Pensieri in libertà
e Sms
Quando il
figlio è in vacanza
Cronaca semiseria di un genitore
a.d.
"CIAO! Se il messaggio ti arriva,
rispondi". Chi deve rispondere è
nostro figlio, anni quattordici, da dieci
giorni a Swanage, praticamente Brighton,
you know, e ci sembrano dieci anni. Tre
settimane in collegio, in agosto, per il
suo inglese. Ha voluto il cellulare della
mamma, in mancanza di un cordless
ombelicale portatile. Siamo in ansia, gli
stiamo dietro senza dare nell'occhio. Per
fortuna possiamo tampinarlo anche da qui,
e mandargli i messaggini. Basta farlo. Ma
per farlo ci devi riuscire. Messaggio
inviato. Fatto. Un po' dura, ma fatto.
Tut. Tempestivo, soft come un coccodé.
Ha risposto! Un messaggio fresco nel mio
cellulare parcheggiato sulla credenza,
dove il nonno teneva la tabacchiera. La
mamma, che prende il sole sul poggiolo,
dà l'allarme in tempo reale. "E'
lui!". Cuore e orecchie di mamma.
Corro. E' lui. Leggo. Risposta, anzi
domanda: "Chi sei?". Come, chi
sono? Chi vuoi che sia? Furbacchione, chi
speravi che fosse? Replico al volo, una
risposta equivoca e sei domande sceme.
"Papà, purtroppo. Come va? Come
stai? Mangi? Dormi? Studi? Ti fai
capire?" Messaggio inviato. Torno in
poltrona, la mia, quella imbottita, a
dondolo e con il poggiapiedi, dove si
siede sempre lui, ma lui è a Swanage e
ne approfitto per leggere il giornale in
pace.
Tut. Questa volta è un po' meno soft. I
cellulari hanno un'anima. Mi alzo e torno
verso la credenza. Che idiota, mi dico,
se sto in poltrona perché lascio il
mobile su un mobile, non ha senso. Leggo.
"Purtroppo? Da quando in qua mandi
messaggini? Stai scroccando assistenza?
Sei il papa o il papa'? Non ho
capito".
Che sfacciato. Ma quando ha imparato? Che
botta. In dieci giorni è cambiato da
così a così, figuriamoci come ci torna
indietro da Swanage. Ha scritto pure la a
con l'accento. A me quell'apice dopo
papa, per dirgli che ero io e non si
montasse la testa, mi è costato una
serie di pigiate alla cieca sui tasti.
Rispondo."Papaaaa', pace e
bene" e torno in poltrona. Il
signore è servito. Il cellulare è con
me, sul pavimento, ai piedi della
poltrona, come un cocker. Mi appisolo.
Tut. Allungo una mano verso il telefonino
che scodinzola. Leggo: "Dio, patria
e famiglia". Tutto maiuscolo. Questo
è troppo. "Chi è?" si informa
la mamma. Non le dico niente, altrimenti
mi sviene sotto il sole. Non le starebbe
male, ma forse non le farebbe un gran
bene. "Rispondi, sei sordo?"
"Non sono sordo, dammi il tempo.
Niente, è un avviso automatico per me,
che mi avvisa che qualcuno ha chiamato,
ma non era lui, quando mi arriva il suo
messaggio ti avviso". Società degli
avvisi e dei messaggi. Il primo messaggio
a Swanage l'avevo spedito a mano, a
memoria, voglio dire a memoria mia, nel
cellulare c'era ancora lo zero
memorizzato. Tolgo lo zero dalla memoria
tut, sono in ritardo sull'abolizione
dello zero, per riguardo agli arabi che
hanno fatto fatica a inventarlo. Non era
un numero operativo. Dopo vent'anni non
ci si scambia messaggini, né avvisi, né
tut, né coccodé. Buongiorno, buon
appetito e buonanotte, quando va bene.
Basta, lo chiamo. Dovunque sia e
qualsiasi cosa stia facendo. Al diavolo
le regole di Swanage e gli orari fissi.
Faccio il numero in automatico. Voce di
donna, educata, un po' nasale, che
farfuglia qualcosa in etrusco. Nebbia.
Poi: "Please try later, thank
you". Fin qui ci arrivo. Avviso la
mamma: "Provo più tardi, non c'è,
ha staccato il telefonino, forse è a
lezione, o sulla scogliera. La prof mi ha
detto di provare più tardi. Vedrai che
più tardi ci chiama lui ". Non
dovevamo mandarlo via, così piccolo, è
vero che è già alto uno e ottanta, ma
che vuol dire, è per quanto mangia, il
suo cervello è ancora...
Driin. Salto sulla poltrona, che dondola.
Questo sì che è un avviso.
Driiiiiiiiin. E' lui, lo sento. Scatto,
rispondo io..."Pronto..."
"Uff. Ciao". "Ciao! Sono
io! Purtroppo! Come stai?"
"Chiama la mamma, dai, non so che
fare con questo gettone, forse
lei..." "Che problemi
hai?" "La lavatrice
automatica..." " C'è una
lavanderia... Lucky you! Home is where
you can find a laundry!"
"Papà, sei scrollo?" "Io?
Tu! Ma che razza di messaggi mi
mandi?""Io? Quali messaggi?
Chiama la mamma".
Chiamo la mamma. Tut, un lampo al
cervello, un messaggio, un avviso mentale
automatico. I messaggini sono come il
ping-pong. Leggo: "Idiota, ma che
numero hai fatto la prima volta?".
Controllo. Wow, avevo sbagliato. Chi ho
beccato? E ora che gli/le rispondo a
questo/a? Tut? Coccodé? "Cara... è
lui, ti vuole". Vuole il cordless
ombelicale. O forse è una scusa perché
gli manchiamo e non vuole dircelo.
Tut, si è capito benissimo.
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