Il primo nero dichiarato santo con regolare
processo canonico, uno dei santi più popolari
tra gli afro latinoamericani da Cuba al Brasile,
questo fraticello che fa pensare al peruviano
Martino di Porres è da più di tre secoli un
obliato patrono di Palermo (il suo giorno è il 4
aprile). Adesso la locale amministrazione lo sta
riscoprendo. Ma c'è chi avanza delle riserve sul
senso dell'operazione.Nel 1947 a
New York, in anticipo di un anno sulla
Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo ,
Ralph Ellison pubblica Uomo invisibile e
descrive il dramma dei neri d'America attraverso
la propria condizione: «Tiri avanti per anni
sapendo che qualcosa non va, e poi scopri
all'improvviso di essere trasparente come l'aria.
Dapprima ti dici che è tutto un lurido scherzo,
o che ciò è dovuto alla "situazione
politica". Ma nell'intimo vieni a sospettare
di esser tu stesso il colpevole...».
Se un uomo può essere trasparente, che dire
di un santo? Benedetto di San Fratello, in
Sicilia detto "il Moro", è il primo
nero che, nel 1807, la chiesa di Roma canonizza
(dopo la beatificazione nel 1743). Testimone
indiretto di molti eventi chiave del Cinquecento
mediterraneo, amico personale di tre viceré
spagnoli, è rimasto invisibile anche per uno
storico attento come Fernand Braudel, sebbene la
sua fama presso i neri americani, specie nel sud
del continente e soprattutto in Brasile, risalga
ai primi anni del secolo XVII.
A più di quattro secoli dalla morte,
Benedetto è tornato a manifestarsi nel luogo
d'Europa in cui c'era meno da attendersi la sua
"riscoperta": la città di cui è
coprotettore (con santa Rosalia) dal 1652 per
volere del Senato. La sua vicenda di patrono revenant
è già stata annunciata da Nigrizia ("Il
patrono ritrovato", 7-8/98, pag. 64).
Ritorniamo sul tema ora che lui - presente da
sempre nel suo paese natale e nella borgata
urbana dov'è morto e sepolto - sta recuperando a
Palermo la sua piena visibilità di santo.
"Schiavo" della Madonna del
Rosario
Benedetto è nipote di africani subsahariani,
forse yoruba (benché sia conosciuto anche come
"l'Etiope"), immessi dai portoghesi sul
mercato degli schiavi o acquistati nel Nord
Africa (solo il test del Dna potrà identificarne
il ceppo etnico, come si sta tentando di fare per
l'imperatore Federico II). Suo padre Cristoforo
è schiavo di Vincenzo Manasseri di San Fratello,
che poi lo affranca e lo adotta impiegandolo come
massaro. Sua madre Diana, già schiava dei
Larcan, è una donna libera. I due, molto devoti
alla Vergine, probabilmente se la rappresentano
con le sembianze di una Madonna del Latte di
marmo bianchissimo, opera di Antonello Gagini
(fine '400), tuttora venerata in una chiesa del
paese. Recitano così bene il rosario da essere
in grado di istruire i compaesani. Quest'ultimo
dettaglio si desume dal Paradiso Serafico del
fertilissimo Regno di Sicilia , una cronaca
francescana del Seicento che narra con dovizia di
particolari la vita del santo nero.
A circa vent'anni, nel 1545, Benedetto conosce
Girolamo Lanza, eremita di nobili origini, e lo
segue in vari luoghi di Sicilia. Proprio in
quell'anno si apre il famoso concilio tridentino,
che promette novità anche sulle regole della
vita monastica. La fama del Lanza eremita e
formatore di eremiti è nota e presente alla
Santa Sede, Girolamo stesso è molto interessato
a quel concilio ma per varie ragioni uscirà di
scena ben presto.
Nella primavera del 1562, sollecitato dalla
volontà di Pio IV che gli eremiti si aggreghino
a una comunità, Benedetto lascia il monte
Pellegrino e scende a Palermo. Bussa al convento
dei frati minori osservanti di Santa Maria di
Gesù, fondato nel 1221 (dice la leggenda) dal
naufrago Antonio da Lisbona, dottore di Coimbra
proveniente dal Marocco, frate minore di san
Francesco d'Assisi e futura gloria di Padova. Vi
è accolto ma non vi prende i voti, chissà se
gli verrà più proposto di prenderli, fatto sta
che non li prenderà mai.
