DIBATTITO STORICO
Bella l'Italia
risorgimentale
con ideali e limiti compresi
di Alessandro Dell'Aira
LE RAPPRESENTAZIONI RETORICHE DEL RISORGIMENTO,
ottant'anni fa, passavano attraverso la
banalizzazione delle figure fisiche di Garibaldi,
Mazzini, Cavour. Un classico dell'esercitazione
liceale dei figli della lupa era il parallelo tra
le camicie rosse e quelle nere, evoluzione
didattica dei cartelloni che la maestra preparava
per i più piccoli: Peppe Nero (Mazzini),
tempestato dai dubbi, e Peppe Rosso (Garibaldi),
con la spada in pugno. Vittorio Emanuele II era
il signor Savoia, cacciatore di ogni tipo di
preda.
Favole risorgimentali illustrate, sulle giornate
e le tappe del conclamato riscatto d'Italia. Uno
stato-stivale messo insieme un pezzo alla volta,
fatto fin troppo in fretta per durare nei secoli
e a rischio di disfarsi altrettanto presto, come
un savoiardo inzuppato nel marsala. Fragile sì,
lo stivale, ma non da svendere. L'ultimo a
protestare, dodici anni fa, nel dedicare uno
studio agli «uomini che fecero l'Italia», è
stato il senatore a vita Giovanni Spadolini,
tardorisorgimentale e risorgimentista, eroico a
suo modo sulle rovine fumanti delle ideologie in
estinzione. Lo ha ricordato venerdì pomeriggio,
in una saletta gremita dell'Istituto Trentino di
Cultura (lo stesso pubblico di una sala grande
semivuota) Christof Dipper, storico dell'università
di Darmstadt.
L'intervento di Dipper, introdotto da Giorgio
Cracco, direttore dell'Istituto trentino di Studi
Italo-Germanici, ha riassunto il senso e le tesi
di alcuni libri presentati nel corso del
seminario di studio «Nuove interpretazioni del
Risorgimento», organizzato nell'ambito delle
molte e interessanti iniziative che l'Istituto ha
in programma per il 2001. Su quattro libri, tre
erano per addetti ai lavori e uno accessibile al
pubblico generico, dal titolo volutamente ambiguo:
«Am Rande der Revolution», ai margini del
Quarantotto, la tempesta d'Europa che in Italia
si ammanta di risorgimento. Il libro è di Hans
Heiss, vicedirettore dell'Archivio Provinciale di
Bolzano - che ne ha parlato con distaccata
eleganza e senso dell'ironia, due cose che non
guastano mai, soprattutto in uno storico -, e di
Thomas Goetz, dottorando a Regensburg. Goetz,
autore unico di uno degli altri tre saggi, ancora
in bozze, ha studiato il liberalismo nel Tirolo
tra Stato, regione e nazione, dal 1840 al 1873.
Il quarto libro consisteva negli atti ponderosi
del convegno di Innsbruck, del 1999, su Austria
italiana e Italia austriaca: trentaquattro saggi
brevi sulla reciproca conoscenza e avvicinamento
di culture e persone in una vasta area, dalla
Toscana al Lombardo-Veneto, al Tirolo e a Trieste,
dalla fine del Settecento agli inizi del
Novecento. Un convegno, quello di Innsbruck, come
è stato osservato durante il dibattito, dedicato
al risorgimento solo di passaggio. Ma il vero
tema del seminario di venerdì non era la storia
del risorgimento, bensí la sua reinterpretazione
aggiornata.
CHE SI È DETTO di vecchio, e cosa di nuovo, a
proposito di risorgimento? Spigolando tra le
frasi di Dipper, le nozioni da ricordare sono due:
la prima è che non va trascurata la storia degli
stati restaurati dopo il Quarantotto, soprattutto
di quelli governati dagli Asburgo, come terreno
di coltura del risorgimento e dei suoi
protagonisti. La seconda è l'enorme potenziale
etico ed emotivo del mito risorgimentale, inteso
come innamoramento degli ideali, e più spesso di
immagini e messaggi utilizzati e combinati in
mille modi per costruire culturalmente il mito di
una patria bella, da riguadagnare e da non
perdere mai. E qui Dipper ha introdotto Thomas
Kroll, autore di uno dei libri in passerella,
dedicato alla rivolta del patriziato toscano
contro i granduchi Pietro Leopoldo e Leopoldo II,
nell'arco di quasi mezzo secolo, dal Congresso di
Vienna alla spedizione dei Mille. L'aspirazione
dei liberali toscani alla libertà di stampa e di
associazione, a un parlamento e a una
costituzione, non furono dunque che moderate
reazioni gattopardesche, piccole-grandi manovre
di recupero dei privilegi perduti. Ottima tesi,
che però induce a una riflessione: che questa
reinterpretazione del risorgimento fosse già
contenuta nell'opera di Tomasi di Lampedusa, e di
Gramsci, e di Dennis Mack Smith. Poco male. Ben
venga la ricerca d'archivio, se le reti di
relazioni, di associazioni, di mentalità, di
fatti e di immagini consentono di arricchire il
quadro conoscitivo e interpretativo che si ricava
da ogni critica storiografica, per i libri di
storia che verranno.
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L'Italia
tra Garibaldi e il Re
in un disegno d'epoca |
Il conte di Cavour in un
disegno della stessa mano, che con il
precedente fa parte di una serie di
diciassette quadri didattici per i
bambini delle elementari, databili
intorno al 1925. |
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