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martedģ 4 settembre 2001  
 


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 CULTURA
Miną, una vita contro
Da Latinoamerica con padre Zanotelli alla voglia di rifare anche la politica

Incontri a Lavarone. Una rivista di frontiera e l'amore sconfinato per il sud del mondo. Un giornalista si racconta in un ritratto «in piedi»

 

A sinistra, il giornalista e scrittore Gianni Miną a Lavarone; a destra, padre Zanotelli che collabora alla rivista, curata da Gianni Miną, Latinoamerica


di Alessandro Dell'Aira


"Latinoamerica e tutti i sud del mondo", la rivista di Gianni Miną, si č allargata all'Africa, coinvolgendo Alex Zanotelli, il comboniano dei derelitti di Nairobi. Con altra stampa alternativa, dą altra voce "a un'umanitą che non ha voce". Lo ha detto lo stesso Miną al Centro Congressi di Lavarone. La rivista ha vent'anni, non č nata ieri. E' una creatura di Alessandra Riccio, attuale direttrice responsabile. In origine era solo Latinoamerica, di taglio accademico ed elitario. La nuova serie, che mantiene l'antica numerazione, cerca un pubblico pił vasto.

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Miną, 63 anni, uomo del sud e torinese adottivo, in un momento precario della sua carriera si č interrogato e si č detto: me ne vado a Bahia.
Ed č partito con le scarpe da tennis e gli occhi buoni, dietro a Vinicius de Moraes, ex diplomatico brasiliano, cantautore e poeta raffinato, e a un certo Toquinho che a quei tempi non era nessuno.
Il ragazzo era intellettualmente attratto dal samba, dai cieli tersi dei tropici venati di tristezza, incuriosito da quella salamoia di gente poverissima, tutt'altro che misera dentro, incapace, nonostante tutto, di odiare la vita. Dal Brasile, un'avventura e una nuvola dopo l'altra, Gianni si sposta nel Messico, un'altra America latina.

Una povertą diversa
Una povertą diversa, una faccia in pił dello stesso dramma. Un dramma crudo, onnipresente, che i signori dell'informazione fingono di ignorare e tingono di rosa pastello. Mezza America desaparecida. La visione del giovane viaggiatore, inviato speciale di se stesso, prende forma per gradi al di lą delle maschere di Rio, al di lą del Che e degli Inti-Illimani, e dą corpo a quel mezzo continente fantasma in un quadro magmatico, apocalittico.
Chi ha fame ama il lusso, e chi ama la miseria č intellettuale, ha detto uno degli idoli del carnevale carioca, Joazosinho Trinta. Una frase che ha fatto discutere legioni di sociologi e antropologi, non solo in Brasile. Come possono i desaparecidos di tutti i sud del mondo non sognare di trasferirsi e di vivere in uno di quei paesi, una trentina, dove si nasce si vive e si muore con pochissimi rischi ineluttabili, senza povertą o quasi?
I cinque milioni di homeless, i senza casa degli Usa, visti dagli homeless del resto del mondo sono dei privilegiati. Secondo Fukuiama, la povertą č destinata a sparire, a prosciugarsi. La storia č finita, il neoliberismo ha vinto. Una dimostrazione cinica, paradossale, della sconfitta della povertą consiste nella constatazione altrettanto cinica e paradossale che i poveri presto non saranno pił tali perchč hanno perso la guerra. Al crollo definitivo della povertą seguirą l'inarrestabile sviluppo dei consumi su scala mondiale. Intanto il club dei paesi ricchi, che investe in capitale umano, continua ad avere paura dei paesi peones che non hanno niente.

Come Beppe Grillo
Miną, che nasce come cronista sportivo ed stato direttore di TuttoSport, ha fatto una lunga gavetta alla Rai. E' uno dei mostri sacri del nostro giornalismo, famoso per le sue storie blitz e i suoi documentari, anche se, come Beppe Grillo, resta escluso da quasi tutte le nostre tribune ufficiali. Ma lui le cose che vanno dette le dice lo stesso, con un linguaggio che non ha niente da perdere: fa giornalismo alternativo, in scarpe da tennis, come Jannacci. Niente Rai? Ciccia, c'č la BBC. Se il subcomandante Marcos, che a Cittą del Messico ha concesso solo quattro interviste, ha scelto lui con Montalbįn, oltre a Le Monde, Garcķa Marquez e alla rivista politica messicana Proceso, una ragione ci sarą.
Latinoamerica pubblica questa doppia intervista di Miną e Montalbįn con l'uomo senza volto del Chiapas, che non un comandante come il Che perché su di lui ci sono i capi degli eredi dei maya. Aqui estamos. Eccoci qua, cronaca di una marcia. Intorno a questa intervista esclusiva ruotano interventi qualificati. Tra gli altri, quelli di Frei Betto (teologo della liberazione, ideatore del Forum sociale mondiale di Porto Alegre), di Sergio Buarque de Hollanda, Helena Poniatowska, Walter Salles, Alicia Martķnez Pardis, Ettore Masina, Pino Cacucci, Mauro Sylos Labini.
Latinoamerica, perché la nuova serie?
«Abbiamo voluto una rivista capace di informare fuori dai canali. Una rivista alternativa fondata su un impegno politico contrario alla logica neoliberista».
Fuori dai canali vuol dire anche fuori da Internet?
«Ci si oppone all'omologazione non solo con i nuovi meccanismi, ma anche con quelli tradizionali.
La rivista č in rete, comunque.
«Su Internet sono pessimista. Credo di pił nella stampa alternativa».
Un mondo da rifare. E' possibile?
«In questo mondo un miliardo di persone vive con un dollaro al giorno. Frei Betto ha scritto per noi che si puņ costruire una societą planetaria dove tutti abbiano diritto a tutti i beni della vita»
In due parole, il messaggio di Frei Betto.
«Trasferisce la spiritualitą in pensiero politico e mette in atto questo pensiero nella sua opera di religioso e intellettuale. I giornali brasiliani, anche quelli conservatori, gli danno spazio, non possono non darglielo».
Dareste spazio a Milingo?
«Perchč no».
Per quale messaggio?
«Per un messaggio di fede».

 
 
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