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Ignazio Silone nel 1945 (a destra nella foto tratta dal libro di Biocca e Canali)


Silone, corrono lungo
il Brennero
i dubbi sul doppio gioco
Il ruolo. Con vari pseudonimi lo scrittore informava l'Ovra

di
Alessandro Dell'Aira

Scrive nel 1974 Victor Alba, in una biografia di Andreu Nin: "C'era allora a Madrid un italiano inviato da Mosca per favorire la nascita del Soccorso operaio internazionale, Dino Tranquilli. Arrestato, scrisse dal carcere alcuni articoli per "La Batalla", che firmò con lo pseudonimo di Ignazio Silone". Siamo tra l'aprile del 1923 e il febbraio del 1924. Quell'italiano, abruzzese, aveva ventitré anni e veniva da Berlino, dove aveva trascorso più di tre mesi come corrispondente di un giornale triestino, il "Lavoratore". Con lui c'era la fiumana Gabriella Seidenfeld. A citare Victor Alba sono Dario Biocca e Mauro Canali, che nel marzo 2000 hanno pubblicato "L'informatore: Silone, i comunisti e la polizia" (Luni Editrice). E' il noto studio (due ristampe in un mese) sul doppio ruolo di dirigente comunista e collaboratore della polizia politica, del regno d'Italia prima e dell'OVRA fascista poi, che Secondino Tranquilli, alias Ignazio Silone, alias Silvestri, uno dei fondatori del partito, avrebbe ricoperto dal 1919 al 1930, fino alla vigilia dell'espulsione e di "Fontamara" (1931).
Una parte della storiografia italiana ha reagito vivacemente al saggio di Biocca e Canali (Montanelli, ad esempio, ha assolto Silone quasi per principio), nonostante, o meglio, a prescindere dall'evidenza e dalla consistenza della documentazione d'archivio, pubblica e privata. Lo scorso aprile è uscito "Processo a Silone: la disavventura di un povero cristiano" (Lacaita), a cura di Giuseppe Tamburrano, presidente della Fondazione Nenni, di Gianna Granati e Alfonso Isinelli. Tamburrano ha affidato a un perito grafico del tribunale di Roma alcuni documenti dell'aprile 1923, che sarebbero stati scritti a Genova alla presenza del commissario Guido Bellone, unico interlocutore di Silvestri. La perizia, subito contestata, ha escluso che la grafia sia di Silone. Il confronto è continuato al convegno di Pescina, del 30 aprile e 1º maggio scorsi. Il 4 luglio Tamburrano ha scritto al Corriere della Sera complimentandosi con Montanelli per aver difeso Silone. E' l'ultima delle "Stanze". Risposta di Montanelli: "La mia reazione ai tentativi d'imbrattarne il nome e il ricordo fu istintiva, ma senza apporto di prove e documenti. Siete stati tu e i tuoi due compagni a compiere quest'opera meritoria, e che a riconoscerla tale siano due giornali come l'Unità e Il Secolo d'Italia, eredi di due partiti che, sia pure per ragioni opposte, avrebbero avuto tutto l'interesse a discreditare il loro comune avversario, è cosa che fa onore anche ai due giornali". In verità, sarebbe da approfondire il rapporto tra Silone e Carl Gustav Jung, tra il 1928 e il 1929. In ogni caso, i manoscritti vanno esaminati tutti, con perizia stilistica e non solo calligrafica: una delle due parti ha un comprensibile interesse a dimostrare che la scrittura di Secondino Tranquilli, almeno in un'occasione, sia stata contraffatta.
Fra i documenti prodotti da Biocca e Canali, ce n'è uno che riguarda la linea ferroviaria del Brennero, fra Innsbruck e Trento. E' un'informativa per il commissario Bellone, redatta dal "fiduciario di Berlino", pervenuta a Roma il 15 febbraio 1923 e immediatamente girata dalla questura al direttore generale della pubblica sicurezza. Per giungere a Roma ha impiegato non più di cinque giorni. Il documento, oggi nell'Archivio centrale di Stato, precede di due mesi le carte sottoposte a perizia. In quell'anno a Berlino, il 28 gennaio, si apre il congresso del partito comunista tedesco. Vi partecipano, dall'Italia, Umberto Terracini ed Ersilio Ambrogi. E' presente anche Gramsci. L'informatore ha già avvisato Roma: il 25 gennaio partiranno segretamente da Berlino per l'Italia Nicola Bombacci ed Edmondo Peluso, che "non si sono decisi a sacrificare la barba, ma sembra abbiano un metodo sicuro per entrare in Italia, credo, aiutati da un ferroviere di Innsbruck che avrebbe il modo di nasconderli in un wagon lits". L'uomo di Innsbruck, come vedremo, non agisce da solo, e forse non è neppure di Innsbruck. Bombacci riesce a varcare il confine, mentre Peluso, per il momento, rientra a Vienna. Sempre attraverso il Brennero, legalmente, pochi giorni prima è passato Umberto Terracini, diretto a Milano, dopo essere stato arrestato a Monaco con l'accusa di contrabbando di marchi.
L'informatore scrive fra l'altro: "Ad Innsbruck vi è un gruppo di ferrovieri comunisti italiani (di quelli che fanno servizio sulla linea Trento-Innsbruck) i quali hanno l'incarico di far passare lettere, pacchi e altro attraverso la frontiera, per conto del partito italiano. Il capo di questo gruppo è un certo Tamburini, bolognese". Roma attiva il prefetto di Trento, che all'epoca è Giuseppe Guadagnini, rimasto in carica fino al dicembre del 1926. Il prefetto di Trento si rivolge al consolato italiano di Innsbruck. L'informazione si rivela fondata. Viene identificato un ex ferroviere anarchico, Ernesto Tamburini, residente a Innsbruck, che con un gruppo di ex colleghi e l'aiuto di personale in servizio agevola il passaggio clandestino attraverso il Brennero di plichi, corrispondenza e forse persone. Alcuni del gruppo degli ex, Dante Mosca e Angiolo Sbrana, alla prima occasione vengono fermati e rinviati indietro con foglio di via. Più tardi verrà loro negato il rinnovo del passaporto.
Lungo il Brennero i treni continuano la loro corsa. Nelle stazioni di Trento e di Bolzano, si rafforza la vigilanza sul pubblico e sui ferrovieri. Giacomo Matteotti si rammarica con Augusto Avancini "dell'assoluto silenzio in cui sembra caduto il Trentino Alto Adige". Scrive Vincenzo Calì, nella Storia del Trentino contemporaneo: "Dopo un brevissimo periodo di tregua, favorito peraltro dalla grave crisi interna che travaglia il fascismo trentino al principio del 1923, gli ambienti cattolici locali iniziano a conoscere il vero volto del fascismo. Le avvisaglie sono numerose..."


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