LE
NUMEROSE e coerenti testimonianze
puniche, ancora oggi riscontrabili da chi
con occhio attento e interesse
archeologico percorre la zona
dellArenella, dellAcquasanta
e delle falde di Monte Pellegrino - ormai
ad alta intensità urbana e più volte
studiate (fig.
1) - se
da un lato destano stupore ed emozione,
dallaltro impongono cautela e
rigore, tanto più che gli esiti
dellindagine si riflettono sulla
questione controversa del rapporto tra
linsediamento punico di Palermo,
del quale si sa ben poco, e il Monte
Pellegrino. Il sito può essere
identificato con la fortezza ubicata
dalle fonti sul monte Eirkte e con
laccampamento di Amilcare Barca al
tempo della prima guerra punica. Così ci
tramanda Polibio, che attinge
probabilmente dallo storico Filino di
Agrigento, al seguito dellesercito
cartaginese.1 La
sopravvivenza di dati storici e
archeologici eterogenei, in un contesto
assai alterato e ormai inglobato nel
tessuto urbano, ha composto pian piano un
quadro che ci è apparso unitario in base
ad alcune evidenze significative. Ci
limitiamo a presentare i dati, lasciando
ad altri lesegesi e lo studio
approfondito.
Gli elementi archeologici, relativi a uno
stabilimento antico di acque minerali
ancora oggi copiose,2 consentono
di proporre unipotesi che
lentamente ha preso consistenza,
rafforzandosi con lacquisizione di
indizi più sicuri, pur nella esiguità
dei dati superstiti individuati.
Lesigenza di tutelare un luogo
ritenuto fin da tempi remoti segnato
dalla presenza della divinità, che si
manifestava in tutta la sua potenza
salvifica, ci induce a vincere ogni
esitazione e a presentare, pur con dati
assai ridotti, unipotesi che appare
coerente ma che avrebbe bisogno di
ulteriori e ben più ampi riscontri (fig.
2).
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(fig. 1) |
(fig. 2) |
(fig. 3) |
(fig. 4) |
(fig. 5) |
Il Bagno della
Regina allAcquasanta consiste
in un ambiente con una vasca artificiale,
già preso in esame dagli studiosi e
ritenuto molto suggestivo
(fig. 3).3 La
presenza di alcuni particolari induce
oggi a superare le perplessità sulla sua
funzione. Si tratta di una grotta marina
il cui soffitto trasuda ancora di
abbondante acqua minerale,4 che
ha lasciato tracce plurimillennarie (fig.
4). Vi si accede
attraverso una scaletta e un sentiero
intagliati con tecnica antica5 nellalta
costa rocciosa, seguendo un percorso
scavato nel calcare (fig.
5) che
giunge in un vasto antro invaso dal mare
fino ad un ampio sedile, affiancato ad un
seggio di dimensioni più ridotte (fig.
6). Poco
prima il sentiero si divide in due rami,
a destra segue landamento della
costa sviluppandosi in una breve
diramazione con gradini che conduce ad un
secondo sedile (fig.
7), rivolto verso
una conca oggi invasa dal mare, prima di
proseguire verso altre cavità con acqua
termale che si aprono sul fronte marino
sino allArenella. Qui si riscontra
una grotta con fronte colonnato (fig.
8), già segnalata
come probabile ninfeo antico (fig.
9).6 Oggi
il percorso originario si interrompe
bruscamente per lerosione del
tratto di costa particolarmente esposto
alla violenza dei marosi, denotando in
tal modo lantichità del sentiero
intagliato accuratamente nella roccia. Il
suo sviluppo si spiegherebbe solo se
conducesse ad altre cavità costiere (fig.
10).
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(fig. 6) |
(fig. 7) |
(fig. 8) |
(fig. 9) |
(fig. 10) |
Brevi tratti del sentiero
scavati dalluomo persistono infatti
in anfratti rimasti oggi del tutto privi
di accesso da terra (fig.
11).
A sinistra rispetto allampio sedile
dellingresso del Bagno della
Regina, il percorso si volge,
attraverso alcuni gradini scavati nel
calcare alla base di un imponente
deposito carbonatico di sali candidi
depositati dal deflusso termale (fig.
12), verso una vasca
ovale con sedile sommerso
dallattuale livello del mare (fig.
13), che penetra
attraverso alcune fessurazioni non
originarie.