Inviato in altre case della provincia, rientra
a Santa Maria di Gesù con la nomea di frate
guaritore. Diviene popolare presso tutti gli
strati sociali di Palermo. Amministra la cucina,
è analfabeta ma istruisce i novizi. Nel 1578,
eletto guardiano e vicario del convento, inizia a
riformarlo. La sua fama cresce, passa il mare e
giunge a Madrid. Si interessano a lui anche i
portoghesi: Filippo II, che ne ha conquistato il
paese nel 1580, nel 1583 ne acquisisce anche la
corona che sarà degli Asburgo di Spagna fino al
1640.
In quegli anni un misterioso visitatore dalla
pelle olivastra lo viene a cercare a Palermo e si
commuove nel trovarlo in vita, quasi temesse (o
pensasse) di trovarlo già morto. Quando muore
davvero, nel 1589, la sua fama di nero santo
genera la leggenda del santo nero, che si propaga
grazie anche ai mercanti e ai capitani di mare,
corrieri dei frati del regno di Spagna e
Portogallo. Lope de Vega - il grande e prolifico
drammaturgo del Seicento spagnolo, e terziario
francescano - gli dedica una commedia. La corte
di Madrid, sollecitata dall'ordine francescano e
con il tacito assenso di parte delle gerarchie
ecclesiastiche, ne fa un santo della terra per
gli schiavi neri e ne sollecita la
beatificazione. Questo culto
"imperfetto" si diffonde nelle Americhe
e soprattutto in Brasile, dove Benedetto entra a
far parte della famiglia dei "santi
neri" raccolti intorno alla Madonna (bianca)
del Rosario: Ifigênia, Elisbão, Antonio de
Categeró (un altro nero di Sicilia), il re magio
Baltasar, immagini tuttora veneratissime a
Salvador da Bahia nella chiesa della Madonna del
Rosario dei neri.
La posizione dei francescani era quasi di
sfida nei confronti di chi, pur favorevole alla
tutela dei precolombiani disposti a convertirsi,
dubitava che i neri dell'Africa avessero
un'anima: essi volevano subito un "santo
schiavo" della Madonna del Rosario, lo
volevano anche in paradiso e si batterono con
tutte le loro forze per mandarcelo.
Ma la devozione a Benedetto è soprattutto un
processo culturale spontaneo che si riscontra nei
luoghi europei e americani di maggiore
concentrazione di africani deportati, dove talora
- ad esempio a Lisbona, Madrid, Cadice, Oporto,
Coimbra, e forse anche a Palermo e Messina -
nascono le prime confraternite di schiavi devoti
al Rosario promosse dai bianchi. La fama di
Benedetto aleggia anche nei porti da cui si salpa
per le Americhe, o in cui c'è forte commercio di
schiavi: Trapani, Genova, Napoli, Cagliari,
Puerto de Santa María, Valencia, Malaga.
Lì, per ragioni evidenti, Benedetto è
associato a Palermo più che al paese di San
Filadelfo, ridenominato San Fratello più tardi.
Da qui il suo nome di San Benito de Palermo nelle
colonie americane del regno di Spagna, e di São
Benedito (senza toponimo) nelle province del
Brasile. I portoghesi in genere lo presentano ai
neri come un africano dell'Africa: le scarse
reminiscenze brasiliane delle sue vere origini
risalgono a tempi piuttosto recenti. Diverso è
il caso delle tracce di sincretismo con un orixá
(Ossain, secondo Pierre Fatumbi Verger) o un vodun
(Avrekete, secondo Luis Nicolau): una cosa è
il sincretismo promosso nei secoli dai missionari
attraverso la devozione e l'iconografia (il
rosario e gli attributi delle statue), altra cosa
è il fiorire delle varianti spontanee nella
tradizione orale (cattolica e afrobrasiliana).
