Così T 82 sfida l'impunità
La formula di Francesco
Paolo Fulci contro i crimini
Chiuso il meeting di Trento sulla Corte Penale
internazionale
di Alessandro Dell'Aira
T 82 è una formula semplice. L'ha
pronunciata ieri Francesco Paolo Fulci,
rappresentante permanente dell'Italia al Palazzo
di Vetro di New York, a conclusione del meeting
sullo Statuto della Corte Penale Internazionale.
T come Trattato, ma anche T come Trento, che
suona meglio di Trattato. T 82, quanti sono i
paesi che hanno firmato lo Statuto di Roma.
Settantanove di essi devono ancora ratificarlo e
occorre arrivare a sessanta quanto primal.
T 82, come formula, non è agile come G 8. Fa
venire in mente il motore di una di quelle
macchine italiane che correvano le Mille miglia,
da Brescia a Brescia, e all'occorrenza si
avviavano ancora a manovella. Per ora è T 3, ma
Fulci ha già messo in moto la macchina: l'Italia
ha avanzato la sua candidatura a membro a
rotazione del Consiglio di Sicurezza delle
Nazioni Unite per il biennio 2000-2001. Contro
cinque membri permanenti - Cina, Francia, Regno
Unito, USA, Russia - i membri elettivi sono
attualmente dieci e si tende a portarli a sedici.
L'Italia ha già fatto parte del Consiglio di
Sicurezza nel 1995-96 e in quell'occasione
Francesco Paolo Fulci, per la prima volta, da
Presidente aprì le porte alle Organizzazioni non
governative. Questo gesto la dice lunga sul suo
spirito di iniziativa e sul suo modo di intendere
i termini del dibattito mondiale sull'umanitarismo
e in genere sui diritti di terza generazione.
L'ostacolo più grosso alla sottoscrizione
massiccia dello Statuto, ha affermato Fulci più
volte, è la gelosia dei paesi sovrani, che
difendono in primo luogo la propria giurisdizione
penale, e in seconda battuta i servizi segreti.
Il momento è propizio e occorre sfruttarlo: se
si perde il ritmo c'è il rischio che il processo
si areni. La missione italiana ha un'esperienza
consolidata in questo tipo di situazioni, che
richiedono un'azione decisa di pressione sui
governi e sull'opinione pubblica. Ecco perché
Fulci ha proposto la formula T 82 a conclusione
del meeting di Trento. E nel farlo ha lanciato un
messaggio a Richard Dicker, esponente di Human
Rights Watch, presente in sala. Edulcorando in un
certo senso la metafora pessimista di Pierre
Sané, direttore di Amnesty International che ha
definito lo Statuto di Roma "un bambino nato
zoppo", Dicker preferisce usare l'immagine
di un treno in marcia, che non si sa in quale
stazione giungerà. Ci sono stazioni e stazioni,
ha commentato Theodor Meron della New York
University School, durante la tavola rotonda, e
chissà perché ha nominato la stazioncina
provenzale di Brignoles, che qualche cosa vorrà
pur dire per lui, magari di insignificante ma di
preciso anche se non l'ha detto. Dipende dal
vissuto: lui ha detto Brignoles e a noi è venuto
in mente un treno francese che una volta ci
riportò in Italia da Brignoles con la moto
ridotta a un catorcio dopo una gran botta.
T 82. Dalla cultura dell'impunità a quella della
responsabilità. Detto così è un passaggio da
niente, ma è una lunga marcia. Non è la prima
né l'ultima volta che si è partiti in pochi e
si arriverà in molti: lo ha ricordato ieri, in
apertura di sessione, Tullio Treves, docente a
Milano ma anche Giudice del Tribunale
Internazionale del diritto del mare, i cui
firmatari sono passati da sessanta a cento, e
quindi a centotrenta. Fra dettagli e differenze,
Treves ha sottolineato il rapporto complesso,
talora difficile, con le Nazioni Unite, anche per
gli aspetti finanziari che sembrano di scarso
peso e invece condizionano l'operato dei
Tribunali internazionali; per quanto, ha fatto
intendere Treves, delle spese belliche in genere
ci si lamenti meno. Ben vengano dunque anche i
soldi dei privati, a condizione che alla Corte
sia lasciato il massimo di indipendenza.
Casi imbarazzanti come quelli di Pinochet, o
altamente drammatici come il Kosovo, potrebbero
favorire come nuocere all'adesione degli Stati
alla Corte penale internazionale: un tasto
toccato ieri da molti e con accenti diversi. E'
stato un giorno di bilanci, di carte scoperte, di
scenari delineati, di prospettive, di fronte a un
uditorio attento e numeroso, con gli studiosi e i
grossi personaggi mischiati agli studenti
universitari e al pubblico non specializzato. Non
si poteva non parlare del Cermis, e infatti se n'è
parlato, in qualche caso anche con toni decisi. E
non solo per i War crimes, anche per i War games
e per la grande truffa del mancato risarcimento
alle vittime.
Questo è stato il meeting di Trento. Uno
scenario civile ed esplicito di confronto tra
posizioni, un mix di livelli comunicativi e di
registri espressivi che Fulci ha chiuso con un
invito all'azione urgente, e non solo con un
messaggio di speranza. Le gelosie dei paesi sono
più dure da vincere della gelosia individuale.
Il Premio Nobel Walesa, ad esempio, sottolinea
spesso che dopo la sconfitta delle grandi utopie
la storia è un libro bianco, e che dipende da
noi cosa scriverci. Saranno ridefiniti, secondo
Walesa, i concetti di sovranità e indipendenza -
in verità logori già da tempo - visto che non
è possibile isolare un paese con le nuove
tecnologie avanzate. Dopo il bombardamento del
palazzo della televisione di Belgrado queste
previsioni suonano quasi beffarde, ma non è da
questo che dobbiamo farci scoraggiare. Rinunciare
alla via legale alla pace, come ha affermato
ciascuno dalle proprie legittime posizioni, dalla
battagliera Béatrice Le Fraper du Hellen, dell'Ufficio
legale del Ministero degli esteri francese, al
flemmatico ed efficace ambasciatore Philippe
Kirsch, Chairman della Conferenza di Roma,
significa arrendersi, ancora una volta, di fronte
all'impresa di conciliare un passo alla volta la
giustizia con la pace.
E' un obiettivo che da parte italiana si pone
soprattutto Francesco Paolo Fulci, il quale, tra
l'altro, è uno dei membri del Comitato espresso
dai 191 paesi che hanno firmato la Convenzione
sui Diritti dell'Infanzia.
La sfida all'impunità di chi compie atti che
offendono la coscienza è una via che porterà,
prima o poi, ad arginare e se possibile a
prevenire i crimini contro l'umanità.
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L'ambasciatore
Francesco Paolo Fulci.
Sotto, una celebre immagine
anti violenza
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