CULTURA  
mercoledì 22 novembre 2000, S. Cecilia  
   
Come il fante Endrizzi
vestito da tedesco sfuggì
alla strage di Cefalonia
Il diario di un trentino capitato suo malgrado nell'inferno dell'isola greca dopo l'armistizio


Sul dramma di Cefalonia, quando tra il 20 e 21 settembre del 1943 6.500 uomini della divisione Acqui furono selvaggiamente trucidati dai tedeschi dopo essersi arresi, sono stati scritti molti studi storici e politici. Di recente dalle pagine dell'Espresso il senatore Paolo Emilio Taviani ha rivelato che negli anni del dopoguerra concordò con l'allora ministro degli Esteri Martino (era il 1956) di porre il veto al processo contro i 31 militari tedeschi responsabili dell'eccidio. Decise in pratica di affossare la richiesta di giustizia da parte dei familiari delle vittime in nome della ragion di Stato, per non infierire ulteriormente sulla Germania. Una strage, insomma, le cui ferite sono ancora da rimarginare. Sulla vicenda ora si aggiunge nel panorama letterario il diario di Guglielmo Endrizzi. Un libro unico per genuinità ed originalità del protagonista, sempre controcorrente.

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Endrizzi da spazzacamino
a fante in Etiopia
 


di Alessandro Dell'Aira

Guglielmo Endrizzi, classe 1921, stava in guardia anche da chierichetto. Il suo nemico più feroce era il padrone del campo del ciliegio dove lui portava i compagni dopo la messa, dicendo che era roba sua e che suo padre aveva detto che potevano mangiarne fino a scoppiare, non come il padre di un altro chierichetto che di ciliegie ne aveva ma era avaro. Il nemico veniva a stanarlo alla scuola di Fai della Paganella dove lui andava vestito non tanto bene ed era mal visto per la sua vivacità. La maestra fermava il nemico sulla porta e lui se la dava a gambe.

Un altro maestro ebbe Guglielmo Endrizzi da Fai. Lui e gli amici lo sassarono il giorno che prese la funivia di Zambana e se ne andò per sempre. Così fu suo padre a fargli da maestro di vita prima di governare le vacche. Lo faceva tremare senza picchiarlo.

1935. Finisce la guerra di Guglielmo con la scuola. Mussolini se la prende col Negus e lui parte con altri per l'Appennino, dove ci sono camini da raschiare anche con i gomiti, e un soldo da chiedere ad ogni porta per amor di Dio. Il sacco del pane è il suo sacco da dormire. Quattro anni di stenti e si torna, è tempo di naja, altro che aspetta e spera, sta per scoppiare un'altra guerra mondiale. Divisione Acqui, quarta compagnia, plotone mitraglieri, Silandro. Un compagno gli fa: vieni in Russia con noi volontario, e lui parte, in quaranta per vagone, divisione Pasubio, diciassettesimo fanteria. A Brindisi salpa per l'Albania, passa lo Ionio in piedi sul ponte come nel vagone, con il mulo e il salvagente. A Durazzo l'ufficiale lo chiama: "Endrizzi, c'è una denuncia per furto di legna sulla Paganella. Bravo, quando torni ne fai quanta ne vuoi. Fatti onore, si va a Cefalonia".







L'isola è quella che è. Gugliemo passa l'inverno ad Argostòli, a fare il brusca e striglia a cinque muli. In primavera, è il 1942, vede un albero carico di arance, per lui sono ciliegie giganti, una tentazione. Come sempre beccato, non si scherza, cinque giorni di cella, siamo al fronte, né ciliegie, né legna, né arance. Una notte sente un botto che viene dal mare. E' un siluro tedesco contro la Galileo, carica di alpini della Julia. La guerra lo sta cercando, senza fretta, gli lascia un po' di tempo per l'amore. A Itaca Guglielmo fa il filo alla bella figlia di un contadino, più bella dell'orto di suo padre. Lui per mesi corteggia un po' l'orto un po' la figlia, stessa faccia stessa razza. Le isole greche sono piene di storie come la sua. Una è quella famosa dell'ufficiale italiano e della ragazza di Cefalonia, ricostruita da John Madden, il regista di "Shakespeare in love", con un occhio al romanzo di Louis de Bernières sul capitano Corelli e il suo mandolino. Gabriele Salvatores, in "Mediterraneo", ne ha raccontato un'altra quasi felice, dedicata a coloro che fuggono.

Guglielmo torna a Cefalonia. Un casino dopo l'altro fino all'otto settembre. Armistizio, i greci suonano le campane. Undicimila italiani e millecinquecento tedeschi. E adesso? Contro i tedeschi, con i tedeschi o disarmati? Prima che arrivi l'ordine di non arrendersi, il generale Gandin fa un referendum. Decisione finale: si combatte. Il fante Endrizzi, addetto ai rifornimenti, va e viene dalla linea di fuoco. Poi vince l'istinto. Si sottrae alla carneficina sicura. Ancora in tempo, fa incetta di revolver tra i morti. E' preso da cinque Alpenjaeger bolzanini, dice di essere di Bolzano e salva la vita. Le armi non può più deporle, contro i tedeschi non può mettersi. Lo invitano a passare dalla loro, come quelli di Trento, Bolzano e Belluno. Gugliemo passa, e con lui altri venti. Non gli importa né di fascisti, né di nazisti. Gli importa solo di portare a casa la pelle. In cento lasciano quell'inferno per Patrasso, destinati al rastrellamento.

A Fai della Paganella tutti credono che Guglielmo sia morto, ma lui è in Grecia, in Albania, in Iugoslavia con i tedeschi. In agguato sulle montagne, con la divisa tedesca sulle braghe di tela italiane, parlando greco in casi estremi. Nei boschi ci sono corniole come ciliegie, non c'è bisogno di rubarle. Guglielmo passa dalla parte dei russi, prigioniero della guerra. La guerra, dice, non uccide tutti, anche se tutti sono suoi prigionieri. E' il 1945, si litiga a sangue anche per una coperta asciutta. Giannina, Atene, Taranto, da un merci all'altro, da un campo all'altro, fino al caffè Perlot di Mezzolombardo. A due anni dall'eccidio, la vita ricomincia il 7 settembre del 1945. Ma si è mai fermata?

I libri dei reduci di Cefalonia sono tanti. Pochi però come questo. Per una ragione semplice: il sopravvissuto, narrante, è uno che da bambino faceva dispetti a tutti, e da soldato ha continuato a cavarsela. Cioè, come si legge in quarta di copertina dal negativo del suo manoscritto, quando era piccolo e veniva fatto qualche cosa di male era sempre stato lui, anche se non c'entrava per niente.

Gugliemo Endrizzi. En braghe de tela... taliàne. L'odissea di un trentino sopravvissuto all'eccidio di Cefalonia. A cura della Biblioteca Intercomunale «Altopiano Paganella Brenta». Rielaborazione del manoscritto, note e introduzione storica a cura di Graziano Cosner, Marilena Faoro e Sandro Osti. Curcu & Genovese, Trento, 2000. 128 pagine.