Facciamo presto
il mondo vuole giustizia
Guerra e pace. Si è aperto
a Trento il convegno sulla corte penale
internazionale
Alessandro Dell'Aira
Si è aperto a Trento il convegno «Lo Statuto di
Roma della Corte Penale Internazionale: una sfida
all'impunità». Se per Roma, nel giugno dell'anno
scorso e per circa un mese, è stato importante
ospitare i lavori della conferenza diplomatica
per l'adozione dello Statuto, si può dire lo
stesso di Trento, scenario di questo convegno che
si deve al Dipartimento di Scienze Giuridiche
della Facoltà di Giurisprudenza, diretto da
Diego Quaglioni. Hanno collaborato con lui Mauro
Politi e Giuseppe Nesi, il primo consigliere
giuridico della rappresentanza italiana all'ONU,
ormai da sette anni, il secondo docente di
diritto internazionale presso la Facoltà. Ha
aperto la prima sessione, dopo l'introduzione di
Giovanni Conso, Mauro Politi, che ha parlato di
luci (molte) e ombre (poche) dello Statuto. Dopo
di lui Adriaan Bos, Presidente del Comitato
preparatorio dello Statuto, ha illustrato i
lavori dell'organismo che ha diretto a partire
dal 1995. A conclusione del pomeriggio l'ambasciatore
Philippe Kirsch ha delineato gli scenari futuri.
Sono intervenuti anche Mahnoush Arsanjiani, dell'Ufficio
legale dell'ONU, che tra l'altro ha letto il
messaggio di Kofi Annan; Nabil Elarabi, ex
rappresentante egiziano presso l'Assemblea; Hans
Peter Kaul, dell'Ufficio legale del Ministero
degli esteri tedesco; Elizabeth Wilmshurst, sua
omologa del Ministero degli esteri del Regno
Unito.
L'idea di una Corte penale internazionale era
nata subito dopo le esperienze dei tribunali di
Norimberga e di Tokio, chiamati a giudicare nel
secondo dopoguerra i crimini dei nazisti tedeschi
e giapponesi. Poi, dieci anni fa, Trinidad e
Tobago propose un tribunale permanente che
affrontasse questioni ordinarie e non solo di
emergenza, come è avvenuto in questi ultimi anni
per il Ruanda e l'ex Jugoslavia. L'Assemblea
Generale accolse la proposta e nel 1995 diede
incarico a una Commissione di giuristi di
preparare il terreno. Iniziarono così i
negoziati tra gli 185 paesi dell'ONU,
accompagnati dall'interessamento dell'opinione
pubblica mondiale e di molte organizzazioni non
governative, come Amnesty International e Human
Rights Watch. Nella Conferenza di Roma sono state
prefigurate due ipotesi: la prima, un tribunale
internazionale"controllato" dal
Consiglio di Sicurezza dell'ONU; la seconda, un
tribunale dotato di notevole indipendenza. Il 17
luglio fu votato il documento finale: sette paesi,
tra cui Cina, India, Israele, Turchia e USA, non
vi si riconobbero; centoventi furono invece i
voti positivi e ventuno le astensioni. Ciò
significa che i contrari non sarebbero obbligati
a collaborare con la Corte ma possono
influenzarla attraverso il Consiglio di Sicurezza
dell'ONU. Si tenga conto che la Corte penale
internazionale non giudica solo i crimini di
guerra e gli atti di genocidio, ma anche i
crimini contro l'umanità e il loro ripetersi. Ad
esempio si oppone all'utilizzo dei bambini nelle
forze armate, ma anche allo sfruttamento della
prostituzione minorile. Questo è stato uno dei
punti positivi sottolineato da Marco Politi. Da
parte sua Giovanni Conso, nella sua qualità di
Presidente della Conferenza di Roma, ha messo in
evidenza un certo rallentamento nelle operazioni
successive e ha lanciato un messaggio di speranza
e di sprone a politici e diplomatici, ricordando
che solo tre paesi (Senegal, Trinidad e Tobago,
San Marino) hanno finora firmato lo Statuto,
mentre ottantadue lo hanno ratificato. Anche i
preliminari sono stati di rilievo: il rettore
dell'Università, Massimo Egidi, ha definito di
eccezionale portata la Conferenza di Roma, e di
grande importanza il Convegno di Trento come
momento intermedio nella fase di sviluppo del
negoziato. Il presidente della Provincia Dellai
ha sottolineato il rilievo civile, oltre che
politico e scientifico del convegno. I lavori
proseguiranno domani con la seconda e la terza
sessione.
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