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 CULTURA
CON LE RADICI AL VENTO
di Franco Piccinelli


 


Il VECCHIO davanti al CAMINO
Il monologo di un contadino, il televisore spento, la memoria...

di
Alessandro Dell'Aira


Per Franco Piccinelli, giornalista e scrittore delle Langhe trapiantato a Roma, la campagna è lo scenario scelto, l'umanità che invecchia uno dei temi preferiti. "Con le radici al vento" è il monologo di un ultrasettantenne pieno di soldi, di origini contadine, che parla poco con la moglie e si scalda davanti al camino. Qualche notte agitata per via delle coronarie, giornate trascorse in poltrona senza giornali a specchiarsi nel fuoco. Si appisola e si riscuote, guarda il ciocco che arde e si sofferma sulla parabola dei matrimoni d'amore. Si sente ospite in un ambiente che gli appartiene. Amministra braci e ricordi, all'azienda agricola pensano i figli che vanno e vengono senza una regola. Non è poi così a pezzi, a tre ore d'auto c'è l'Arena di Verona e il Rigoletto, eppure non esce mai, viaggia da un letto all'altro e da una stanza all'altra di una casa con i televisori spenti e i cellulari immobili come scarafaggi. È spento anche il computer con quel suo filamento freddo collegato alla ragnatela universale, non lontano dal fuoco del camino che ora è connesso al cielo da un filo di fumo. Il vecchio non sa che farsene del computer, parla con il fuoco attraverso gli occhi che sono porta dell'anima. Sfoglia il passato e naviga dalla brace presente alla brace del camino della nonna, dai tempi di sua moglie giovane come l'aglio ai primi approcci con il futuro suocero ragazzo del'99, vedovo e vecchio che pesca nella tabacchiera con le dita e si intorcia una sigaretta spostando il discorso sulla buonanima, non la moglie no, il duce. Ora però il vecchio è lui, non ha fatto guerre e non ha buonanime sottomano. "Non vuole nemmeno vedersi da giovane in fotografia".
Il vecchio pensa, e a furia di pensare gli vengono in mente i carabinieri. Quello dei carabinieri, con la vecchiaia, è un altro dei temi ricorrenti nei romanzi di Piccinelli. Emerge quando c'è da estrarre fatti dai ricordi e bisogna verbalizzare. "Intendo fornire subito risposta..." è il titolo di un capitolo. Brigadiere, ha scritto tutto di quel mendicante che morì in casa nostra? Non c'è niente da scrivere, c'è solo da ricordare senza parole e senza verbali. Chi verbalizza ha bisogno di luce, il buio è di chi pensa, siete mai stati al buio a verbalizzare? Quando in campagna si risparmiava sulla luce elettrica, una casa con le finestre tutte illuminate voleva dire due cose imminenti: o una nascita, o una morte. Nei campi e nelle vigne si cantava, le mele non avevano bollini. Questo si sa, mentre se uno si fissa su un tizzone sa cosa vede e non sa cosa penserà tra un minuto. L'odore della cenere calda raggiunge la poltrona di una casa senza desco, in mezzo a una campagna che non c'è più. Il vecchio pensa alla Millecento e a quella targa che gli fruttò due ambi.
Riflessioni come faville, libere di schizzare dove gli pare. Nessuno che guardi il fuoco è mai morto per un pensiero o una favilla stravagante. Dietro a quelle faville c'è il passato del vecchio, e un vecchio non sta dietro a tutto anche se è contadino di lungo corso. Il cuore fa i capricci, le ombre danzano sulle pareti, vuol dire che il fuoco torna ad ardere oppure... Oppure sarà per un'altra volta. Bisogna essere sempre preparati.
Il libro è finito. Al lettore resta quel che resta a chi si alza da una poltrona davanti a un camino con la brace che si fa cenere. Uno si alza e apprezza la luce bassa e il silenzio della casa, se è notte, o il rumore della strada, la forza della pioggia o la luce del sole, se è giorno. Cosa ci resta, immagini in movimento, ipermedialità? Pensieri stravaganti, faville? Leggere al fuoco del camino sarebbe il massimo, ma se il fuoco non c'è non fa niente, c'è la luce naturale o la luce elettrica bassa. Basta non accendere altro, una volta tanto.

FRANCO PICCINELLI
Con le radici al vento
Priuli & Verlucca, euro 12,00


 
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