I pochi studiosi che hanno esaminato la
struttura, pur riconoscendo la grande
suggestione e la sacralità del luogo ed
ammettendone il possibile impiego come
bacino lustrale, in mancanza di indizi
che ne denotino lantichità, non
hanno comunque escluso che la vasca
possa aver avuto scopi pratici,
forse a carattere balneare, e che la sua
esecuzione sia quindi avvenuta in età
abbastanza recente.7
Alcuni significativi
indizi sono stati, a nostro avviso,
trascurati: la vasca era originariamente
alimentata solo da acqua termale, che
sgorgando dalla parete rocciosa a monte,
attraverso un condotto rettilineo
sottostante i gradini, defluiva in essa (fig.
14). Lo dimostra il
suggestivo deposito carbonatico bianco a
balze discendenti, oggi parzialmente
danneggiato al punto da consentire
laccesso - un tempo precluso - ad
unaltra cavità adiacente. Il
condotto sotterraneo a sezione
quadrangolare, che inizia alla sommità
dei gradini per convogliare lacqua
nella vasca, consentiva evidentemente di
scendere allasciutto nel Bagno,
colmo dacqua minerale e non marina,
il cui livello era mantenuto costante da
un foro di deflusso praticato ad idonea
altezza nei pressi del sedile. Si tratta
di un accorgimento assolutamente
incompatibile con un uso balneare e non
terapeutico e con una realizzazione in
età abbastanza recente.
Inoltre, in un angolo della parete
interna della vasca, nellestremità
superiore, è ricavata una piccola
nicchia (fig. 15),
che costituisce un sicuro piano
dappoggio per il deposito di un
lume. Oggi lambiente non necessita
dilluminazione poiché un ampio
squarcio della parete rocciosa consente
alla luce di penetrare allinterno
dellantro. E dunque, se non si
vuole ipotizzare un improbabile uso
balneare notturno rischiarato da una
lucerna, occorre necessariamente
ammettere che il Bagno fosse utilizzato
prima del crollo - sicuramente in antico
- della parete rocciosa, quando la luce
nellambiente appariva assai più
tenue.
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(fig. 11) |
(fig. 12) |
(fig. 13) |
(fig. 14) |
(fig. 15) |
Le tre nuove evidenze, il
lungo sentiero costiero intagliato con
tecnica antica ed oggi interrotto, il
canale dadduzione dellacqua
minerale con foro di deflusso e la
nicchia per lucerna nel Bagno della
Regina, consentono a nostro avviso
di escludere luso balneare e la
realizzazione in età recente, ed
inducono invece ad ammettere
limpiego terapeutico in età
antica. Troverebbe così una plausibile
spiegazione il doppio sedile
tuttoggi visibile appena varcato
lingresso dellantro: il più
ampio per i visitatori in attesa, il
singolo per chi controllava
laccesso alla vasca.
La denominazione popolare del Bagno,
ascritto a una Regina8 come
la ben nota Grotta di Capo Gallo ricca di
iscrizioni e simboli punici9 che
attestano il culto di Shadrapha e Iside,
è stata ritenuta allusiva ad un antico
attributo divino, che potrebbe facilmente
riconoscersi nella speciale
devozione locale per
lImmacolata
allAcquasanta, costante nel tempo.10 La
cavità appartiene allora ad un vasto ed
unitario complesso dantri termali a
livello del mare, che
dallAcquasanta giungeva fino
allArenella. La prima di tali
grotte (fig.
16), quella
dellAcquasanta appunto, è sede di
un culto assai antico.11 Scriveva
il Villabianca:12 Questa
santa sorgiva dacqua resta dentro
una chiesetta ove venerasi la Regina del
cielo e della terra e Maja13 spiegava
la denominazione dellacqua come
santa, primo per dimorare sempre
nella chiesa e poi per le sue ottime
sperimentate qualità che produce
miracoli concessi da Dio per sanare varie
infermità.
Non sembra sia stato
notato che dallaltare settecentesco
inglobato nel fondo dellantro -
proprio dal tabernacolo - si accede ad
altre cavità, oggi interrate, dalle
quali fluisce ancora dellacqua
sullaltare. Evidentemente
linterramento ha precluso
laccesso ad una serie di antichi
ipogei, che si sviluppavano a differenti
altezze rispetto al livello del mare. Un
altro particolare significativo
delloriginaria struttura sembra
essere quello relativo allantica
esistenza di un bacino di raccolta
dellacqua - la cosiddetta
peschiera - fluente dalla
grotta allesterno dellantro,
nellantistante approdo.
Questultimo risulta ancora oggi
separato, nonostante innumerevoli ed
anche recenti alterazioni, in due zone
nettamente distinte: una esterna, più
ampia, costituita dallo spazio portuale,
laltra, più piccola ed esattamente
delimitata, costituita dalla vasca di
raccolta dellacqua termale in
questione (fig.
