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mercoledì 27 giugno 2001  
 


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Il Dalai Lama a Trento

Lo scienziato
dello spirito


La lezione di libertà
del leader tibetano








di Alessandro Dell'Aira

 



TRENTO. Siamo tutti uguali nei desideri. Il quattordicesimo Dalai Lama, Sua Santità Tenzin Ghiatso, nel parlare alla gente che incontra ogni giorno, spesso parte da questo valore fondamentale del buddhismo tibetano. L'uguaglianza nei desideri è il fondamento dell'etica di Sua Santità. Dice un antico proverbio del Tibet: «Chiediti sempre se sia più vicina la prossima vita, o la vita di domani». Perché speri di diventare migliore in un futuro che è di là da venire, sfuggendo alla ruota del kharma, se non hai ancora appreso a dominarti nel presente? Questa visione spirituale del quotidiano, sia detto di passaggio, è l'esatto contrario della concezione tragica che vede il presente come un confine labile che avvicina l'uomo alla fine, e nello stesso tempo lo lega alla vita.
Il buddhismo in genere non ha una visione tragica della vita e dell'esistenza. Il buddhismo del Dalai Lama ha una particolare tendenza al razionalismo nella spiritualità. Per così dire, ne ha un'idea quasi scientifica, che non rinuncia alla passionalità. D'altra parte, in questo esordio di millennio in cui si moltiplicano i segnali di spiritualità, scienza e religione sono più vicine di prima. Se poi vogliamo affidarci ai parametri del mercantilismo e della globalità, diremo che nel mondo si è moltiplicata la domanda di punti fermi abbordabili anche con la ragione.
Domanda di spiritualità. C'è dunque un mercato anche per questo? Sono gli stimoli al consumo indiscriminato di beni e di valori ad assetarci anche di spiritualità, o piuttosto è il desiderio di entrare in contatto diretto con una certezza, con una Legge, nel buio fitto che pervade gli uomini e le società di oggi? Quale futuro ha il mondo, diverso e migliore dal presente, se gli uomini che hanno desideri superficiali di ogni tipo non accettano di considerarsi uguali a tutti gli altri uomini nei buoni desideri elementari? Che desiderio ci accomuna, che desiderio ci troviamo a coltivare ogni giorno, con quale desiderio minimo ci svegliamo ogni mattina, se anche nei sogni siamo invasi dall'insoddisfazione per la vita che ci tocca di vivere?
Il bene e la felicità, come desideri elementari, richiedono anzitutto una precisa risposta interiore a una domanda costantemente rivolta a se stessi. Cos'è il bene, cos'è la felicità? Il cambiamento delle nostre condizioni di vita, o il cambiamento della nostra disposizione mentale verso il bene, verso la felicità? Non ci sono fattori esterni che possano darci la risposta. La situazione esterna non sempre si può mutare, mentre l'atteggiamento mentale si può mutare, sempre. Al di là del mercato dei sentimenti, al di là della scienza e della tecnica orientate all'immediato e alla soddisfazione dei desideri superficiali, la disposizione alla benevolenza non passa attraverso il mercato o la comunicazione facile, ma attraverso uno sforzo razionale, che implica sempre una carica passionale di partenza, da affinare nel tempo: il desiderio del bene e della felicità.
Siamo uguali nei desideri profondi, e ci sentiamo diversi nei nostri desideri superficiali. Questo primo passo compiuto verso la conoscenza di sé è un atto importante di spiritualità e di conoscenza del mondo, che non si identifica con una religione in particolare. La spiritualità, che analizza le qualità dello spirito, non va del resto identificata con la religione. O meglio, la religione è una via che conduce alla spiritualità, che a sua volta è la dimensione necessaria alla mente per avere conoscenza di sé e delle qualità dello spirito.
E' questa una delle riflessioni di partenza che il Dalai Lama in esilio ripetutamente propone al mondo occidentale. C'è chi teme di essere distrutto in ciò che è, c'è chi teme di essere distrutto in ciò che ha, c'è chi teme di essere distrutto in ciò che progetta. Mentre per chi non ha nulla, o quasi nulla, il potere distruttivo degli uomini ignoranti si dimostra impotente. Gli oceani sono fatti di gocce, e le gocce nel tempo cavano le pietre. La mente si libera dei sedimenti, trasforma se stessa, poi agisce sul corpo e lo libera, indicandogli la via. Per far questo occorre tempo e capacità di dominare il tempo attraverso la spiritualità. Finché la meditazione non produrrà la coscienza. Finché non ci si renderà conto dell'impermanenza degli oggetti del mondo, in modo deciso e irreversibile.


 




 
 
   
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