C'è Alessandro
Vittoria, artista
di belle maniere
Grandi mostre. Trento si
prepara a celebrare
lo scultore del Cinquecento
Alessandro Dell'Aira
Non è uno di quelli che hanno fatto il Trentino,
però vi è nato e Trento se ne gloria, il suo
posto alfabetico nei repertori delle celebrità
è tra Giacomo Vittone e don Simone Weber.
Alessandro Vittoria scultore, classe 1525, negli
anni sessanta dell'altro secolo doveva dare il
nome alla nuova strada aperta in faccia al duomo
di Trento, la nostra via di Sociologia e dei
postumi del controquaresimale, ma il solito Verdi
gliela soffiò in casa, dalla Bassa padana
spirava il vento dell'Italia unita. Il consiglio
comunale risarcì del maltolto Alessandro
Vittoria nel 1908, terzo centenario della morte,
a questo servono i centenari, e gli intestò una
piazza settecentesca destinata a diventare
carrefour dei servizi urbani operosi, le Poste di
Mazzoni, la Banca d'Italia e la Camera di
Commercio. Si volle anche fargli una statua con
il martello in mano, opera di Edoardo Rubino,
monumento al pastrano più che all'artista di
belle maniere. Anzi bellissime, ha scritto di lui
Giorgio Vasari.
Eppure Alessandro Vittoria frequentava i numeri
uno dell'arte veneziana del Cinquecento,
anzitutto Iacopo Tatti il Sansovino, suo secondo
maestro, e poi Tiziano, Veronese, Palladio,
Iacopo Palma il Giovane - al quale forse procurò
l'affare del dipinto con la presentazione del
Clesio alla Madonna nel duomo di Trento - e
intellettuali di punta come Pietro Aretino. Ebbe
le mani in pasta nella Libreria di San Marco e
nel Palazzo Ducale, ai Frari, a San Zaccaria, e
non solo a Venezia, anche a Padova, Vicenza,
Monselice, Treviso, Verona, Brescia, Ferrara,
Vienna. A Trento invece quasi mai.
Vissuto a Venezia più che altrove, iscrittosi
tardi alla Fraglia degli scultori ma artista
sperimentale di grande autonomia e libertà di
schemi, il Vittoria fu a Trento fino ai suoi
diciott'anni e non vi fece più ritorno eccetto
un breve periodo dopo la morte del padre, nel
1551. E' ritenuto un veneziano, così almeno lo
ha definito il "Times" annunciando la
riscoperta di un suo San Sebastiano di bronzo
alto mezzo metro circa, di una collezione privata
francese e quotato da Cristie's poco meno di due
miliardi e mezzo di lire. Secondo gli specialisti
era un'eternità che un Vittoria non appariva sul
mercato.
L'idea di una grande esposizione su Alessandro
Vittoria e il suo tempo si deve non tanto alla
voglia di rispolverare un'antica gloria quanto
alla volontà di proiettare il Trentino del
Clesio e dei Madruzzo verso la civiltà e l'arte
veneta. Ambientare nel Buonconsiglio un'esposizione
di opere scelte del Vittoria, statue, busti,
medaglie, terrecotte, in un contesto altrettanto
significativo di creazioni di autori di spicco,
equivale a rileggere Trento prima e dopo il
concilio in un ambito alquanto ampio rispetto all'antitesi
e all'asse Roma-Vienna.
La fama artistica di Alessandro Vittoria sarà
indagata e ricomposta con pezzi provenienti da
Berlino, Chicago, Monaco, New York, Vienna e da
varie collezioni nazionali. Spiccherà fra tutti
l'Annunciazione, pala bronzea oggi dell'Art
Institute di Chicago, fusa per i Fugger di
Augsburg, quelli del nostro Palazzo del Diavolo,
gnomi dell'argento e del rame, esattori
privilegiati delle indulgenze.
E' facile supporre che questa esposizione - in
programma dal 25 giugno al 26 settembre - avrà
un successo pari o superiore a quello degli
"Ori delle Alpi", grazie anche al ruolo
di scenario affidato al Castello dei castelli,
alle ricostruzioni di contesto e a numerose
iniziative esterne. Quest'occasione, come l'altra,
servirà a rilanciare l'idea di un Buonconsiglio
da liberare dal fiume di traffico urbano e da
altre pastoie, quelle della burocrazia
improduttiva, che vanno quantomeno alleggerite. E
non è detto che per farlo si debba attendere una
svolta epocale: così come non tutto poggia sulle
spalle degli ardimentosi, non tutto può essere
funzionale agli apparati nel rapporto fra "provinciale"
e "imprenditoriale". Anzi, forse, la
sfida sta nella capacità di resistere agli
strappi. L'apologo del crollo della prima volta
della Libreria del Sansovino esprime il punto di
rottura della tensione fra ornato e apparato,
nelle volte e nelle cupole come nel rapporto fra
cultura e potere. Brunelleschi docet, ma erano
altri tempi, e non certo migliori o peggiori.
Altri tempi. Qui si parla delle belle maniere,
anzi bellissime, di Alessandro Vittoria.
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Alessandro Vittoria, S. Sebastiano.
Venezia, chiesa di S. Francesco
della Vigna
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