LE LETTERE  
mercoledì 21 luglio 1999, S. Lorenzo da Brindisi  
   
La lingua di Dante e Boccaccio
in vendita negli ipermercati

Alessandro Dell'Aira

Una bustina con un po' di Dante Alighieri in polvere, andata persa nel 1929 agli Uffizi, è stata appena rinvenuta fra i libri di uno scaffale della Biblioteca Nazionale di Firenze. Una falange di Francesco Petrarca, custodita nella Biblioteca Civica Tartarotti di Rovereto, è tornata alla luce da poco. Di Giovanni Boccaccio manca la lingua, siamo certi che la troveranno. Nato a Parigi o no, ne aveva una come tutti i certaldesi e la usò con più arte degli altri. Alla sua morte gli invidiosi potrebbero avergliela strappata per interrarla in un vaso di basilico, come la testa del boy di Lisabetta da Messina. Un po' di pazienza, salterà fuori.
Il nuovo umanesimo non si interessa nè ai codici nè agli incunaboli, tutti classificati e in buona parte digitalizzati. Promuove il recupero e il consumo delle glorie odierne, moderne, passate e trapassate; i miti urbani, le leggende metropolitane, l'edificazione delle aree culturali, la lottizzazione del tempo libero. E' per la diversità nella clonazione, dunque ha bisogno di modelli perfetti. Una volta che si è fatto il monumento, il sepolcro, il libro, il film, una volta che si scritto il saggettino, che si è carpita l'ombra dell'ombra dell'idea, che si è fatto il back up delle copie binarie delle pergamene e dei fogli di carta, manoscritti o stampati, una volta che si è finito di stipare il caos delle opere di tutti i luoghi e di tutti i tempi nei database, una volta che si è studiato dal vero e dal falso l'autore, il pubblico, il lettore, il copista, lo stampatore, il legatore, l'editore, il distributore, il libraio del nuovo e dell'usato, il critico, il bibliotecario, ultimi vennero i residui dei corpi dei poeti e degli scienziati. Di Federico II si è indagato il Dna. Il cervello di Einstein è stato fatto in più brani e servito sotto spirito in più luoghi del mondo accademico. Un testamento generoso a nostro favore, cosa comanda signor Premio Nobel, di più distributivo c'è solo la rete ubiqua delle reti locali.
La tendenza va capita. Non riguarda gli antropologi ma gli epistemologi. Non c'è superstizione, non c'è feticismo. Chi erano Federico II, Einstein, Dante, Petrarca, Boccaccio, lo sappiamo. Ora vogliamo sapere com'erano fatti. Dobbiamo saperlo, altrimenti non potremo clonarli. Lasciamo perdere i primi due, roba da ghibellini e da zucconi inguaribili. Lasciamo perdere anche le cantiche, le canzoni e le novelle degli altri tre, già clonate da chi si precipitò a stamparle con i caratteri mobili appena inventati. E il pubblico? Anche quello è clonato, lo si clona ogni giorno, nei gusti e nei giudizi. Niente paura, resta l'autore. Cominciamo da Dante, come ci hanno insegnato a scuola, non dalle pecore o dai topi. Diamoci un metodo e un obiettivo. Delle sue polveri guelfe saremo grandi consumatori. Potremo ricorrervi all'infinito, per tutti gli usi possibili: politici, poetici, letterari, comunicativi, esoterici. Ci basterà tenere la bustina in tasca e attingere ogni tanto. La falange di Francesco Petrarca, una volta clonata, sarà più utile del Petrarchino, il rimario dei poeti di maniera. Potremo usarla come joystick al posto del mouse. E la lingua di Boccaccio? Potremo acquistarla negli ipermercati: non sarà un bene da collezionisti ma in compenso ci renderà tutti facondi, e cioè capaci di usare a dovere la bella parola ornata che seduce e che vende. Una vita di slogan, mai più senza parole con la lingua di Boccaccio. Che sballo, ci si consenta.