LA BREVE RACCOLTA DI LIRICHE DI LILLO
GULLO contenute nel volumetto di Crocetti
Editore dedicato ai sette poeti del
Premio Montale 1999 prende il titolo dall'ultimo
dei suoi dodici componimenti: «Il
disertore». È qui la chiave dei versi
di Gullo, che vengono da una trincea
interiore e annunciano l'evasione del
poeta dalle grandi diatribe mondiali sul
senso della vita. Presentando i Sette
del Montale, Maria Luisa Spaziani,
sacerdotessa del premio, dedica a Lillo
Gullo, siciliano di nascita e giornalista
in Trentino, una scheda che a nostro
sommesso giudizio non è poi così
pertinente, con quel suo «Ecco un
giovane». Il che di certo avrà
lusingato l'uomo - che sta per doppiare
il mezzo secolo rannicchiato in trincea
tra il fronte dell'avere e quello dell'essere
-, ma forse avrà impensierito il poeta
per quei grappoli di aggettivi - amabile,
fresco, leggero, arioso - con cui la
Spaziani spazza via dai versi di Gullo la
patina di cromatismo guttusiano alla
quale lui sembra tenere più che alla
metrica, più che alle citazioni
montaliane (d'obbligo) di lucertole tra i
quadrati dell'orto, più che ai bruschi
ribaltamenti d'immagine, dove si canta e
si sa di donne tanto rabbiose e fate
brune quanto la Tindari di Quasimodo è
mite, fresca, leggera e ariosa. Tant'è.
Altrimenti, non si vede perché quel
«disertore» debba campeggiare sulla
pagina bianca di risguardo sotto il nome
di Lillo Gullo. Uomo che sa disertare da
poeta, ma che continua a militare nell'informazione
e ha portato con sé, in trincea, un
bagaglio di antropologo che gli consente
di intendere la sensualità di un piatto
di fichi neri assaporati d'estate al
paese su una terrazza sospesa tra cielo e
mare. Un bagaglio di saggezza che gli fa
dire «eterna» la botte del vinattiere,
così come Ignazio Buttitta, il magico
poeta bagherese da poco scomparso e
vissuto quasi cent'anni, definiva
«eterne» le scope di saggina che
esponeva nella sua merceria di paese, con
l'onesta e sarcastica chiosa «Garanzia:
un anno».
Gustoso,
più che arioso, c'è sembrato lo scherzo
di Gullo sulla pioggia senza pineto e
senza coccole aulenti, che da una
provvida nuvola tascabile bacchetta i
fiori smorenti di sete e di caldo dentro
una grasta negletta di latta. Quest'ultimo
oggetto misterioso è il comune surrogato
del vaso di coccio, già contenitore
industriale di conserva di pomodoro, che
lucido e nudo o dipinto di biacca
abbellisce con altri suoi simili i piani
di casa e i muretti bassi del Sud
mediterraneo nostro e altrui. Dei fiori,
uno scherzo, una grasta e una pioggia che
più guttusiani di così non potrebbero
essere.
Lillo Gullo, «Il
disertore». In «7 Poeti del Premio
Montale. Roma 1999. Antonio Chiaravalloti,
Annalisa Comes, Vittorino Curci, Lillo
Gullo, Paola Matrocola, Stefano Staffieri,
Franco Trinchero». Crocetti Editore,
maggio 2000. Pagine 136, lire 20.000.
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