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In alto: la caricatura di
Napoleone, mostro che divora
tutto
Sotto: una maschera del Carnevale
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Napoleone
un fantasma s'aggira
per l'Elba
Tracce.
Mito alimentato da centinaia di foulard
che riportano le imprese
di Alessandro
Dell'Aira
Elba. Un gran pavese di foulards inglesi,
tedeschi, russi, e i mille feticci del
comandante Gabriele D'Annunzio, che dai
tempi del collegio Cicognini accumulava
cimeli imperiali, finiti poi a Salò. Il
soggetto è uno solo: lui,
"N.", lo sconfitto e il
trionfatore, nella polvere e sugli
allori, nemico dei gigli e amico delle
api. Il mostro sanguinario, ridottosi a
governare un fazzoletto di terra
assediata dal mare. Queste due mostre
estive su Bonaparte convogliano i turisti
come mosche sulla mostarda, al fresco,
nella penombra delle due residenze. Il
mito di N. nei foulards occupa parte dei
due piani della costruzione al centro
della selletta tra i due forti medicei di
Portoferraio, con il belvedere che guarda
a Piombino. E' la sobria Palazzina dei
Mulini. La seconda esposizione è quasi
dispersa negli spazi un po' lugubri della
galleria neoclassica di Anatolio
Demidoff, marito di una cugina di N., che
fa da podio postumo alla casa di San
Martino. Quest'ultima è una specie di
farfalla di intonaco e tegole posata su
un'altura lungo la via di Marciana. Un
regalo di Paolina all'augusto fratello.
Uscendo sul terrazzo, finalmente,
scompare alla vista la galleria di
Anatolio (principesca pacchianata, un
pezzo della peggiore Parigi neoclassica
trapiantato all'Elba) e all'orizzonte si
distingue un'idea di Portoferraio e della
Palazzina che fu di N. All'erta, sempre.
I suoi pensieri? Un ronzio
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Ha scritto Ernesto Ferrero nel suo
romanzo "N.", Premio Strega
2000, che a volte il ronzio del pensiero
di Sua Maestà si avvertiva
distintamente. A udirlo in azione come
un'arnia, e a lasciarne traccia nel suo
diario, è il fantomatico Martino
Acquabona, infido bibliotecario, che nel
romanzo di Ferrero prende in consegna i
libri di Bonaparte, appena giunti da
Fontainebleu, e si insedia ai Mulini per
mettere ordine dove non dovrebbe.
I foulards provengono da musei francesi e
da importanti collezioni private, come
quella di Madame Jean Lesaffre. Sono
fazzoletti da collo, di seta o di cotone,
prodotti tra il 1813 e il 1988. Dunque il
più antico fu stampato prima che N.
mettesse piede qui, e ora è esposto qui,
ai Mulini, in questa che fu casa sua. La
ritirata della Grande Armata, la partita
alle carte in un'isba qualsiasi, la
traversata della Beresina. Tanti nemici,
molti punti di vista: sarcastici gli
inglesi, spietati i tedeschi, distaccati
i russi. Nel frattempo N., in esilio,
serafico, partecipa alla mattanza dei
migliori tonni del Tirreno, amministra
l'isola come il viceré di se stesso,
porta sempre in tasca un marengo da
elargire a chi riesce a resistergli, o si
degna di sopportarlo.
Come quel contadino al quale un giorno N.
strappò di mano l'aratro, non sapendo
che fare di meglio. Il risultato sta in
una lapide murata su una casa di Lacona:
"Napoleone il grande, quivi passato
nel 1814, tolto nel campo adiacente
l'aratro a un contadino, provossi egli
stesso ad arare, ma i bovi, ribelli a
quelle mani che pur seppero infrenare
l'Europa, precipitosamente fuggirono nel
bosco".
Ma il Vittorio Grabaglia di Rio Marina,
compagno di studi di D'Annunzio al
Cicognini di Prato, era poi così certo
che quella tabacchiera di noce di cocco
intarsiata, acquistata per conto di
Gabriele, fosse appartenuta a N.?
Chissà. Il Vate del Vittoriale non ne
dubitò mai, né c'è chi l'abbia negato,
o potrà più negarlo, dato il mortal
sospiro a Sant'Elena. D'altra parte, la
storia del famoso coltello di N., di cui
una volta si rifece il manico, perché
marcio, un'altra volta la lama, perché
sbeccata, sembra quella del mobilio delle
due residenze elbane: tutto rigorosamente
d'epoca, in tema, e di altra provenienza,
salvo eccezioni.
Non importa. E' la storia di quasi tutte
le case museo degli artisti o dei grandi
personaggi in trasferta che hanno dormito
da qualche parte.
Ideò la bandiera dell'isola
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Ciò che conta è l'atmosfera. La sedia
rocciosa di N. che contempla la Corsica,
la fonte diuretica di N., con la stessa
acqua, pensate, che vi servono in
pizzeria, lo scoglio di Paolina senza
veli, i busti kitsch di suo fratello col
bicorno, la bandiera dell'Elba ideata da
N. (bianca, con una banda rossa
trasversale e tre api d'oro nella banda),
le feste di carnevale con i bambini
travestiti da N., piccoli come sono e
mirabilmente ritratti da Kurt Mergenthal,
un bavarese innamorato dell'Elba, che da
trent'anni, con la moglie Elga e il
figlio Stefan, non fa che dipingere e
fotografare l'isola, la sua gente e le
sue miniere. Kurt ha messo radici a
Capoliveri, la cittadina ribelle che non
volle pagare le tasse a Bonaparte, gli
dichiarò guerra e rischiò grosso
finché non lo ammansì, così dice la
leggenda, con le grazie della più bella,
Avantina. E Waterloo? Lontana cento
giorni, più quello che resta ancora da
bighellonare tra i Mulini e S. Martino.
Quella di Nelson, sarà vera gloria? Chi
vivrà, vedrà.
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