Da Moena agli Stati Uniti
don Giovanni De Ville
ci affida le sue memorie
Un prete
nella Chicago di Al Capone
di Alessandro Dell'Aira
QUESTA È LA STORIA di un uomo di Moena, emigrato
negli Usa nel 1892. Abbiamo sott'occhio un
fascicoletto illustrato di carta paglierina,
formato orario ferroviario tascabile, con la sua
autobiografia. Lo abbiamo pagato la classica pipa
di tabacco al mercatino dei Gaudenti di Trento.
Nulla di singolare, fin qui. La cosa singolare è
che lì dentro il suo nome non c'è. Totalmente
omesso. Il testo è in inglese, a pagina 3 si
legge: «Quando i tuoi occhi cadranno su queste
righe, io sarò sottoterra da qualche settimana.
È come se tu stessi ricevendo un messaggio dal
mondo dei più. Ho voluto stabilire una sorta di
legame materiale fra te e me, oltre a quello
spirituale. Per non lasciare ad altri la fredda
incombenza di darti la notizia, ci penso io,
sapendo di infrangere un'antica usanza, e ti
fornisco i pochi dati che servono in questi
casi».
Tutti i dati, meno uno. Se vuoi evocare qualcosa,
non devi nominarla. Il dato mancante lo abbiamo
appreso grazie a un repertorio quasi sempre
introvabile nelle biblioteche (l'elenco
telefonico), seguendo una pista a pagina 5 del
fascicoletto: la foto della Pensione Al Ponte di
Primiero, oggi Hotel del Ponte, in parte travolto
dall'alluvione del 1966 e ricostruito, dove l'uomo
di Moena ha trascorso gli ultimi mesi di vita
presso la sorella Maria, moglie del proprietario.
Sono nato, c'è scritto sulla copertina del
fascicoletto, l'8 settembre del 1873, da Giacomo
e da Giuliana. Ho fatto gli studi classici a
Trento e quelli di filosofia nel collegio romano
di Propaganda Fide. Mi sono imbarcato per gli Usa
nel 1892. (Parentesi: a quanto pare c'era una
contessina con lui, ma i genitori di lei fecero
fermare la nave e la bloccarono. Questo non c'è
nel fascicoletto, fa parte della saga di famiglia).
Ho studiato teologia al St. Bonaventure's College
di Allegany, nello stato di New York. Ho preso i
voti nella cattedrale di Buffalo. Ho lavorato per
dodici anni tra i minatori immigrati nell'area
dei giacimenti di carbone della Pennsylvania,
dove ho fondato alcune parrocchie. Sono stato
direttore della Catholic Colonization Society di
Chicago. Dal 1914 al 1917 sono stato in Belgio,
nei territori occupati, inviato dalla Belgian-American
Alliance. Ho fatto la spola tra quel paese e gli
Usa, portando in salvo donne e bambini.
Ho organizzato la parrocchia di San Marco a Gary,
nell'Indiana. Sempre a Gary ho fondato un
collegio, la Judge Gary - Bishop Alerding
Settlement House. Vi ho insegnato «Sociology and
Ethics», realizzando un mio vecchio sogno. Sono
stato pastore degli immigrati latini, soprattutto
italiani, messicani e spagnoli. Mi sono preso
cura di loro e delle loro anime, cercando
soprattutto «the so-called sinners», i
cosiddetti peccatori. E ora che non sto bene,
dopo cinquantotto anni trascorsi in perfetta
salute, sono tornato in patria, a vivere con mia
sorella Maria.
Dall'Hotel al Ponte in via del Risorgimento 1,
Transacqua, la pronipote, Maria Giovanna
Tavernaro, cortesemente ci dice quello che sa per
averlo sentito raccontare alle zie e alla nonna
Maria. Altre notizie arrivano via cellulare dal
cugino di Maria Giovanna, Guido Falqui Massidda.
Caruso che canta «Funiculì Funiculà» per lui
e per gli italiani della comunità di Chicago,
portando gli spaghetti alla bocca con le mani. La
gratitudine del presidente Roosevelt, nel 1918.
Qualche piccola bega con il parroco di Transacqua
in difesa delle nipoti. Le sue idee progressiste.
La sua stanza nel sottotetto, con vista sulla
confluenza di due torrenti, il Canale e il
Cismòn.
Nel fascicoletto, sul cielo della Pensione Al
Ponte ci sono due freccette a stampa in
corrispondenza della mansarda. Più che un segno
tra i segni, un preciso legame materiale che l'uomo
di Moena ha stabilito tra sé e gli amici d'America
che leggeranno. A sinistra c'è scritto: «Alla
luce dell'esperienza e della scienza, dobbiamo
ammettere che dopo la guerra l'alcol e la droga
hanno portato l'umanità verso la miseria fisica
e morale. La temperanza, di certo, sarebbe la
condizione ideale ... Se la gente vi arrivasse di
sua volontà, sarebbe una benedizione. Tuttavia,
ciò non si otterrà mai con la Proibizione, che
serve solo a frustrare l'istinto umano all'indipendenza
... Nel caos del presente, invece di distruggere,
costruiamo ... Vorrei avere vent'anni di meno per
non perdermi gli eventi che seguiranno. Non ho
mai creduto al famoso assioma che incarna l'essenza
dell'egoismo: Dopo di me, il diluvio. No, la sola
ragione che mi procura rimpianto nel lasciare
questo mondo è l'ansia, il pensiero degli amici
e del loro futuro».
Un'altra foto, un'altra freccia sulla casa natale
di Moena, tra l'Avisio e il San Pellegrino. Una
veduta di Passo Rolle: «Quassù c'è un cimitero
militare, dove riposano, fianco a fianco, i
soldati caduti in una delle più grandi battaglie
dell'ultima guerra combattute in montagna.
Italiani, ungheresi, bosniaci, boemi. Non furono
invasi da un odio personale, furono schiavi di un
dio sanguinario, il Moloch della guerra. La
guerra è nemica dell'umanità. Porta morte e
miseria».
Tante altre immagini, nessi materiali e
spirituali. Diciotto impeccabili paginette,
stampate a Trento da Monauni. Senza data, ma l'anno
è il 1932. L'uomo di Moena, saluta gli amici,
licenzia il fascicoletto e muore il 31 dicembre,
di sabato. È sepolto a Moena con l'anno nuovo. C'è
una gran pace tra i monti, senza troppe auto. Di
là dal mare, il proibizionismo, il racket di
Chicago, il processo ad Al Capone. È appena nata
la Fiat Balilla. In copertina, la foto dell'uomo
ai suoi ultimi mesi, le labbra serrate, lo
sguardo fermo, una medaglia. Sul retro, a ritroso,
la foto della giovinezza. My Photograph in 1899.
Tutti i diritti riservati al vescovo di Fort
Waine, a beneficio della Judge Gary - Bishop
Alerding Settlement House. Un dato solo manca: al
secolo, don Giovanni Battista De Ville, da Moena.
In quella circostanza, non serviva. Ora serve: è
certamente sua, anche se trascritta da Gerald
Rossi, la voce «Italians in the United States»
della Catholic Encyclopedia, edita nel 1917, da
quattro anni nel ciberspazio. Le sue
pubblicazioni, tra cui «Back from Belgium», del
1919, le lettere e varie memorie si trovano
presso gli Archivi dell'Università di Notre Dame,
nell'Indiana. Aspettano solo di essere studiate.
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