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Qui a fianco, il
giuramento delle reclute
Ss
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IL NEIN,
l'esempio
Dibattito a
Trento sul caso Jägerstätter
Fede e dittature. Un no a Hitler:
per Cristo
di Alessandro Dell'Aira
L'altra
sera al Centro Santa Chiara di
Trento, Erna Putz, la teologa
cattolica biografa di Franz
Jägerstätter ha presentato il
suo libro "Un contadino
contro Hitler". Un cristiano
che disse no come Mayr Nusser.
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LA CULTURA CONTADINA ha prodotto
un proverbio antichissimo, che
cozza con la vocazione al
martirio ed esprime un senso di
realismo che non è
rassegnazione. "Chìnati
giunco, che passa la piena".
Tra la guerra e la fiumara, la
guerra e la peste, la guerra e la
siccità, il contadino
preindustriale non trovava
differenze. Nessuno tocchi il
giunco, che si flette per
sopravvivere, e quando la piena
è passata solleva di nuovo la
testa. Franz Jägerstätter,
contadino dell'Alta Austria, di
fronte alla fiumana del nazismo
non volle essere come il giunco e
affrontò il tribunale supremo
della Germania di Hitler. La sua
fede cattolica prevalse sui
sentimenti, oltre che sui doveri
di marito e di padre. Dissero di
lui che era un sacrestano
strambo, a non ascoltare i
sacerdoti che gli suggerivano di
essere prudente e di non lasciare
nei guai la moglie e le tre
figliolette. Franz fece di testa
sua, e ci rimise letteralmente la
testa, come forma visibile e
tangibile di contrappasso. Ne
aveva fatto un cattivo uso. Erna
Putz ha presentato il suo libro,
versione italiana ridotta delle
sue biografie in lingua tedesca,
edita dalla Berti di Piacenza e
curata da Giampiero Girardi, con
il contributo di un gruppo
nutrito di intellettuali
cattolici trentini, tra cui Lucia
Togni e Alberto Conci. Paul
Renner, docente di teologia a
Bressanone, ha commentato che la
storia di Franz è la storia di
una coerenza inerme che in nome
del bene si oppone radicalmente a
un'altra coerenza, espressione
della stupidità e della
malvagità. Al di là della
presentazione del libro, il caso
di Franz ha suscitato interesse,
per diversi motivi. Il primo: il
suo no secco, senza mezzi
termini, al Führer. Il secondo
motivo: il suo no secco,
inflessibile, a chi gli
consigliava obbedienza per
ragioni di opportunità pubblica.
Il terzo motivo: il fatto che la
sua condizione di marito e padre
di tre bambine non lo fece
desistere dalla sua decisione. Il
dibattito su Franz
Jägerstätter, nel suo
dipanarsi, si snoda sulla
combinazione di questi tre no. E
sul fatto eccezionale che non si
trattava di un intellettuale, ma
di un contadino poco istruito.
Franz, militare di leva, scrive
alla moglie in difficoltà:
"E' molto duro vedere che
uno soffre e non lo si può
aiutare". Quando rifiuta di
arruolarsi per combattere, compie
un passo irreversibile, in
contraddizione lucida con il
giuramento al Führer. La
disobbedienza si fa radicale,
difficile da gestire. Franz, per
esempio, prima di fare la sua
scelta mette in difficoltà il
vescovo, sottoponendogli un
questionario che date le
circostanze poteva anche essere
la provocazione di un agente di
Hitler. Una delle domande suonava
così: "Perchè coloro che
combattono per il
nazionalsocialismo vengono
celebrati anche nelle chiese
austriache come eroi? Fino a
cinque anni fa queste persone non
venivano maledette da
tutti?" Il modello dei
protomartiri, come modello
ideale, prevale in questo caso
sulla ragion di Chiesa, sulla
ragion di Patria e sulle ragioni
di famiglia, e si traduce, senza
mediazioni, in un modello eroico
di comportamento: la resistenza
alla bestialità del potere e
alle mezze vie che la tollerano.
"...Dopo più di due anni di
sterminio dell'umanità",
scrive Jägerstätter nei suoi
diari, "il programma dei
nazisti resta esclusivamente
quello di far riconoscere
qualsiasi violenza come permessa
o accettabile". Una frase
lapidaria, che prelude al suo
inflessibile "no". Un
esempio da ammirare, secondo
certe logiche, ma non da imitare.
Il cittadino è obbligato a
prestare servizio militare.
Quando è chiamato diventa
soldato e se non si presenta
diventa disertore. Le ragioni di
coscienza non lo esimono dalla
punizione. Per questo suo gesto
non è solo condannato a morte,
ma anche privato della dignità
militare e dei diritti.Per questo
suo dare scandalo offrendo la
testa al Führer, a distanza di
quarant'anni, nel 1983, le
gerarchie ecclesiastiche
continuavano a interrogarsi
sull'opportunità di avviare il
processo di beatificazione di
Franz Jägerstätter. La
"via legale alla
santità" sembrava esigere
un'attenta verifica della
presunta irrazionalità del suo
sacrificio plateale. Sull'esempio
di sacrestani un po' strambi che
non siano protomartiri, potrebbe
infatti accadere che prima
alcuni, poi molti, e poi troppi
nel presente, pur non essendo
sacrestani, si decidano a non
assecondare il potere affetto da
una stupidità di ferro, e questo
disobbedire di massa renderebbe
complicato, se non impossibile,
gestire stupidamente il potere.
Tutto ciò sarebbe poco gradito
anche a un potere di gomma, che
non vuole avversari ma
interlocutori cortesi, che si
appella alle ataviche saggezze,
le capovolge e assume la
flessibilità del giunco come
fondamento del sapere essere e
del saper vivere.
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