SVETLANA È FIGLIA DI ZARKO BROZ,
primogenito di Josip. Bosniaca come il
maresciallo Tito, suo nonno. Statuaria,
gli stessi occhi tristi, la voce ferma e
un sorriso che disarma. Nata a Belgrado,
vissuta a Belgrado, ora sta a Sarajevo ed
è presidente della prima ambasciata dei
bambini nel mondo, una ong fondata nel
1991, nata apposta per salvare i bambini
da una sporca guerra appena cominciata: a
conti fatti ne ha fatti evacuare
trentottomila da Sarajevo, dodicimila da
Mostar.
Svetlana ha battuto la Bosnia da
cardiologa. Da un ambulatorio all'altro,
da un ospedale all'altro. Per incontrare
chi ne aveva bisogno, per visitare i
cuori e ascoltare le voci di tanti uomini
e tante donne. Per stamparsi nella
memoria quelle voci. Ma una mattina
qualcosa scatta. Svetlana si sveglia e
decide che quelle storie di giusti vanno
raccontate. Dire giusti è molto di più
che dire buoni, in ogni tempo. Possibile
che quegli uomini, quelle donne abbiano
sofferto tanto? Possibile. Ma esistono
davvero, storie simili? Certo che
esistono. Esistono (è il titolo del
secondo libro di Svetlana, non ancora
pronto: il primo, "Uomini giusti in
tempi malvagi" lo iniziò nel 1993,
con un registratore e una penna).
Quattro anni a mettere insieme le storie.
Trenta di serbi, trenta di croati, trenta
di bosniaci. Un catalogo simbolico,
simmetrico, medievale. Novanta storie di
uomini e donne, finché a Belgrado nel
1997 qualcuno non le forza la porta di
casa e le ruba il catalogo: bobine,
registratore, appunti. Qualcuno
certamente mandato da chi non voleva che
quelle storie si risapessero.
Svetlana ricomincia. Ventiquattro mesi ed
è tutto sulla carta, di nuovo. Due
cataloghi in uno, questa volta coi nomi
dei malvagi che mancavano. Molti giusti,
che hanno vinto la paura, ora vogliono
che il loro nome compaia. Svetlana
racconta e risponde. Cosa penso delle ong
e dei politici? Vi dico come la pensa un
mio amico medico: vedi, Svetlana, le ong
sono fatte di uomini e donne irrazionali
che prendono di petto i muri e fanno
qualche breccia. Poi arrivano i politici,
razionali, e passano per una breccia, poi
per un'altra. Senza mai prendere i muri
di petto.
Svetlana ha deciso di fare della ex
Jugoslavia il paese dei giusti. Il suo
credo: gli individui possono essere buoni
o cattivi, come vogliono e quando
vogliono. I malvagi lo sanno e a volte
fanno finta di combattersi tra di loro.
Perché? Semplice. Perché vinca il più
malvagio, ma anche per dividere i giusti,
che potrebbero trovare qualcosa in comune
nei loro destini, e allearsi contro i
malvagi. E' la storia dei paesi e dei
villaggi della ex Jugoslavia, dove in
questi dieci anni si è sempre trovato
qualcuno venuto da fuori che prima
appiccava il fuoco, poi fomentava l'odio
che aveva innescato, poi istigava alla
vendetta. Questa, secondo Svetlana, è la
storia di dieci anni di guerra, anzi di
tre guerre: quella di Croazia, quella di
Bosnia, quella del Kosovo, sempre che la
Macedonia si tiri fuori. Possibile?
Possibile. Durante la guerra,
naturalmente, i ragazzi e le ragazze non
hanno smesso di innamorarsi e di
sposarsi. Fra tutte le coppie, quasi una
su tre è interetnica, come in tempo di
pace. Dieci anni di progetti politici,
distruttivi della pace e della memoria.
Soprattutto sui nervi e sulla pelle dei
bambini, anche di quelli evacuati. Alcuni
di loro, portati via in fasce, ora hanno
dieci, undici anni. Molti sono orfani.
Quelli che sono tornati a casa hanno
paura di tutto: di pestare l'osso di un
morto, di restare sotto una casa
pericolante, di saltare su una mina, di
essere morsi da un serpente. L'incubo
meno realistico è il serpente. Lo
scheletro umano ha centosei ossa, per
ventottomila morti insepolti fa qualcosa
come tre milioni di ossa alla portata
della suola di un bambino. Le mine
sepolte, che non si sa quante sono, fanno
più paura delle ossa dei morti. Se vuoi
sapere cos'è la guerra, e cosa rimane
dopo la guerra, chieditelo con il cuore e
con la paura dei bambini.
Queste cose, e molte di più, ha
raccontato a Trento Svetlana Broz,
autrice di "Uomini giusti in tempi
malvagi". E' stata invitata dal
Forum trentino per la pace, poi alla
Regione. Sono passati dieci anni
dall'inizio della guerra nella ex
Jugoslavia. Il suo cruccio è che nelle
librerie di Belgrado sia quasi
impossibile trovare una carta d'Europa.
E' una notizia fresca, di appena una
settimana fa. Possibile? Sì, dice
Svetlana, una carta d'Europa. Una di
quelle che dieci anni fa si trovavano in
autostrada, da Zagabria a Skopje, in
tutte le stazioni di servizio.
Per chi volesse aiutare l'associazione
"Il giardino dei giusti":
INTESABCI Rete Comit, Filiale di Verona,
cap 37121, piazzetta Scala 1, CAB 11700,
ABI 2002, CCB 7319749/01/85, conto
intestato a Scardeoni/Cioffi.
|
|