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Un
convegno sul Müller a Cembra
per parlare di sviluppo
compatibile
Identità. Intesa tra modernità
e tradizione
La verità
sta nel vino
di Alessandro Dell'Aira
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"Inventati un buon vino e fa' che
gli altri lo bevano". C'è chi pensa
che si possa inventare un buon vino, in
tempi di semi fabbricati per germinare
solo una stagione. E invece il vino è la
verità. La qualità del vino è nella
terra. L'altro giorno, a Cembra Attilio
Scienza ha insistito sullo studio del
genius loci, parlando di paesaggio
viticolo in occasione dell'incontro
tecnico www.valledicembra.doc, che non è
un sito Internet ma un modo pittoresco
per ricordare che esiste una doc
(culturale) dell'ambiente e non solo una
doc (tecnica) del prodotto. Un
appuntamento su identità territoriali,
sottozone, strategie promozionali per
l'economia locale, nell'ambito della
Mostra dei Müller Thurgau dell'Arco
Alpino.
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L'intervento di Scienza è stato
preceduto dall'introduzione di Bruno
Pilzer, presidente del comitato di
Cembra, che ha richiamato brevemente i
contenuti e gli obiettivi del progetto
territoriale; e dall'intervento di
Riccardo Pastore, dell'Agriprojects di
Varese, che ha tracciato una mappa per la
valorizzazione e gli strumenti di
promozione del territorio, facendo leva
sulla cultura dell'accoglienza, sulla
possibile e auspicabile sinergia tra
risorse di segno e peso diverso (come il
vino e il porfido), sull'apertura al
pubblico delle cantine, sull'effetto
positivo della buona impressione lasciata
sugli ospiti e i visitatori. Strade del
vino sì, ma che non siano bretelle
impermeabili alla cultura del territorio
globalmente inteso. Ha preso quindi la
parola Scienza, che oltre a essere
ordinario di viti-vinicoltura
all'Università di Milano, è anche un
esperto e raffinato viticoltore: la sua
azienda è integrata nel paesaggio di
Bolgheri, il mitico luogo dei cipressi
carducciani. Scienza è partito dal
termine zonazione, che è lo studio dei
terreni allo scopo di valorizzarne la
destinazione agricola. E' passato
attraverso l'idea classica di genius
loci, come identità inconfondibile di un
paesaggio più o meno modificato
dall'uomo, per approdare al concetto di
Stimmung, e cioè di atmosfera del luogo.
Anche la vite, come alimento del
"genius" delle valli trentine,
ha le sue particolari atmosfere che
vivono nelle stagioni, nell'alternanza
delle generazioni che hanno
interiorizzato il paesaggio e sono
intervenute sapientemente sui luoghi,
facendone degli spazi vissuti, con
interventi congrui, riconoscibili,
inconfondibili. Guai però se, per
conservare l'atmosfera, ci limitiamo a
perpetuare ciò che non è più utile,
trasformando il paesaggio in un museo:
ciò che diviene inutile, ha detto
Scienza, acquista progressivamente la
qualifica di bello, e la bellezza è
sempre intrisa di nostalgia. L'atmosfera
di un territorio, in pianura, in pendio,
in collina, è invece fondamentale: se
intendiamo impiantare un vigneto, o
migliorarne uno più o meno annoso senza
snaturarlo, non dovremmo dimenticare gli
elementi caratteristici, come un muretto,
un deposito per gli attrezzi, i dettagli
di spazio vissuto. Gli elementi più
forti di un paesaggio - un'antica
costruzione, un albero secolare -possono
diventare i numi tutelari di un nuovo
impianto di viti. Forse è poco
efficiente, ma non possiamo sempre
barattare l'efficienza con la monotonia.
Uno spazio fa presto a diventare
monotono, non localizzabile,
irriconoscibile. Il Trentino ha la sua
specificità viti-vinicola, comunque
diversa da quella delle Langhe o della
Sicilia. Questa sua specificità è in
evoluzione, è un processo da conoscere e
tenere sotto controllo (quattro secoli
fa, ha ricordato Scienza citando il
Mariani, c'erano luoghi del Trentino in
cui la vendemmia iniziava a fine luglio).
Abbiamo chiesto a Scienza se la
conservazione del territorio è sempre
museografia. In altre parole: siamo
conservatori scriteriati, se difendiamo
un vigneto dal cemento, e in genere da
una tecnica o da uno sviluppo che non
sono fatti per quel territorio e lo
mettono a rischio? Ci ha risposto
anzitutto con un rinvio a Psiche e Techne
di Umberto Galimberti, e poi con una
riflessione: la tecnica evolve e non
possiamo ignorarla, da strumento nelle
nostre mani ha finito per condizionare
l'ambiente in cui gli uomini vivono, e da
cui ora dipendono più che mai. Ciò
però non significa che non dobbiamo
difenderci dalla tecnica aggressiva, se
possiamo. Questa capacità di difendersi
costa. Non si tratta di un sacrificio
sull'ara del genius loci. Si tratta di
una strategia di sviluppo, di un
investimento sicuro per le nuove
generazioni, che a una terra ricca come
il Trentino, ricadute a parte, risulta
certamente più agevole.
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