CULTURA |
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sabato 3 marzo 2001, S. Cunegonda |
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IL LIBRO
Màlinka, psicoterapeuta
trentino
in viaggio tra la vita e l'inconscio
di Alessandro Dell'Aira
UNA DENTISTA, Màlinka, va da uno psicanalista,
il dottor Salvacuori. Ha problemi con il cibo,
non riesce a ingoiare niente di solido. L'analisi
la porta a riflettere sui morsi di un neonato che
assaggia il seno della mamma, aggressivo nel
senso latino di chi si avvicina a qualcuno o a
qualcosa, per saggiarlo. Màlinka, guidata dal
suo dottore, grazie a lui scopre di essere la
figlia di due avverbi: suo padre ha quasi
settant'anni, sua madre è morta che ne aveva solo
cinquanta. Chi imbastisce la storia non è
Salvacuori. È' il suo analista supervisore, che
ha l'età del padre di Màlinka ed è invecchiato
bene, senza né lividi né graffi, forse con
qualche cicatrice nell'anima, residuo di un'antica
ferita. Fabrizio Rizzi, trentino doc, nove lustri
suonati, specializzato in psicologia immaginativa,
psicoterapia, ha costruito con mano volutamente
leggera, in un sapiente e filtrato gioco di
specchi, la vicenda di Màlinka. Il titolo del
libro, «Diario di bordo», allude a una
difficile rotta terapeutica, percorsa doppiando
le isole epiche dei sogni e affrontando le
tempeste dell'inconscio. Questa croata pallida,
cliente/paziente del dottor Salvacuori, è una
sorta di crocierista in ferie che s'invaghisce di
un secondo ufficiale dalla cresta di gallo? Una
quasi ex bambina perdutamente innamorata del
padre, o solo una gallina senza cervello?
Màlinka parla e racconta. Oltre che con
Salvacuori, si confida con un'amica cliente,
anche lei terapeuta. Delle persone come Màlinka,
che parlano per raccontare, si dice che parlano
come tiradenti. Ci sono tanti luoghi comuni sui
dentisti e gli psicanalisti. Per esempio, si dice
che siano tutti dei tiradenti e degli
strizzacervelli a pagamento. Niente di più falso,
nel nostro caso. I due si attraggono. Come spesso
succede, Màlinka decide di interrompere le
sedute. Ha paura di molte cose che porta dentro.
Ma lo strizzacervelli, al contrario del tiradenti,
non cura a tempo determinato. Al cliente dà
tutto il tempo che vuole, per potergli aprire l'anima.
Così Màlinka trasforma il lontano in vicino, il
passato in presente e si rivede a Trieste, dove
lei e la mamma accompagnavano il papà che
partiva, finché una nave del porto si mangiava
il papà. La mamma portava la figlia a vedere le
partenze del papà, gli arrivi mai. Quando lui
tornava a casa, per Màlinka non c'era mai tempo:
la mamma si mangiava il papà come la balena di
Pinocchio. È una pagina del «Diario di bordo»,
chiosato dal supervisore innominato. Nata quasi
per distrazione, sull'onda di un'idea rimandata a
lungo, solo per caso è uscita da un cassetto
dello psicoterapeuta trentino ed è finita sul
tavolo di un grande editore torinese, Bollati
Boringhieri. Un po' come i messaggi in bottiglia
affidati al mare dai finti naufraghi della
domenica, in crociera perenne, o come certi
bigliettini infilati sotto il cellophane dei
fichi secchi made in Turkey, dalle giovani
operaie per un ignoto principe azzurro. Con la
forza dei messaggi d'altri tempi.
«Diario di bordo» di Fabrizio Rizzi è un
messaggio di incerto destino: analogico, forte,
con tanta distanza e nessuna relazione tra l'emittente
e il ricevente.
Fabrizio Rizzi, Diario
di bordo. Storia di Màlinka e del suo dottore.
Bollati Boringhieri, 2000. 144 pagine, lire 30.000.
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