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Sabato 9 marzo 2002  
 


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Qui a fianco, il giuramento delle reclute Ss

IL NEIN, l'esempio
Dibattito a Trento sul caso Jägerstätter
Fede e dittature. Un no a Hitler: per Cristo

di
Alessandro Dell'Aira

L'altra sera al Centro Santa Chiara di Trento, Erna Putz, la teologa cattolica biografa di Franz Jägerstätter ha presentato il suo libro "Un contadino contro Hitler". Un cristiano che disse no come Mayr Nusser.

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LA CULTURA CONTADINA ha prodotto un proverbio antichissimo, che cozza con la vocazione al martirio ed esprime un senso di realismo che non è rassegnazione. "Chìnati giunco, che passa la piena". Tra la guerra e la fiumara, la guerra e la peste, la guerra e la siccità, il contadino preindustriale non trovava differenze. Nessuno tocchi il giunco, che si flette per sopravvivere, e quando la piena è passata solleva di nuovo la testa. Franz Jägerstätter, contadino dell'Alta Austria, di fronte alla fiumana del nazismo non volle essere come il giunco e affrontò il tribunale supremo della Germania di Hitler. La sua fede cattolica prevalse sui sentimenti, oltre che sui doveri di marito e di padre. Dissero di lui che era un sacrestano strambo, a non ascoltare i sacerdoti che gli suggerivano di essere prudente e di non lasciare nei guai la moglie e le tre figliolette. Franz fece di testa sua, e ci rimise letteralmente la testa, come forma visibile e tangibile di contrappasso. Ne aveva fatto un cattivo uso. Erna Putz ha presentato il suo libro, versione italiana ridotta delle sue biografie in lingua tedesca, edita dalla Berti di Piacenza e curata da Giampiero Girardi, con il contributo di un gruppo nutrito di intellettuali cattolici trentini, tra cui Lucia Togni e Alberto Conci. Paul Renner, docente di teologia a Bressanone, ha commentato che la storia di Franz è la storia di una coerenza inerme che in nome del bene si oppone radicalmente a un'altra coerenza, espressione della stupidità e della malvagità. Al di là della presentazione del libro, il caso di Franz ha suscitato interesse, per diversi motivi. Il primo: il suo no secco, senza mezzi termini, al Führer. Il secondo motivo: il suo no secco, inflessibile, a chi gli consigliava obbedienza per ragioni di opportunità pubblica. Il terzo motivo: il fatto che la sua condizione di marito e padre di tre bambine non lo fece desistere dalla sua decisione. Il dibattito su Franz Jägerstätter, nel suo dipanarsi, si snoda sulla combinazione di questi tre no. E sul fatto eccezionale che non si trattava di un intellettuale, ma di un contadino poco istruito. Franz, militare di leva, scrive alla moglie in difficoltà: "E' molto duro vedere che uno soffre e non lo si può aiutare". Quando rifiuta di arruolarsi per combattere, compie un passo irreversibile, in contraddizione lucida con il giuramento al Führer. La disobbedienza si fa radicale, difficile da gestire. Franz, per esempio, prima di fare la sua scelta mette in difficoltà il vescovo, sottoponendogli un questionario che date le circostanze poteva anche essere la provocazione di un agente di Hitler. Una delle domande suonava così: "Perchè coloro che combattono per il nazionalsocialismo vengono celebrati anche nelle chiese austriache come eroi? Fino a cinque anni fa queste persone non venivano maledette da tutti?" Il modello dei protomartiri, come modello ideale, prevale in questo caso sulla ragion di Chiesa, sulla ragion di Patria e sulle ragioni di famiglia, e si traduce, senza mediazioni, in un modello eroico di comportamento: la resistenza alla bestialità del potere e alle mezze vie che la tollerano. "...Dopo più di due anni di sterminio dell'umanità", scrive Jägerstätter nei suoi diari, "il programma dei nazisti resta esclusivamente quello di far riconoscere qualsiasi violenza come permessa o accettabile". Una frase lapidaria, che prelude al suo inflessibile "no". Un esempio da ammirare, secondo certe logiche, ma non da imitare. Il cittadino è obbligato a prestare servizio militare. Quando è chiamato diventa soldato e se non si presenta diventa disertore. Le ragioni di coscienza non lo esimono dalla punizione. Per questo suo gesto non è solo condannato a morte, ma anche privato della dignità militare e dei diritti.Per questo suo dare scandalo offrendo la testa al Führer, a distanza di quarant'anni, nel 1983, le gerarchie ecclesiastiche continuavano a interrogarsi sull'opportunità di avviare il processo di beatificazione di Franz Jägerstätter. La "via legale alla santità" sembrava esigere un'attenta verifica della presunta irrazionalità del suo sacrificio plateale. Sull'esempio di sacrestani un po' strambi che non siano protomartiri, potrebbe infatti accadere che prima alcuni, poi molti, e poi troppi nel presente, pur non essendo sacrestani, si decidano a non assecondare il potere affetto da una stupidità di ferro, e questo disobbedire di massa renderebbe complicato, se non impossibile, gestire stupidamente il potere. Tutto ciò sarebbe poco gradito anche a un potere di gomma, che non vuole avversari ma interlocutori cortesi, che si appella alle ataviche saggezze, le capovolge e assume la flessibilità del giunco come fondamento del sapere essere e del saper vivere.














 
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