Il
Dalai Lama a Trento
Lo
scienziato
dello spirito
La lezione
di libertà
del leader tibetano
di Alessandro Dell'Aira
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TRENTO. Siamo tutti uguali nei desideri.
Il quattordicesimo Dalai Lama, Sua
Santità Tenzin Ghiatso, nel parlare alla
gente che incontra ogni giorno, spesso
parte da questo valore fondamentale del
buddhismo tibetano. L'uguaglianza nei
desideri è il fondamento dell'etica di
Sua Santità. Dice un antico proverbio
del Tibet: «Chiediti sempre se sia più
vicina la prossima vita, o la vita di
domani». Perché speri di diventare
migliore in un futuro che è di là da
venire, sfuggendo alla ruota del kharma,
se non hai ancora appreso a dominarti nel
presente? Questa visione spirituale del
quotidiano, sia detto di passaggio, è
l'esatto contrario della concezione
tragica che vede il presente come un
confine labile che avvicina l'uomo alla
fine, e nello stesso tempo lo lega alla
vita.
Il buddhismo in genere non ha una visione
tragica della vita e dell'esistenza. Il
buddhismo del Dalai Lama ha una
particolare tendenza al razionalismo
nella spiritualità. Per così dire, ne
ha un'idea quasi scientifica, che non
rinuncia alla passionalità. D'altra
parte, in questo esordio di millennio in
cui si moltiplicano i segnali di
spiritualità, scienza e religione sono
più vicine di prima. Se poi vogliamo
affidarci ai parametri del mercantilismo
e della globalità, diremo che nel mondo
si è moltiplicata la domanda di punti
fermi abbordabili anche con la ragione.
Domanda di spiritualità. C'è dunque un
mercato anche per questo? Sono gli
stimoli al consumo indiscriminato di beni
e di valori ad assetarci anche di
spiritualità, o piuttosto è il
desiderio di entrare in contatto diretto
con una certezza, con una Legge, nel buio
fitto che pervade gli uomini e le
società di oggi? Quale futuro ha il
mondo, diverso e migliore dal presente,
se gli uomini che hanno desideri
superficiali di ogni tipo non accettano
di considerarsi uguali a tutti gli altri
uomini nei buoni desideri elementari? Che
desiderio ci accomuna, che desiderio ci
troviamo a coltivare ogni giorno, con
quale desiderio minimo ci svegliamo ogni
mattina, se anche nei sogni siamo invasi
dall'insoddisfazione per la vita che ci
tocca di vivere?
Il bene e la felicità, come desideri
elementari, richiedono anzitutto una
precisa risposta interiore a una domanda
costantemente rivolta a se stessi. Cos'è
il bene, cos'è la felicità? Il
cambiamento delle nostre condizioni di
vita, o il cambiamento della nostra
disposizione mentale verso il bene, verso
la felicità? Non ci sono fattori esterni
che possano darci la risposta. La
situazione esterna non sempre si può
mutare, mentre l'atteggiamento mentale si
può mutare, sempre. Al di là del
mercato dei sentimenti, al di là della
scienza e della tecnica orientate
all'immediato e alla soddisfazione dei
desideri superficiali, la disposizione
alla benevolenza non passa attraverso il
mercato o la comunicazione facile, ma
attraverso uno sforzo razionale, che
implica sempre una carica passionale di
partenza, da affinare nel tempo: il
desiderio del bene e della felicità.
Siamo uguali nei desideri profondi, e ci
sentiamo diversi nei nostri desideri
superficiali. Questo primo passo compiuto
verso la conoscenza di sé è un atto
importante di spiritualità e di
conoscenza del mondo, che non si
identifica con una religione in
particolare. La spiritualità, che
analizza le qualità dello spirito, non
va del resto identificata con la
religione. O meglio, la religione è una
via che conduce alla spiritualità, che a
sua volta è la dimensione necessaria
alla mente per avere conoscenza di sé e
delle qualità dello spirito.
E' questa una delle riflessioni di
partenza che il Dalai Lama in esilio
ripetutamente propone al mondo
occidentale. C'è chi teme di essere
distrutto in ciò che è, c'è chi teme
di essere distrutto in ciò che ha, c'è
chi teme di essere distrutto in ciò che
progetta. Mentre per chi non ha nulla, o
quasi nulla, il potere distruttivo degli
uomini ignoranti si dimostra impotente.
Gli oceani sono fatti di gocce, e le
gocce nel tempo cavano le pietre. La
mente si libera dei sedimenti, trasforma
se stessa, poi agisce sul corpo e lo
libera, indicandogli la via. Per far
questo occorre tempo e capacità di
dominare il tempo attraverso la
spiritualità. Finché la meditazione non
produrrà la coscienza. Finché non ci si
renderà conto dell'impermanenza degli
oggetti del mondo, in modo deciso e
irreversibile.
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