CULTURA  
martedì 20 aprile 1999, S. Adalgisa  
   
C'è Alessandro
Vittoria, artista
di belle maniere
Grandi mostre. Trento si prepara a celebrare
lo scultore del Cinquecento

Alessandro Dell'Aira


Non è uno di quelli che hanno fatto il Trentino, però vi è nato e Trento se ne gloria, il suo posto alfabetico nei repertori delle celebrità è tra Giacomo Vittone e don Simone Weber. Alessandro Vittoria scultore, classe 1525, negli anni sessanta dell'altro secolo doveva dare il nome alla nuova strada aperta in faccia al duomo di Trento, la nostra via di Sociologia e dei postumi del controquaresimale, ma il solito Verdi gliela soffiò in casa, dalla Bassa padana spirava il vento dell'Italia unita. Il consiglio comunale risarcì del maltolto Alessandro Vittoria nel 1908, terzo centenario della morte, a questo servono i centenari, e gli intestò una piazza settecentesca destinata a diventare carrefour dei servizi urbani operosi, le Poste di Mazzoni, la Banca d'Italia e la Camera di Commercio. Si volle anche fargli una statua con il martello in mano, opera di Edoardo Rubino, monumento al pastrano più che all'artista di belle maniere. Anzi bellissime, ha scritto di lui Giorgio Vasari.
Eppure Alessandro Vittoria frequentava i numeri uno dell'arte veneziana del Cinquecento, anzitutto Iacopo Tatti il Sansovino, suo secondo maestro, e poi Tiziano, Veronese, Palladio, Iacopo Palma il Giovane - al quale forse procurò l'affare del dipinto con la presentazione del Clesio alla Madonna nel duomo di Trento - e intellettuali di punta come Pietro Aretino. Ebbe le mani in pasta nella Libreria di San Marco e nel Palazzo Ducale, ai Frari, a San Zaccaria, e non solo a Venezia, anche a Padova, Vicenza, Monselice, Treviso, Verona, Brescia, Ferrara, Vienna. A Trento invece quasi mai.
Vissuto a Venezia più che altrove, iscrittosi tardi alla Fraglia degli scultori ma artista sperimentale di grande autonomia e libertà di schemi, il Vittoria fu a Trento fino ai suoi diciott'anni e non vi fece più ritorno eccetto un breve periodo dopo la morte del padre, nel 1551. E' ritenuto un veneziano, così almeno lo ha definito il "Times" annunciando la riscoperta di un suo San Sebastiano di bronzo alto mezzo metro circa, di una collezione privata francese e quotato da Cristie's poco meno di due miliardi e mezzo di lire. Secondo gli specialisti era un'eternità che un Vittoria non appariva sul mercato.
L'idea di una grande esposizione su Alessandro Vittoria e il suo tempo si deve non tanto alla voglia di rispolverare un'antica gloria quanto alla volontà di proiettare il Trentino del Clesio e dei Madruzzo verso la civiltà e l'arte veneta. Ambientare nel Buonconsiglio un'esposizione di opere scelte del Vittoria, statue, busti, medaglie, terrecotte, in un contesto altrettanto significativo di creazioni di autori di spicco, equivale a rileggere Trento prima e dopo il concilio in un ambito alquanto ampio rispetto all'antitesi e all'asse Roma-Vienna.
La fama artistica di Alessandro Vittoria sarà indagata e ricomposta con pezzi provenienti da Berlino, Chicago, Monaco, New York, Vienna e da varie collezioni nazionali. Spiccherà fra tutti l'Annunciazione, pala bronzea oggi dell'Art Institute di Chicago, fusa per i Fugger di Augsburg, quelli del nostro Palazzo del Diavolo, gnomi dell'argento e del rame, esattori privilegiati delle indulgenze.
E' facile supporre che questa esposizione - in programma dal 25 giugno al 26 settembre - avrà un successo pari o superiore a quello degli "Ori delle Alpi", grazie anche al ruolo di scenario affidato al Castello dei castelli, alle ricostruzioni di contesto e a numerose iniziative esterne. Quest'occasione, come l'altra, servirà a rilanciare l'idea di un Buonconsiglio da liberare dal fiume di traffico urbano e da altre pastoie, quelle della burocrazia improduttiva, che vanno quantomeno alleggerite. E non è detto che per farlo si debba attendere una svolta epocale: così come non tutto poggia sulle spalle degli ardimentosi, non tutto può essere funzionale agli apparati nel rapporto fra "provinciale" e "imprenditoriale". Anzi, forse, la sfida sta nella capacità di resistere agli strappi. L'apologo del crollo della prima volta della Libreria del Sansovino esprime il punto di rottura della tensione fra ornato e apparato, nelle volte e nelle cupole come nel rapporto fra cultura e potere. Brunelleschi docet, ma erano altri tempi, e non certo migliori o peggiori. Altri tempi. Qui si parla delle belle maniere, anzi bellissime, di Alessandro Vittoria.





Alessandro Vittoria, S. Sebastiano.
Venezia, chiesa di S. Francesco
della Vigna