La mostra.
Levico Terme, dalle strade romane
ai giorni nostri.
Le
antiche vie di trasporto.
I valichi dei Grigioni erano
transitabili già duemila anni fa
di Alessandro Dell'Aira
La via
Claudia Augusta era una struttura
che, con i suoi 520 chilometri
(350 milia passuum) collegava
direttamente la pianura del Po
con quella del Danubio. Fu
tracciata nel 15 avanti Cristo da
Druso Maggiore allorché, con il
fratello Tiberio, avviò la
campagna militare per la
conquista della Rezia e della
Vindelicia. Ma oltre alle strade
romane, l'arco alpino è ricco di
vie di comunicazione antiche,
come quelle che si trovano nel
Cantone svizzero dei Grigioni e
che sono oggetto di una mostra
che si tiene fino al 9 giugno
prossimo a Levico Terme.
La mostra
«Non solo romane. Vie di
comunicazione storiche dei
Grigioni», inaugurata a Levico
Terme in occasione del Forum «Le
comunità della Claudia»,
promuove la cultura della
conservazione di percorsi e
strade antiche di montagna, su
solide basi organizzative. Dietro
le quinte c'è un importante
intervento coordinato che dal
1984 si occupa di censire questi
aspetti del patrimonio ambientale
svizzero. Si tratta dell'IVS,
Inventario delle Vie di
Comunicazione Storiche della
Svizzera.
I valichi
delle Alpi grigionesi sono una
via di transito frequentatissima
fin dai tempi preistorici. La
conquista romana del 15 a.C.
richiese la costruzione di strade
adatte al rapido trasferimento di
truppe, secondo tecniche
collaudate e l'uso di materiali
come ghiaia e legno, cui gli
ingegneri militari fecero ricorso
anche durante la prima guerra
mondiale. Nella famosa Tabula
Peutingeriana, che risale ai
primi secoli dell'era cristiana,
le vie dei passi grigionesi
Giulia/Settimo e Spluga/San
Bernardino sono presenti e
rappresentate simbolicamente nei
dettagli. Quanto ai luoghi, sono
ancora visibili alcuni solchi nel
granito, profondi decine di
centimetri, che nel primo dei due
passi, a La Veduta, testimoniano
un consistente traffico di carri
del periodo romano e medievale.
Si calcoli ad esempio che
un'anfora di terracotta,
«container» standard delle
merci romane più varie, giungeva
a pesare anche un quintale, e che
nei cassoni dei carri ne venivano
stipate parecchie. Il secondo
passo, probabilmente, era invece
frequentato da somieri, visto che
non si sono conservati i solchi
delle ruote dei carri. In quel
caso vennero costruite mulattiere
selciate della larghezza di due o
tre metri, in modo da consentire
l'incrociarsi del traffico in
salita e in discesa. Durante la
stagione fredda si usavano anche
le slitte o semplici teli.
Lo studio
delle carte, combinato con la
ricognizione dei luoghi, ha dato
risultati sorprendenti. Sotto il
Maloja, ad esempio, una trentina
di anni fa è stato scoperto un
ripido tratto di otto metri di
roccia in cui sono evidenti i
solchi delle ruote e i gradoni
scolpiti, più alcuni fori
laterali praticati dall'uomo che
probabilmente servivano ad
ancorare i carri durante la
salita. Si trasportava di tutto,
e spesso agli uomini erano
richieste abilità notevoli come
la capacità di issare a braccia
sul carro, al primo tentativo, un
barile da settantacinque chili.
L'antica
tecnica costruttiva delle strade
di montagna fu sperimentata,
praticata e perfezionata fino
agli inizi dell'Ottocento, quando
cominciò ad imporsi la tecnica
dei trafori, dei muri di sostegno
e dei terrapieni costruiti a
regola d'arte. Le diligenze
postali si avventurarono sulla
strada dello Spluga da Coira a
Chiavenna, e su quella del San
Bernardino verso Bellinzona. Da
Coira a Chiavenna si impievavano
undici ore, mentre nel secondo
caso occorrevano due giorni
contro i dieci impiegati dai
somieri. Le strade artificiali
misero in crisi l'antico mestiere
di questi ultimi. Talvolta però,
come dalla Val Madris a
Chiavenna, i sentieri pedestri
erano ancora convenienti. Intorno
alla metà dell'Ottocento, chi
partiva da Madris per procurarsi
le provviste alimentari a
Chiavenna impiegava tre giorni
nel viaggio di andata e ritorno
con doppia sosta a Savogno, dove
pernottava sul fieno. La
parrocchia fungeva da ostello e
da mescita, e la gente locale,
per cinque franchi al giorno,
dava una mano fino al passo. I
somieri erano tenuti alla
manutenzione della strada.
Con
l'istituzione delle dogane, dopo
il 1848, il libero commercio
transfrontaliero venne dichiarato
illegale. Iniziarono le
scaramucce tra doganieri e
contrabbandieri, che portavano a
spalla la merce con cui conveniva
trafficare, e cioè caffè e
sigarette. Questo mestiere
clandestino è stato in qualche
modo tollerato fino a tempi
recentissimi, con il tacito
accordo di proibirne
tassativamente l'esercizio ai
minori di diciotto anni. Alla
fine dell'Ottocento si aggiunsero
le vie panoramiche e di passeggio
per i turisti avventurosi. In
breve la costruzione delle
ferrovie spinse i segni e il
linguaggio del progresso a
ridosso dell'alta montagna e del
modo romantico di accostarvisi.
Poi, con l'irresistibile avvento
della motorizzazione, si fecero
sempre più rari i carri a uno o
a due assi.
Molte vie
storiche meritavano di essere
salvate. Dal 1984, la
Confederazione elvetica, come
abbiamo detto, ha istituito
l'inventario delle sue vie di
comunicazione di montagna,
producendo del materiale
d'archivio e alcune carte. Lo
sforzo di conservazione passa
comunque attraverso la
sensibilità della gente e lo
sviluppo di un'etica della
tutela, che coinvolga i soggetti
e con maggior quota di
responsabilità i custodi
naturali del patrimonio
ambientale: gli abitanti del
luogo. In questo senso la mostra
di Levico Terme lancia un
messaggio chiaro, da non perdere.
Si potrà visitarla fino al 9
giugno. Ricordiamo che a Levico
è stato di recente inaugurato
anche il Centro di documentazione
sulla Claudia Augusta.
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