Dialoghetto su Van Dyck
e l'anno 1624
LUCI DI POSIZIONE
Alessandro Dell'Aira
Ti regali un libro per Natale, apri il pacchetto
una settimana prima e ti metti a sfogliare.
Titolo: Van Dyck, i libri d'arte vanno sfogliati
come viene, uno ricorda, farnetica, guarda, torna
indietro, chiude, riapre, richiude e va a letto.
Tuo figlio ha la tele un po' alta, c'è il
tenente Colombo, o forse è Indiana Jones. Ti
soffermi sui quadri che non ricordi o che non hai
visto mai e ti cade l'occhio su una coppia mista,
lui tenebroso e scuro di pelle, lei bianca e
biondorossa, lunare. A sinistra c'è un putto su
un cuscino e dietro al putto un vecchio che esce.
«E' suo nonno?», ti chiede tuo figlio, ha
spento la tele, il tenente Colombo ha risolto il
caso, Indiana Jones è per domani. «No, non lo
so e non mi interessa, mi interessano questi
due». E lui: «Ma sì, quello è il nonno e
questo è il figlio di questi due». «Ehi tu,
che sai tutto, questi due chi sono?». La tele è
spenta, l'effetto Colombo è svanito, Indiana
Jones è per domani. «Non lo so, papà dimmelo
tu, è una famiglia?». «Ascolta. Il quadro si
chiama Le tre età dell'uomo e sta a Vicenza, Van
Dyck ne ha visto uno quasi uguale di un altro
pittore che si chiama Tiziano e ha deciso di
farne uno pure lui». «Allora ha copiato?»
«Non proprio, ne ha fatto uno suo pensando a
quello di Tiziano, lui è venuto in Italia per
dipingere ma anche per studiare da pittore, c'è
rimasto sei anni, Tiziano gli piaceva e Van Dyck
ha fatto anche lui un quadro che si chiama Le tre
età dell'uomo, lo chiamano così, il nome al
quadro non glielo ha dato Van Dyck, noi siamo
prima bambini, poi grandi e poi vecchi, hai
sentito quando alla tele parlano della terza età?
Tu e Lucia siete nella prima, la mamma e io nella
seconda e la nonna nella terza». «Papà, la
mamma che c'entra?» «Che c'entra...c'entra,
anche questa del quadro è una mamma...ma ha le
rose, sembra santa Rosalia, Van Dyck ne ha
dipinte tante...» «Sì, papà, e lui è il
santo nero». Interviene la mamma vera:
«Federico, tuo padre va bene, ma tu...a letto!»
«Papà, i santi si sposano?» «No. Ma sai,
Rosalia è come se fosse sposata con Palermo, è
la sua santa patrona, Palermo ha la peste e santa
Rosalia gliela fa passare, lei era nipote della
nipote di Carlomagno e si sono sposati...».
E a questo punto ti ricordi che una volta Palermo
era nome maschile, come Madrid, e che Palermo ha
un genio, una strana figura tra il sacro e il
profano con un serpente in mano, forse un pezzo
di fontana medievale o un genius loci derivato da
Saturno o da Mercurio, e che a Palermo ci sono
cinque statue del Genio, e che una sta in una
piazzetta della Vucciria, il mercato di Guttuso,
una nicchia grande al centro con il Genio in
trono e due nicchie minori con due sante che non
ci sono più, le hanno rubate, è il Genio del
Garraffo. Vai in un'altra stanza a prendere un
libro e scopri che Garraffo deriva dall'arabo
acqua alta una spanna, che tastare l'acqua del
Garraffo, assaggiarla, per gli stranieri in
visita a Palermo era come gettare una moneta
nella fontana di Trevi, ritornavano, scopri che
il Genio del Garraffo è della fine del
Cinquecento e tu sai che Van Dyck è a Palermo
durante la peste del 1624. Guardi la coppia, due
mani che si sfiorano e non si toccano sono la
formula che usa Van Dyck per dare l'idea delle
nozze mistiche, corri a prendere un altro libro e
trovi Le nozze mistiche del fratello Joseph,
Kunsthistorisches Museum di Vienna, con fratello
Joseph che cerca di dare una mano alla Madonna
aiutato da un angelo che gli tiene la mano e non
si capisce se gliela alza o gliela ferma, torni
in soggiorno, bevi un po' d'acqua e ti chiedi dov'è
il serpente del Genio del tuo Van Dyck. Ma è
chiaro, è il bastone, Van Dyck è un pittore
della Controriforma, e allora...tuo figlio dice:
«Il bambino chi è? Guarda come somiglia alla
mamma...» «Lei non è la sua mamma, Federico,...forza,
accendi la tele e chiama il tenente Colombo».
«E' finito, papà». «E allora aspettiamo
Indiana Jones».
E appena dici aspettiamo ti viene in mente che è
quasi Natale, che stiamo aspettando una nascita,
anzi due, il Bambino e l'anno nuovo, e azzardi:
«Il bambino è l'anno nuovo, e quel vecchio è l'anno
che se ne va». «Federico, a letto», dice la
mamma vera. Vanno a letto tutti e tu resti solo
con Van Dyck, una montagna di libri sul tappeto,
il computer in rete, i motori di ricerca a tutto
gas e una caffettiera che bolle. Studi due
settimane e pensi, appena posso ci vado. Ehi, non
dovevi andare a Roma per lavoro? Prendi ferie e
parti un giorno prima, a Verona salti giù dal
treno e ne prendi un altro per Vicenza, ti togli
gli ultimi dubbi, torni a Verona in treno a
prenderne un quarto, ti butti sulla cuccetta e
dormi da cane ma di fila, e sei a Roma, ed è
come avere vinto un Van Dyck alla lotteria, devi
fare i conti con gli altri, questo è il bello,
ma c'è tempo, è il quarto centenario della
nascita di Van Dyck e ti restano
trecentocinquantacinque giorni.
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Antoon Van Dyck,« Le tre età dell'uomo».
1625 circa. Vicenza, Museo civico d'arte e storia.
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