17).14 Quale
spiegazione si potrebbe altrimenti
fornire della persistenza di tale netta
demarcazione tra il bacino portuale e
lantica piscina ancora
individuabile nel suo fondo interno nella
parte interna del porto, proprio dinnanzi
alla grotta termale?
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(fig. 16) |
(fig. 17) |
(fig. 18) |
(fig. 19) |
(fig. 20) |
La piccola chiesa della
Madonna dellAcquasanta, che già
nel 1400 sorgeva in riva al mare e ove,
secondo il Villabianca,15 era
stata ritrovata e venerata nellanno
1022 una sacra immagine epigraficamente
commemorata nel 1647, venne lasciata in
eredità da donna Luisa Calvello, il 7
febbraio 1400, ai Frati Benedettini di
San Martino delle Scale;16 passò
successivamente al barone Mariano
Lanterna, che allincirca nel 1774,
quando ancora linteresse per le
antichità egizie era assai limitato,
eresse a pochi metri di distanza dalla
grotta una piccola e deliziosa casina17
- decorata con motivi rocaille in stucco
e insolitamente non orientata verso il
mare (fig. 18) -
che ingloba su di unala laterale un
portale murato con due colonne in fine
arenaria tagliate in sezione e stuccate,
al momento di difficile interpretazione (fig.
19). Grandi blocchi
ed elementi architettonici di fine
arenaria, reimpiegati provenienti da
ununica, imponente struttura, sono
evidenti nelle due ali del recinto
antistante la villetta (fig.
20).
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NOTE
1 Polibio I, 56. I
dubbi in merito
allidentificazione
dellEirkte con il Monte
Pellegrino, sollevati nel 1912 da
Kromayer e Veihweg in seguito ad
una non accurata ricognizione
(Antike Schlachtfelder, III, 1,
Italien, Berlin, 1912, pp. 4-24)
e ripresi, inizialmente almeno,
da Giustolisi nel 1975 (Le navi
romane di Terrasini e
lavventura di Amilcare sul
monte Heirkte, Palermo, 1975, pp.
47 ss.), nonostante i riscontri
forniti nel 1917 da A. De
Gregorio (Resti del campo punico
nei pressi di Palermo del III
sec. a.C. con unappendice
Su una stela fenicia ed una
iscrizione su Monte Pellegrino,
Studi Archeologici Iconografici,
Palermo, fasc. IV, 1917, pp.
3-11) e, successivamente, da M.
Bonanno (Punici e Greci sul Monte
Pellegrino, Sicilia Archeologica,
IV, 1973, 21-22, pp. 55-62), sono
stati riconosciuti dal medesimo
Giustolisi [La Montagna sacra,
Palermo, 1977, pp. 8 ss; Id.,
Topografia, Storia ed Archeologia
di Monte Pellegrino (Palermo),
Palermo, 1979, pp. 5 ss.], come
del tutto ingiustificati, ma
Pottino (I Cartaginesi in
Sicilia, Palermo, 1976, pp. 24
ss.; Id., Rapporto su Eircte,
Palermo, 1987; Id., Arias, Un
problema di topografia storica
alle porte di Panormos antica,
MEFRA, 103, 1991, 2, pp.
377-404), scambiando per
strutture militari apprestamenti
agricoli forse islamici del Monte
Pecoraro, ha continuato ad
alimentarli, giungendo ad un
serrato confronto (Due voci a
confronto, Sicilia Archeologica,
62, 1986, pp. 55-65) con Mannino
(Le grotte di Monte Pellegrino,
Palermo, 1985, pp. 17 ss.),
profondo conoscitore del monte,
che ne ha ribadito
lassoluta mancanza di
fondamento. Chi ha percorso la
montagna in lungo ed in largo con
intenti archeologici e competenza
ne acquisisce facilmente la
certezza, verificando il
capillare controllo a valle ed a
monte di tutti gli accessi con
postazioni militari puniche della
metà del III sec. a.C. e
soprattutto lesistenza di
vedette marine, strategicamente
dislocate in punti desolati ed
inaccessibili, ma con ampia vista
sul mare o la pianura
circostante. Purtroppo
lunico sondaggio
archeologico sul monte (Di
Stefano, Garofano, Gandolfo,
Ricerche archeologiche sul Monte
Pellegrino, Archeologia e
Territorio, Palermo, 1997, pp.
3-24) è stato effettuato proprio
in uno dei pochi siti non idonei
per la soluzione del problema e
non ha dunque restituito elementi
decisivi per chiarire la
questione.
