CULTURA  
venerdì 14 maggio 1999, S. Mattia, Apostolo  
   
Facciamo presto
il mondo vuole giustizia
Guerra e pace. Si è aperto a Trento il convegno sulla corte penale internazionale

Alessandro Dell'Aira


Si è aperto a Trento il convegno «Lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale: una sfida all'impunità». Se per Roma, nel giugno dell'anno scorso e per circa un mese, è stato importante ospitare i lavori della conferenza diplomatica per l'adozione dello Statuto, si può dire lo stesso di Trento, scenario di questo convegno che si deve al Dipartimento di Scienze Giuridiche della Facoltà di Giurisprudenza, diretto da Diego Quaglioni. Hanno collaborato con lui Mauro Politi e Giuseppe Nesi, il primo consigliere giuridico della rappresentanza italiana all'ONU, ormai da sette anni, il secondo docente di diritto internazionale presso la Facoltà. Ha aperto la prima sessione, dopo l'introduzione di Giovanni Conso, Mauro Politi, che ha parlato di luci (molte) e ombre (poche) dello Statuto. Dopo di lui Adriaan Bos, Presidente del Comitato preparatorio dello Statuto, ha illustrato i lavori dell'organismo che ha diretto a partire dal 1995. A conclusione del pomeriggio l'ambasciatore Philippe Kirsch ha delineato gli scenari futuri. Sono intervenuti anche Mahnoush Arsanjiani, dell'Ufficio legale dell'ONU, che tra l'altro ha letto il messaggio di Kofi Annan; Nabil Elarabi, ex rappresentante egiziano presso l'Assemblea; Hans Peter Kaul, dell'Ufficio legale del Ministero degli esteri tedesco; Elizabeth Wilmshurst, sua omologa del Ministero degli esteri del Regno Unito.
L'idea di una Corte penale internazionale era nata subito dopo le esperienze dei tribunali di Norimberga e di Tokio, chiamati a giudicare nel secondo dopoguerra i crimini dei nazisti tedeschi e giapponesi. Poi, dieci anni fa, Trinidad e Tobago propose un tribunale permanente che affrontasse questioni ordinarie e non solo di emergenza, come è avvenuto in questi ultimi anni per il Ruanda e l'ex Jugoslavia. L'Assemblea Generale accolse la proposta e nel 1995 diede incarico a una Commissione di giuristi di preparare il terreno. Iniziarono così i negoziati tra gli 185 paesi dell'ONU, accompagnati dall'interessamento dell'opinione pubblica mondiale e di molte organizzazioni non governative, come Amnesty International e Human Rights Watch. Nella Conferenza di Roma sono state prefigurate due ipotesi: la prima, un tribunale internazionale"controllato" dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU; la seconda, un tribunale dotato di notevole indipendenza. Il 17 luglio fu votato il documento finale: sette paesi, tra cui Cina, India, Israele, Turchia e USA, non vi si riconobbero; centoventi furono invece i voti positivi e ventuno le astensioni. Ciò significa che i contrari non sarebbero obbligati a collaborare con la Corte ma possono influenzarla attraverso il Consiglio di Sicurezza dell'ONU. Si tenga conto che la Corte penale internazionale non giudica solo i crimini di guerra e gli atti di genocidio, ma anche i crimini contro l'umanità e il loro ripetersi. Ad esempio si oppone all'utilizzo dei bambini nelle forze armate, ma anche allo sfruttamento della prostituzione minorile. Questo è stato uno dei punti positivi sottolineato da Marco Politi. Da parte sua Giovanni Conso, nella sua qualità di Presidente della Conferenza di Roma, ha messo in evidenza un certo rallentamento nelle operazioni successive e ha lanciato un messaggio di speranza e di sprone a politici e diplomatici, ricordando che solo tre paesi (Senegal, Trinidad e Tobago, San Marino) hanno finora firmato lo Statuto, mentre ottantadue lo hanno ratificato. Anche i preliminari sono stati di rilievo: il rettore dell'Università, Massimo Egidi, ha definito di eccezionale portata la Conferenza di Roma, e di grande importanza il Convegno di Trento come momento intermedio nella fase di sviluppo del negoziato. Il presidente della Provincia Dellai ha sottolineato il rilievo civile, oltre che politico e scientifico del convegno. I lavori proseguiranno domani con la seconda e la terza sessione.





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