CULTURA  
domenica 10 ottobre 1999, S. Daniele  
   
Clemente Rebora. La "sua" Rovereto incontra il libro sulle Prose

Alessandro Dell'Aira

Da molti anni nel Trentino, soprattutto a Rovereto, ci s'incontra, si discute e si scrive su Clemente Rebora, una delle figure più originali e di maggior fascino del nostro Novecento. La ricerca coinvolge studiosi italiani di prestigio e si nutre di storia locale e d'affetto, poiché a Rovereto don Clemente trascorse sette anni pieni, dal '45 al '52, e fu noto e stimato come "il prete santo". Milanese, insegnante di formazione laica, intellettuale vociano, dopo la grande guerra entrò in crisi, nel '29 si convertì al cattolicesimo e scelse il sacerdozio nel '36, oscurando volutamente il proprio astro. Ma non per sempre: lo riaccese in limine mortis, come ha ricordato Enrico Grandesso in un suo saggio di qualche anno fa.
Gli studi reboriani hanno ripreso vigore nell' '85, centenario della nascita. Concluse le celebrazioni di rito, nell' '88 Garzanti pubblicava la prima edizione delle Poesie, ampliata poi alle prose e a parte dell'epistolario. Nel '91, sempre a Rovereto, si è tenuto un convegno internazionale, animato dal compianto Oreste Macrì.
Dopo otto anni è il turno oggi di Marsilio, che il prossimo 15 ottobre, nella cornice di Casa Rosmini, sotto l'egida dell'Assessorato Comunale alla Cultura e dell'Accademia degli Agiati, presenterà il primo dei "Nuovi Quaderni Reboriani", con il commento di Gualtiero De Santi e di Enrico Grandesso, curatori del volume.


 
 

Una rara immagine di Clemente Rebora qui in compagnia del fratello Piero

 


Nel maggio '98, nello stesso scenario della Casa Rosmini, si era tenuto un incontro di studio, minore rispetto al convegno del '91 ma ugualmente ricco di spunti, dedicato alle prose di Rebora e all'epistolario. Il lavoro di quei due giorni è riassunto in questo nuovo anello della catena: "Le prose di Clemente Rebora". Pietro Gibellini vi introduce e presenta una linea di indagine che altri studiosi, ciascuno nel proprio settore - Loi, Finotti, Dalla Torre, Piersanti, Valli, Casna, Valle, Menestrina, oltre ai due curatori, De Santi e Grandesso - sviluppano fino a comporre un affresco dedicato al Rebora dal "fare" creativo e innovatore, al Rebora opinionista della "Voce", all'insegnante negli istituti regi e nelle scuole serali del Comune (notevole l'immagine della "vita che va a scuola e viceversa"), al prosatore dallo stile carico di sperimentalismi, al traduttore creativo dal russo (Gogol) e dall'inglese, alle sue letture e riletture mazziniane e rosminiane.
Toccherà in breve, come si annuncia nella presentazione, al saggio reboriano su Leopardi, e soprattutto all'Epistolario, sul quale, inediti compresi, è già al lavoro un gruppo di ricercatori presso l'Istituto di Scienze Religiose di Trento. Questa edizione delle "Prose", inappuntabile anche dal punto di vista grafico, è arricchita in copertina dalla riproduzione di un'opera di Umberto Mastroianni, "Linee di tensione: per Rebora", del '91, anno del grande convegno di Rovereto. Il dipinto all'avventura di un uomo rinato alla poesia in limine mortis.
La vita di Rebora è come un romanzo, annota Gianni Menestrina nelle battute conclusive del suo contributo "Per l'edizione critica dell'epistolario". Un romanzo non filtrato, costellato di lettere, alcune frettolose, altre ricercate, alcune foriere di progetti, altre ancora pervase di una spiritualità quasi magmatica, sul punto di traboccare da ogni segno d'inchiostro, da ogni ripensamento, perfino dallo scatolone di cartone in cui si sa che le lettere furono recapitate a suor Margherita Marchione, la prima curatrice. Un materiale fascinoso, da cui, come spesso accade, si ricavano elementi preziosi per decrittare a posteriori più di un risvolto di un'identità profonda; in questo caso, con alcuni vuoti da attribuire all'ignaro saccheggio di uno strascé, l'ambulante milanese che nel 1930, assecondato dall'impassibile, silenziosa presenza dello stesso Rebora, si portò in strada un carico di carte che erano state ammonticchiate alla meglio sul pavimento della cucina da chi le aveva scritte, archiviate e rimescolate chissà quante volte. Qualcosa di simile si verificò nuovamente una quindicina d'anni dopo a Domodossola, subito dopo la guerra, ma all'insaputa di don Clemente, il quale a quanto sembra questa volta se ne dispiacque assai. Un appuntamento da non perdere, dunque, quello di venerdì 15 ottobre a Casa Rosmini a Rovereto. Da "buoni ragazzi" o da "briganti", secondo quella sommaria classificazione del prossimo elaborata dall'irruente Prezzolini, più incline a rapportarsi ai secondi che a tollerare i primi, e precursore in questo di un misurato elogio rivolto a Franti da Umberto Eco. Quel Prezzolini vociano, cui Rebora, nel 1913, con irruenza più contenuta e tra le righe autoironica, ribatteva collocando se stesso nella categoria, non contemplata dal suo interlocutore, dei lucidi inconcludenti.
"Le prose di Clemente Rebora", a cura di Gualtiero De Santi ed Enrico Grandesso. Nuovi Quaderni Reboriani. Marsilio, Venezia 1999, pagine 152, lire 32 mila.