L'INTERVENTO
Voglio il ponte di
Leonardo
di Alessandro
Dell'Aira
ALLE SPALLE DELLA GIOCONDA
C'È UN PONTE. Forse è quello di Ponte a
Buriano in Val di Chiana, vicino Arezzo.
Leonardo da Vinci era attratto dai ponti.
Ne disegnò uno minuscolo, in pianta e in
alzato, su uno dei fogli del codice
Hammer, poi detto di Leicester, oggi più
noto come codice Gates.
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Il
disegno del Codice
Hammer-Leicester
e il modellino del Museo
Nazionale della Scienza e
della Tecnica di Milano,
intitolato a Leonardo da
Vinci
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Quel ponte sognato e disegnato di getto,
mai tradotto fedelmente in opera, aveva
almeno tre pregi. Il primo: consentiva un
salto di duecentoquaranta metri fra le
due sponde di un corso d'acqua o di un
braccio di mare. Il secondo: era alto
quaranta metri sul pelo dell'acqua e
lasciava passare le navi alberate. Il
terzo: ogni capo del ponte generava due
rampe, che creavano due solide basi
d'appoggio.
Quattro zampe allargate che ancoravano il
corpo del ponte alle due rive, con la
campata che tendeva al cielo fino ad
assottigliarsi al culmine in una tensione
elastica bella a vedersi quanto semplice
era l'idea. Un'idea ponte tra pratica e
scienza, come piaceva a Leonardo che
così scrive nel Trattato della Pittura:
"Quelli che s'innamorano della
prattica senza la diligenza, overo
scienza, per dir meglio, sono come i
nocchieri ch'entrano in mare sopra nave,
senza timone, o bussola, che mai non
hanno certezza dove si vadino. Sempre la
prattica deve essere edificata sopra la
buona teorica, della quale la prospettiva
è guida, e porta, e senza quella niente
si fa bene, così di pittura, come in
ogn'altra professione...".
Misurandolo a palmi sulla linea del tempo
tridentino, quel ponte sognato e
disegnato è di epoca preconciliare.
Leonardo lo concepì tra il 1502 e il
1503, forse per il sultano turco Bayazid
che voleva unire le due rive del Corno
d'Oro sul Bosforo.
Se Bill Gates non ha niente in contrario,
stiamo sognando un ponte di pietra a
quattro zampe, con strutture di legno
lamellare, in asse con il Duomo di Trento
e ispirato al modello leonardesco. Un
ponte rotabile sopra e ciclabile sotto,
multiuso e non solo stradale come quello
che i norvegesi stanno costruendo a Oslo.
Che c'entra Oslo? C'entra, perché dal
1996 i norvegesi non fanno altro che
sognare il ponte sognato e disegnato da
Leonardo. Ne hanno già fatto uno di
settanta metri, una passerella in legno
lamellare che scavalca un'autostrada.
Stanno costruendo l'altro di pietra, nei
pressi dell'aeroporto di Oslo.
Noi che siamo profani, non abbiamo alcun
titolo a proporre. Stiamo solo parlando
di un sogno. Per noi quel ponte c'è
già, lo abbiamo già. Un ponte a quattro
zampe che distrae il traffico dal centro
storico e lo orienta lungo l'Adige, da
una parte verso gli svincoli-spaghetti di
Gardolo, dall'altra verso le
torri-asparagi di Man.
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Il ponte batte dove l'idea vuole, le idee
ce le abbiamo. E lasciateci divertire con
i ponti sognati, con Andrea Castelli che
scherza sempre, con Ulisse Marzatico che
parla solo quando ha le idee chiare,
senza fare confusione mentre Bocchi e
Busquets disegnano quelli da fare, e in
Comune decidono quale costruire. Se vi
interessa fare un sogno così, fate come
Goethe in viaggio: andate nel punto più
alto, da dove si distinguono ancora le
finestre degli edifici della città, nel
nostro caso a Sardagna, tra la stazione
della funivia e il nuovo Centro
Congressi. Mettetevi in asse con via
Verdi e guardate verso la facciata del
Duomo. Distogliete l'occhio e guardate
verso il Palazzo delle Albere e l'area ex
Michelin. Alzate lo sguardo verso
Mesiano, Povo e il Colle Sant'Agata.
Tornate sull'Adige. Che ponte vedete, a
destra del ponte di San Lorenzo?
Mettetevi in linea con la politica
storica di promozione del centro storico
pedonale. Che ponti vedete, dal vostro
punto di osservazione? Che sistema di
ponti vedete? Un sistema divergente, o
uno convergente che ingloba la città
antica? Giovedì scorso, da quel punto di
vista, non abbiamo visto treni, neppure
sulla riva destra del fiume. A valle del
ponte di San Lorenzo, abbiamo visto un
ponte a quattro zampe di tipo
leonardesco, epocale, su misura per le
idee storiche di Trento e le sue
prospettive del terzo millennio. Sopra le
auto, sotto i pedoni e le bici. Un ponte
di pietra e una passerella di legno tra
pratica e scienza, senza cemento.
Basta così. Pontem tene, verba volant.
Non parliamone più.
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