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Così cambia
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con le nuove tecnologie
di comunicazione



SCIENZA & PEDAGOGIA
Da un seminario
a Trento
un volume che apre
nuove strade






 



di Alessandro Dell'Aira


COMUNICARE NELLA CONTAMINAZIONE: il volume "Identità e contaminazione. Aspetti del linguaggio e nuove forme di comunicazione in educazione", recentemente pubblicato da Armando, raccoglie in parte gli scritti degli intervenuti a un seminario organizzato a Trento l'altr'anno dall'Osservatorio sulla didattica della facoltà di lettere trentina, nato per iniziativa di Franco Bertoldi. Il curatore è Aldo Nardi, docente a contratto del corso di Psicopedagogia del linguaggio, che nella presentazione chiarisce lo scopo dell'incontro: analizzare come evolve il linguaggio della scuola dopo l'avvento dei computer. Il linguaggio della scuola cablata subentrata alla scuola della tv e del ciclostile, così come la scuola delle biro era subentrata alla scuola grembialona e col fiocco.

Uno degli interventi più coloriti è quello di Marco Dallari, titolare della cattedra di pedagogia generale presso la facoltà trentina e docente a Rovereto presso la SSIS (la scuola di specializzazione all'insegnamento secondario). Dallari racconta con trasporto una storia raccontata da altri e che merita di essere raccontata qui. La storia è questa. C'era una volta un ragazzo nomade di diciassette anni rimasto orfano che si era stancato di vivere con i genitori adottivi e si era presentato a una stazione di polizia dopo essere fuggito dal campo. Affidamento del ragazzo ai servizi territoriali, intervento della psicologa dell'USL, inserimento scolastico, progressi del giovane che dà prova di ottime qualità, socializza, impara bene e si fa valere con soddisfazione di educatori e operatori sociali. Una volta diciottenne e acquisita la piena capacità giuridica il ragazzo scrive una lettera accorata alla madre (ma come, non era morta?): addio addio per sempre. Non è scappato da un campo ma da un condominio, è l'ultimo della cucciolata di una famiglia stanziale, non ne poteva più di essere mortificato nelle sue ragioni e se ne era andato di casa scomparendo come il fu Mattia Pascal, nascosto dal paravento di una storia attendibile ma falsa. La storia migliore che poteva inventare per centrare il suo obiettivo: essere aiutato a diventare se stesso assumendo l'identità temporanea del nomade evaso dal nomadismo. Un'identità virtuale che aveva moltiplicato l'attenzione sociale e formativa nei confronti del suo caso. Un'attenzione che magari non sarebbe stata così spiccata di fronte a un caso di stato civile ordinario e di ordinaria ribellione adolescenziale. Una rivolta che Dallari, rinunciando allo scontato riferimento pirandelliano, ricollega opportunamente al concetto di rivolta contro il destino dell'identità, presente nell'opera letteraria di Camus.

Come sono lontani i tempi di Pinocchio. La costruzione di una nuova identità oggi implica la capacità di beffare la Fata Turchina, o meglio di capire che dietro il sorriso a sessantaquattro denti della Fata Turchina possono nascondersi il Gatto e la Volpe. Se l'invenzione della stampa, osserva Umberto Margiotta nel suo intervento "Modelli formativi della comunicazione didattica in rete", ha moltiplicato la circolazione di informazioni e agevolato il controllo personale sul linguaggio, se l'invenzione di radio e tv ha favorito la dimensione collettiva del linguaggio, il collegamento in rete dei computer ha trasformato il linguaggio da collettivo in connettivo, e dunque in linguaggio inventabile perché oggetto di infinite contaminazioni.

E la scuola? Comunque uno la pensi sulle reti e sull'informatica, comunque uno si atteggi nei confronti dell'informatica e della contaminazione, la scuola è nella rete. Per non restarci presa come in uno strumento da pesca, la scuola deve far leva sulla propria autonomia. Un'autonomia connettiva, che moltiplichi le autonomie di altre scuole e incida sull'educazione e sul mondo più di quanto non riesca di fare con i soli sussidi audiovisivi. E' questo il parere di Agostina Melucci, esperta di pedagogia dell'educazione. La rete conviene. La rete conviene a chi la governa. Chi non è capace di governarla, impari. Altrimenti ne sarà vittima.

Tra gli altri interventi, ricordiamo quelli di Carlo Buzzi, docente di sociologia presso la facoltà trentina, sui giovani e le nuove forme di comunicazione, e quello di Salvatore Marà, che è stato uno dei primi docenti della scuola secondaria della provincia a credere nell'informatica educativa. L'insegnante di oggi non può pretendere di spiegare tutto con le parole, né di essere il detentore unico del processo formativo. Deve imparare a spostarsi, ad attraversare la contaminazione culturale per decodificarla. È un cammino difficile, che appare sempre più accidentato con il procedere dell'età, ma che va comunque affrontato. Dimostrazione, anche questa, che gli accidenti stanno nel soggetto, e non nel percorso.

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Identità e contaminazioni. Aspetti del linguaggio e nuove forme di comunicazione in educazione. A cura di Aldo Nardi.
Armando editore, 204 pagine, 18 euro
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