GRANDE MENTE
I misteri del cervello e della coscienza
Giulio Tononi, neurobiologo trentino,
dialoga con un Nobel. E spiega
di Alessandro
Dell'Aira
QUALCHE ANNO FA,
quando era appena uscito per Einaudi «Darwinismo
neurale» di Gerald M. Edelman, premio Nobel per
la medicina e presidente della Neurosciences
Research Foundation, in una libreria di Trento si
presentò una signora che ne chiese due copie.
«Una per me e una per mio figlio», spiegò. E
quasi a scusarsi con il libraio per quel doppione
un po' fuori dell'ordinario, aggiunse: «Lo trova
strano? Sa, l'introduzione l'ha scritta lui...»
Giulio Tononi allora si trovava molto lontano dai
suoi genitori e da Trento: a San Diego, in
California, presso la scuola di Edelman. Oggi il
suo sogno di firmare un saggio con il maestro si
è avverato. Ha per nome: «Un universo di
coscienza. Come la materia diventa
immaginazione». Lo ha scritto per Einaudi, anche
questa volta. Ne abbiamo estratto una frase, che
c'è sembrata una delle più forti: «Essere è
altro che descrivere». Ne aggiungiamo un'altra,
quella finale, tutt'altro che conclusiva (per
fortuna): «Mentre noi rimaniamo prigionieri
della descrizione, la nostra libertà è nella
grammatica».
«Un universo di coscienza» non è un saggio di
linguistica. E' un saggio di neurobiologia sull'uomo
che pensa ed è cosciente di quello che dice. Ha
una struttura cristallina e uno stile efficace,
tipico delle buone opere divulgative, rivolte a
un pubblico allargato. Negli Stati Uniti è
considerato un libro di base, beninteso tra
quelli scientifici. Se si seguono le istruzioni
degli autori, dargli una scorsa veloce risulta
meno complicato di quanto non ci si potrebbe
attendere. Il segreto sta nel farsi guidare dall'andamento
simmetrico del testo, dai compendi in premessa a
ogni sezione e a ogni capitolo, dalle numerose
illustrazioni che si richiamano anche alle arti
figurative.
La prima immagine, in antiporta, è la Creazione
di Adamo della Cappella Sistina, abbinata a un'incisione
ottocentesca di soggetto anatomico. Riprendendo
un'interpretazione di Meshberger, gli autori
fanno notare come ci sia più di una somiglianza
casuale tra lo sfondo del Padreterno di
Michelangelo e la sezione di un cervello umano.
Dovremmo imparare a leggere con altri occhi, con
altri presupposti, le opere d'arte figurativa, e
in genere tutte le immagini, soprattutto quelle
prodotte dall'uomo prima dell'imporsi delle
fotoriproduzioni meccaniche della materia.
E anche, affermano Edelman e Tononi, dovremmo
guardare ai fenomeni naturali come a possibili
modelli analogici dei meccanismi mentali.
Proviamo ad esempio a considerare la memoria come
la capacità di liquefare e ricongelare
continuamente il vissuto, quasi fosse acqua di
ghiacciaio e non un archivio di messaggi incisi
sulla roccia. Potremo mai spiegarci, in termini
scientifici, come funziona la coscienza? O che
strada percorre il lavoro della mente, dagli
atomi al comportamento? Saprà mai l'uomo, se e
quando inventerà degli artefatti parlanti,
coscienti di ciò che dicono, trovare il modo di
entrare nel meccanismo del loro funzionamento
cerebrale? A parte l'esito di questi tentativi,
se l'uomo aspira ad aggredire il problema e ad
uscirne, non c'è dubbio che dovrà cercare una
nuova chiave d'accesso al suo cervello e alle sue
abilità operazionali. Gli autori propongono
alcuni di questi nuovi approcci e li
concettualizzano. Designano, ad esempio, come
"aggregato funzionale" la capacità di
integrazione dell'attività neurale di aree
cerebrali separate; o come "complessità
neurale" l'unità di misura statistica della
capacità di informazione, e dunque di selezione
tra stati differenti.
Corpo e esperienze.
Il punto è questo: ogni esperienza ha bisogno di
un corpo e di un cervello. Ciascuna di queste
esperienze, che sia una sensazione, una
riflessione o uno stato d'animo, è sempre
diversa dalle altre ed è multidimensionale,
oltre che descrivibile in modi innumerevoli. E in
ogni caso, non sempre è significabile "per
verba", come direbbe Dante. Questa
complessità è da verificare volta per volta
tenendo presente la variabile della
discriminazione modale, corporea.
"Un universo di coscienza", tradotto in
italiano quasi in contemporanea con l'uscita dell'originale
in lingua inglese, è stato accolto
favorevolmente sui maggiori quotidiani italiani.
Lo stesso è avvenuto su scala mondiale con l'edizione
della Basic Books, di New York, dove nel novembre
scorso il libro è stato presentato presso il
nostro Istituto di Cultura, con l'intervento di
Giulio Tononi.
Quanta strada.
Che un anno e mezzo fa, mentre il saggio era in
cantiere, aveva rilasciato all'«Alto Adige»
qualche anticipazione su ciò che stava
preparando. Aveva rivelato di essere da anni alla
ricerca della base neurale della coscienza. Aveva
affermato come «dai geni possono venire molte
caratteristiche, ma non la coscienza».
Quanta strada ha percorso Giulio Tononi in cinque
anni, da quella prefazione all'edizione italiana
di "Darwinismo neurale" del suo maestro.
Ora è professore associato di fisiologia umana
all'Università di Pisa e Senior Fellow di
neurobiologia teorica e sperimentale al
Neurosciences Institute di San Diego, dove i
Nobel sono di casa. Il suo è un percorso marcato
da un'infinita curiosità e da una serie di
opzioni personali accortissime.
Come quella di seguire le tracce di Edelman,
materialmente e intellettualmente, fino ad
affiancarlo, a condividerne la tesi e a proporne
di nuove e altrettanto complesse.
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Gerald M. Edelman, Giulio Tononi,
«Un universo di coscienza.
Come la materia diventa immaginazione».
Einaudi, 302 pagine,
lire 38.000. |
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