Giubilei delle donne: storie di fede.
Quando una ragazza si travestì da uomo.
di Alessandro Dell'Aira
UN RESOCONTO dell'anno santo 1725 ha lasciato
memoria di un giovane pellegrino di belle
fattezze, elegantemente vestito, con cappello
bordato, che bussò all'Ospizio della Santissima
Trinità della città eterna chiedendo di
passarvi la notte. Richiesto del nome disse di
essere «zitella in età di anni 17, chiamata
Domenica de Andreis da Trento». Era venuta a
Roma da sola, vestita da uomo per non rischiare
brutti incontri.
Ciò non deve stupire. Settanta anni prima,
mettendosi umilmente sulla via di Roma dopo aver
abdicato e abbracciato in segreto la religione
cattolica, la regina Cristina di Svezia aveva
usato l'identico stratagemma (con minore fatica,
poiché, come scrissero, era «abbozzata dalla
natura per huomo, e poi fenita per femina»). Se
andiamo indietro di altrettanto tempo, all'anno
santo celebrato dopo il concilio di Trento, nel
1575, l'afflusso femminile fu notevole. Roma non
era più Babilonia, il Medioevo era morto. «Con
singolare modestia e insolita divotione» le
donne venivano a rendere omaggio ai santi Pietro
e Paolo e a guadagnarsi le indulgenze sudandole
per via con un bastone in mano, un panno annodato
sotto il mento, la bisaccia in spalla e la zucca
con l'acqua fresca appesa alla bisaccia. Nell'anno
1823, lo stesso in cui il contino Leopardi rese
il suo omaggio personale alla Roma dei ruderi (che
non gli piacque), una litografia a colori di
Antoine-Jean-Baptiste Thomas raffigura una
giovane donna in cammino, così abbigliata, che
sta per raggiungere un gruppo di pellegrini
seduti nei pressi della tomba di Cecilia Metella.
Roma, le donne, il Giubileo. Questo è il tema di
una mostra vivace, promossa dalla fondazione
Bellisario, ideata da Lella Golfo e
scientificamente curata da Angela Groppi e
Lucetta Scaraffia, che si è inaugurata a Roma il
4 luglio scorso nel complesso del Vittoriano e
resterà aperta fino al primo ottobre. Più che
da un catalogo, essa è illustrata da un libro,
presentato dall'ideatrice e dal sociologo Gennaro
Acquaviva, con una serie di saggi sul tema. Il
più azzeccato ci è sembrato l'ultimo, di Angela
Groppi, Il corpo delle donne negli eventi
giubilari, che mette in rilievo il
protagonismo femminile nel teatro cittadino, fin
dall'epoca medievale. Le donne si muovevano in
gruppi, per esempio le confraternite o le
compagnie (pittoresche quelle di Zagarolo,
vestite di sacchi bianchi e precedute da alcuni
giovinetti musici e vestiti da angeli; o quelle
delle Stimmate di Greccio, più sobrie, anzi
penitenziali nei loro sai di panno grigio, scalze).
Lo spazio degli uomini era separato da quello
delle donne, anche se spesso per le strade la
processione si risolveva in confusione, e solo in
chiesa le parti si ricomponevano: navata destra
gli uni, navata sinistra le altre. Gli uomini
vegliano sulle donne con veri e propri servizi d'ordine,
per proteggerle ma anche, discretamente, per
controllarle. Mari di gente, non certo l'oceano
di Tor Vergata ma sempre onde e onde di teste e
gente curiosa. Alla Santissima Trinità, dove
bussò Domenica de Andreis da Trento, c'era la
porta delle donne pellegrine e quella delle
signore principesse e dame; ma «le Duchesse,
Principesse, Contesse e simili, non havevano a
schifo di trattare con una certa equalità con
altre donne similmente serventi, se bene
artigiane, e di basso stato; perché la carità
di Dio era quella, che le univa insieme».
Il ricordo di Elena, Veronica, Brigida, di Orsola
e delle sante pellegrine, anima e ispira questa
moltitudine di nobildonne, regine, popolane,
cortigiane, borghesi. La mostra comprende dipinti,
stampe, oggetti e documenti d'epoca, e la
ricostruzione di luoghi, percorsi e itinerari.
Sette secoli di storia romana insolita, vista con
gli occhi ed espressa dai corpi delle donne.
Con singolar modestia e
insolita devozione. Le donne ai tempi del
giubileo. Skira, Ginevra-Milano,
2000.
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