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 CULTURA
NICOLODI PUBBLICA «IL ROGO NEL PORTO» DI BORIS PAHOR

  La lingua che divide
Trieste nell'era degli steccati etnici
vista dallo scrittore sloveno


di
Alessandro Dell'Aira


NELLE RACCOLTE di racconti c'è quasi sempre un testo che cede il titolo al libro. Così è per "Il rogo nel porto" di Boris Pahor, che l'editore roveretano Nicolodi ha pubblicato da poco. L'autore, sloveno di Trieste, sopravvissuto a Dachau, è quasi novantenne. I suoi simboli forti sono il golfo e il porto. «Mesto v zalivu» (La città del golfo) è uno dei suoi romanzi più tradotti, dopo «Nekropola» (molto noto negli Usa come «Pilgrim among the Shadows»). Il porto è il cuore sacro della città di Trieste. Il rogo è quello della Narodni Dom, la Casa di cultura slovena incendiata dai fascisti nel 1920. Nell'immaginario dello scrittore bambino, quell'incendio si sprigiona dalla fiaba di una matrigna che dà fuoco alla casa per vedervi morire bruciata la figliastra. La fiaba gli è stata narrata dalla stiratrice Mizzi, slovena di Maribor. Un tempo i turchi, non solo quelli delle fiabe di Mizzi, terrorizzavano le città di mare e incendiavano le case dei porti. Nella Trieste del piccolo Boris il porto del golfo non è più un luogo sicuro per chi parla la lingua slovena e rivendica la propria cultura. E' questo il motivo centrale di tutta la raccolta.
Boris Pahor ha riscritto in italiano due racconti su tredici: «Una sosta sul ponte Vecchio» e «Fiori per un lebbroso». In questo caso non si è mantenuto fedele alle origini della famiglia. Perché? Lo spunto del primo racconto è un viaggio in treno a Firenze con la moglie Zivka per visitare una mostra di Raffaello. Nello scompartimento c'è un altro viaggiatore che sorride a Zivka. Il linguaggio della pittura è universale e non divide chi la ammira, mentre le lingue possono dividere i parlanti, specie se riuniti forzosamente in volumi angusti. La conversazione tra lui e lei vira verso lo sloveno. Ciò irrita "l'altro", che si percepisce escluso e fa il resto del viaggio in corridoio. Ed ecco, in questo gioco di specchi, spiegato in parte il motivo di uno sloveno che decide di riscriversi nella lingua in cui è stato tradotto, che peraltro conosce benissimo avendola insegnata nelle scuole superiori triestine insieme con la propria. Il racconto, nonostante il titolo, è dedicato a Trieste, "città dal cuore malato" vista da Kosovel, "tormentosa" secondo Saba. Al centro della riflessione c'è Dante, che nel Convivio tratta da adultero chi rinnega la propria lingua e la preferisce a un'altra.
Più complesso è il caso di "Fiori per un lebbroso". È un omaggio di Pahor a Lojze Bratuz, organista di Gorizia avvelenato dai fascisti nel 1936 per aver cantato e fatto cantare in chiesa musiche slovene. Anche qui, come nel primo caso, c'è uno iato profondo tra linguaggio dell'arte e soggetti parlanti. L'irruzione dei due squadristi interrompe la musica e soffoca le voci del coro. Le mani di Lojze si fermano. Tace la voce dello strumento che si esprime con le note (più vitali delle parole, che, direbbe Benigni, "non contano"). Gli uomini avanzano e gridano: Luigi Bertossi, nome e cognome italianizzato di Lojze Bratuz. Qualche giorno dopo, nessuno può ancora accostarsi alla sua tomba piantonata. I fiori per Lojze arrivano di là dal muro, di notte "come cose gettate a un lebbroso".
«Una strana accoglienza» è un racconto che si distingue dagli altri. E' la storia, narrata in prima persona, di uno studente triestino disoccupato, ex internato in un lager tedesco, traumatizzato e spersonalizzato dall'esperienza. È Boris, che da quando è tornato è "lui" per tutti. È "lui" quando il padre a cena gli destina la bistecca (dice: "Dalla a lui", rivolto alla moglie). È "lui" anche dopo, per le vie di una Trieste postbellica, piovigginosa, in sordina come la Vienna del "Terzo uomo", con le belle di notte, i bar vocianti nel buio e i cinema all'ultima proiezione. Un Tom Mix in borghese avanza e ferma "lui, il monello" accusandolo di un furto con scasso, poi lo porta in commissariato ma dubita e si rimette al capo. "Lui", può andare? Può andare. Ma dove, se la casa del porto è andata a fuoco?

BORIS PAHOR
Il rogo nel porto. Novelle
Nicolodi, pag 272, Euro 12,91






 
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