Santo nostro, santo dei neri
Dal 10 al 12 dicembre 1998 ha avuto luogo a
Palermo il secondo convegno di studi su Benedetto
il Moro (www.comune.palermo.it/santo/). Il primo
risale all'aprile del 1990 (seguiva a ruota la
celebrazione del quarto centenario della morte):
un convegno invisibile, di cui non si è mai
saputo nulla.
Gli atti del secondo, che ha riunito storici e
antropologi specializzati di varia estrazione e
provenienza, usciranno presto. Proseguono intanto
le ricerche sui processi di beatificazione, sulla
"via legale alla santità", sulla
devozione, sull'iconografia, sui ritmi storici
degli scambi, sugli aspetti sincretici, letterari
e teatrali. Sì, perché la saga del santo nero
comprende anche un ciclo di commedie spagnole del
Siglo de Oro , curiosamente ancora invisibili
e assenti dalle scene (qualcosa è stato
rappresentato a Palermo negli ultimi tempi, ma si
tratta di pièce in parte ispirate alla
divertente commedia di Lope de Vega El santo
negro Rosambuco de la ciudad de Palermo ,
rilevante anche come documento storico, edita a
Palermo nel 1995 con il corredo di un corposo
commento).
Qual è dunque il carattere dominante di
questa devozione? E di chi è il santo patrono
revenant ? Di Palermo, di San Fratello o di
quanti ne hanno finora custodito e alimentato la
devozione nei secoli, identificandosi in lui,
canonizzandolo dal basso molto prima che la
chiesa di Roma si decidesse a canonizzarlo per
decreto? Non è facile rispondere. Sant'Antonio
da Padova si conosce e si venera in Portogallo
come sant'Antonio da Lisbona: gli affreschi
goyeschi di San Antonio de la Florida a Madrid
celebrano un suo famoso miracolo dell'ubiquità e
dunque il policentrismo di quella devozione.
Nel convegno non si è affrontato il tema
esplicitamente, ma la questione dell'appartenenza
del santo nero non è stata estranea al fluire
degli interventi. Una cosa però è certa: le
dispute sui patroni cittadini e paesani non fanno
parte della microstoria contemporanea, né
dell'immaginario collettivo dei devoti del secolo
breve. Non ha senso oggi promuovere la nascita o
la rinascita di un santo patrono in un contesto
metropolitano e multietnico ricorrendo alla
comunicazione di massa (fatto salvo il cinema di
qualità) come una volta si faceva con le arti
liberali, attivando cioè la fabbrica del
consenso al fine di indurre modelli cultuali come
modelli di consumo. La devozione moderna ai santi
patroni non pare assimilabile a quella tributata
agli eroi fondatori delle antiche città della
Magna Grecia, né a quella di massa tributata
alle superstar delle leggende metropolitane. Non
occorre scomodare Guy Debord, il feroce critico
della Società dello spettacolo , basta
rileggere don Milani.
Devozione locale e globale
La forza della devozione al santo nero
consiste nel suo essere policentrica più che
incentrata, polimodale più che monolitica.
L'informazione globale, che ha contribuito a
ridisegnarne la mappa, rischia ora di inquinarla,
di renderla omologata, ipertrofica.
Sicché il modo più onesto, più rispettoso
di esplorarla - a margine delle grandi campagne
finanziate con fondi pubblici -, ci sembra
l'osservazione antropologica. È forse il caso di
proporre ai portatori di altre devozioni la
discreta "scoperta" di San Fratello,
luogo natale di Benedetto, e della città dove
l'ex eremita visse in convento e morì da santo.
Altri messaggi, come la necessità di salvare
Palermo con il santo nero, o di espiare e gioire
per la sua "riscoperta", risultano di
difficile comprensione in Sicilia, figuriamoci
altrove. L'originalità del culto sta nella sua
scarsa definizione, nella distanza tra i centri
devozionali. Ed è proprio la distanza che ci
induce a riflettere su un punto di vista
importante, da rileggere alla luce della cultura
universale della tolleranza: «Che gli uomini
sono differenti e che tutta la vita è divisa e
che soltanto nella divisione vi è vera
salvezza». Parola di Ralph Ellison, la quercia
nera invisibile di Oklahoma City.
Alessandro Dell'Aira