Clemente Rebora. La "sua"
Rovereto incontra il libro sulle Prose
Alessandro Dell'Aira
Da molti anni nel Trentino, soprattutto a
Rovereto, ci s'incontra, si discute e si scrive
su Clemente Rebora, una delle figure più
originali e di maggior fascino del nostro
Novecento. La ricerca coinvolge studiosi italiani
di prestigio e si nutre di storia locale e d'affetto,
poiché a Rovereto don Clemente trascorse sette
anni pieni, dal '45 al '52, e fu noto e stimato
come "il prete santo". Milanese,
insegnante di formazione laica, intellettuale
vociano, dopo la grande guerra entrò in crisi,
nel '29 si convertì al cattolicesimo e scelse il
sacerdozio nel '36, oscurando volutamente il
proprio astro. Ma non per sempre: lo riaccese in
limine mortis, come ha ricordato Enrico
Grandesso in un suo saggio di qualche anno fa.
Gli studi reboriani hanno ripreso vigore nell' '85,
centenario della nascita. Concluse le
celebrazioni di rito, nell' '88 Garzanti
pubblicava la prima edizione delle Poesie,
ampliata poi alle prose e a parte dell'epistolario.
Nel '91, sempre a Rovereto, si è tenuto un
convegno internazionale, animato dal compianto
Oreste Macrì.
Dopo otto anni è il turno oggi di Marsilio, che
il prossimo 15 ottobre, nella cornice di Casa
Rosmini, sotto l'egida dell'Assessorato Comunale
alla Cultura e dell'Accademia degli Agiati,
presenterà il primo dei "Nuovi Quaderni
Reboriani", con il commento di Gualtiero De
Santi e di Enrico Grandesso, curatori del volume.
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Una rara
immagine di Clemente Rebora qui
in compagnia del fratello Piero
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Nel maggio '98, nello stesso scenario della Casa
Rosmini, si era tenuto un incontro di studio,
minore rispetto al convegno del '91 ma ugualmente
ricco di spunti, dedicato alle prose di Rebora e
all'epistolario. Il lavoro di quei due giorni è
riassunto in questo nuovo anello della catena:
"Le prose di Clemente Rebora". Pietro
Gibellini vi introduce e presenta una linea di
indagine che altri studiosi, ciascuno nel proprio
settore - Loi, Finotti, Dalla Torre, Piersanti,
Valli, Casna, Valle, Menestrina, oltre ai due
curatori, De Santi e Grandesso - sviluppano fino
a comporre un affresco dedicato al Rebora dal
"fare" creativo e innovatore, al Rebora
opinionista della "Voce", all'insegnante
negli istituti regi e nelle scuole serali del
Comune (notevole l'immagine della "vita che
va a scuola e viceversa"), al prosatore
dallo stile carico di sperimentalismi, al
traduttore creativo dal russo (Gogol) e dall'inglese,
alle sue letture e riletture mazziniane e
rosminiane.
Toccherà in breve, come si annuncia nella
presentazione, al saggio reboriano su Leopardi, e
soprattutto all'Epistolario, sul quale, inediti
compresi, è già al lavoro un gruppo di
ricercatori presso l'Istituto di Scienze
Religiose di Trento. Questa edizione delle "Prose",
inappuntabile anche dal punto di vista grafico,
è arricchita in copertina dalla riproduzione di
un'opera di Umberto Mastroianni, "Linee di
tensione: per Rebora", del '91, anno del
grande convegno di Rovereto. Il dipinto all'avventura
di un uomo rinato alla poesia in limine
mortis.
La vita di Rebora è come un romanzo, annota
Gianni Menestrina nelle battute conclusive del
suo contributo "Per l'edizione critica dell'epistolario".
Un romanzo non filtrato, costellato di lettere,
alcune frettolose, altre ricercate, alcune
foriere di progetti, altre ancora pervase di una
spiritualità quasi magmatica, sul punto di
traboccare da ogni segno d'inchiostro, da ogni
ripensamento, perfino dallo scatolone di cartone
in cui si sa che le lettere furono recapitate a
suor Margherita Marchione, la prima curatrice. Un
materiale fascinoso, da cui, come spesso accade,
si ricavano elementi preziosi per decrittare a
posteriori più di un risvolto di un'identità
profonda; in questo caso, con alcuni vuoti da
attribuire all'ignaro saccheggio di uno strascé,
l'ambulante milanese che nel 1930, assecondato
dall'impassibile, silenziosa presenza dello
stesso Rebora, si portò in strada un carico di
carte che erano state ammonticchiate alla meglio
sul pavimento della cucina da chi le aveva
scritte, archiviate e rimescolate chissà quante
volte. Qualcosa di simile si verificò nuovamente
una quindicina d'anni dopo a Domodossola, subito
dopo la guerra, ma all'insaputa di don Clemente,
il quale a quanto sembra questa volta se ne
dispiacque assai. Un appuntamento da non perdere,
dunque, quello di venerdì 15 ottobre a Casa
Rosmini a Rovereto. Da "buoni ragazzi"
o da "briganti", secondo quella
sommaria classificazione del prossimo elaborata
dall'irruente Prezzolini, più incline a
rapportarsi ai secondi che a tollerare i primi, e
precursore in questo di un misurato elogio
rivolto a Franti da Umberto Eco. Quel Prezzolini
vociano, cui Rebora, nel 1913, con irruenza più
contenuta e tra le righe autoironica, ribatteva
collocando se stesso nella categoria, non
contemplata dal suo interlocutore, dei lucidi
inconcludenti.
"Le prose di Clemente Rebora", a cura
di Gualtiero De Santi ed Enrico Grandesso. Nuovi
Quaderni Reboriani. Marsilio, Venezia 1999,
pagine 152, lire 32 mila.
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