2 Se Mercadante, Da
Balarm, Palermo a Giazîrah,
Isola. Il porto di Gallo
ritrovato, Palermo, 2001, p. 122,
dichiara che da un
sopralluogo, non si
rinvengono indicazioni visive di
qualche fonte nella grotta
dellAcquasanta, ciò è
forse dovuto alla sopravvenuta
diminuzione stagionale della
portata in tale ambiente
dellacqua minerale, che
nelle immediate adiacenze e per
tutta la costa continua a fluire
copiosa in quasi ogni periodo
dellanno.
3 La Duca, La
sorgente dellAcquasanta, La
città perduta, III, Palermo,
1977, pp. 16-18; Giustolisi, La
Montagna Sacra, cit., p. 73 e
fig. 78; Id., Topografia, storia
ed archeologia di Monte
Pellegrino, cit., p. 51 nt. 93.
4 Le acque minerali
della sorgente Acquasanta, che
sgorgano nelle grotte marine
della zona sono state considerate
paragonabili a quelle
Paragonabile a quella della
sorgente Tamerici a di
Montecatini Terme. La Duca,
Ancora sulla sorgente
dellAcquasanta, La città
perduta, III, Palermo, 1977, pp.
23-25.
5 Si notano incavi
per linserimento di cunei
per il distacco della pietra,
simili a quelli della cava del
cosiddetto tempio megalitico
della Rocca di Cefalù, struttura
ascrivibile al V-IV sec. a.C.
Cfr. Purpura, Le cave di pietra
della Rocca di Cefalù, Sicilia
Archeologica, XI, 37, agosto
1978. pp. 59-67.
6 Purpura, Palermo
e il mare. Testimonianze
archeologiche e rinvenimenti
sottomarini, Storia di Palermo, a
cura di Rosario La Duca, I,
Palermo, 1999, pp. 240-243.
7 Giustolisi, La
Montagna Sacra, cit., p. 73.
8 Altri casi a
Castellammare del Golfo -
ambiente oggi sepolto in
occasione del restauro del
castello - a Siracusa o a
Brancaccio, antro assegnato alla
regina Costanza (La Duca, La
grotta della Regina Costanza, La
città perduta, III, Palermo,
1977, pp. 147-149), ma che
Mongitore, Della Sicilia
ricercata, Palermo, 1742-3 (rist.
1977), p. 265, genericamente
assegnava ad una Regina.
9 Guzzo Amadasi,
Grotta Regina, II, Le iscrizioni
puniche, Roma, 1979, pp. 93 ss.
10
Allantichissimo culto della
Madonna allAcquasanta si
riferisce Giustolisi, Topografia,
storia ed archeologia di Monte
Pellegrino, cit., p. 51 nt. 93;
Id., La montagna sacra, cit., pp.
66 ss.; Id., Culti pagani e
cristiani nel Santuario di S.
Rosalia nel Monte Pellegrino
(Palermo), Palermo, 1978. Nelle
mappe ottocentesche è segnalata
la presenza nei pressi
dellOspizio Marino di una
casina reale
borbonica. Lattribuzione ad
una regina della grotta ha
trovato così facile, ma poco
credibile giustificazione. Sulla
casina reale
allAcquasanta cfr. La Duca,
Una veduta ottocentesca
dellAcquasanta nella Sala
degli Uccelli, in: Il Palazzo dei
Normanni, Palermo, 1997, pp.
35-40.
11 Mongitore, Della
Sicilia ricercata, cit., p. 236.
12 Villabianca, La
fontanagrafia oretta, a cura di
S. Di Matteo, Palermo, 1986, p.
32 e s.
13 Maja, Isola di
Sicilia passeggiata, a cura di S.
Di Matteo, Palermo, 1985, p. 175
e s.
14 Cfr. La Duca,
Ancora sulla sorgente
dellAcquasanta, cit., p.
24.
15 Villabianca, La
fontanagrafia, cit, p. 33.
16 Basile, Palermo
felicissima, Palermo, 1929 (rist.
1978), p. 79. La data del 1451 è
invece indicata da Mercadante,
op. cit., p. 137, ma a p. 109
riferisce parte del testamento al
1400.
17 La Duca, Una
veduta ottocentesca
dellAcquasanta, cit., p.
36; Requirez, Le ville di
Palermo, cit., p. 36. Non è
esatta la data del 1798, indicata
in De Seta et alii, Palermo
città darte, Palermo,
1998, n. 506 Villa
Lanterna, p. 337. Cfr. Lo
Piccolo, In rure sacra. Le chiese
rurali nellagro palermitano
dallindagine di Antonino
Mongitore ai giorni nostri,
Palermo, Accademia Nazionale di
Scienze Lettere e Arti, 1995, p.
100.
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Giovanni
e Gianfranco Purpura, Il
Bagno della Regina
all'Acquasanta (Palermo) |
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