Ed è così che la voglia di evasione ha la
meglio, e si passa dalla ricerca di
un'occupazione gradevole e poco impegnativa alla
domanda di lavoro occasionale, retribuito male,
da fare di nascosto o anche con il consenso dei
genitori, magari prendendo alla lettera una
piccola minaccia a fin di bene: «Non ti mantengo
più, non ti mando più a scuola! A lavorare!»
Finché non si trova qualcosa che somiglia o non
somiglia affatto a quello che si stava cercando,
e si molla lo studio. Salvo ripensarci quando si
scopre: primo, che lavorare per lavorare stanca;
secondo, che fare finta di studiare stanca molto
meno (chi lavora sotto padrone e fa finta di
lavorare non ha la vita facile); terzo, che le
ferie di un neoassunto in nero sono cosa molto
diversa dalle vacanze di uno studente anziano,
per quantità e qualità. Allora si pensa di
tornare a scuola, un po' scornati e un po' per
fare contenti i grandi, genitori e docenti. Anche
perché, chissà, magari erano stati loro a
trovare quel lavoretto, poco più di un
passatempo, coerenti con il cliché di genitori e
di docenti alla mano, con il risultato che ora il
neolavoratore ex studente si sente in crisi anche
sul «lavoro», l'estate si avvicina e con
l'estate si avvicinano le vacanze degli altri,
altro che ferie. E allora se va bene si fa quello
che non si avrebbe voglia di fare, e cioè si
torna a scuola. A scuola, senza le virgolette.Così,
tra scuola, lavoro e famiglia, a qualcuno è
venuto in mente che se è la scuola ad occuparsi
sul serio di questa esigenza giovanile, il
ragazzo o la ragazza in crisi potrebbero
rinunciare ad abbandonare gli studi o rinviare la
cosa ad altro momento, appagati dalla proposta di
un'occupazione estiva o saltuaria, in qualche
caso anche autunnale, invernale o primaverile ma
compatibile con lo studio, che possa servire a
recuperare il senso dell'essere studenti, a dare
nuove motivazioni allo studio.
In
questa logica e con questi obiettivi sono nate
molte società di servizi che si rivolgono al
mondo degli studi superiori e si occupano di
mettere in rapporto la domanda e l'offerta di
occupazione, anche precoce, mediante convenzioni
con enti pubblici disposti a finanziare parte
dell'operazione. Per la verità queste proposte
sono rivolte quasi sempre agli studenti del
penultimo anno, ma da qualche tempo si nota la
tendenza ad anticipare e a dare per interessati
anche gli studenti più giovani. Queste società,
che propongono la creazione e la gestione di
imprese, forniscono di solito il supporto
organizzativo alla fondazione di imprese
simulate, in grado di assumere rischi contenuti
secondo i modelli classici delle società di
capitali.
A
nostro parere, tuttavia, la
simulazione di un meccanismo di impresa, nel
momento stesso in cui consiste nella riproduzione
mignon dei meccanismi cooperativi eaziendali,
risponde forse all'esigenza educativa di
riflettere e far riflettere sui concetti di
lavoro e cooperazione, ma non alla domanda reale
dei giovani, che intendono tastare il terreno e
inoltrarsi con le proprie gambe in una giungla
che li attrae proprio perché fa paura, a loro e
ai grandi.
Non
tutte le scuole superiori consentono un approccio
che non sia simulato. I licei, ad esempio, sono
prevalentemente impostati su una formazione
basata su conoscenze, competenze e capacità di
comunicazione verbale, sul dominio dei saperi
anziché delle tecniche. Forse sono gli ambienti
meno adatti a programmare business simulati alle
soglie dell'esame finale. A meno che il business
non riguardi il settore dell'informazione e delle
nuove tecnologie, in molti casi note ai giovani
allievi più e meglio che ai professori. Al di
là di una biblioteca da riordinare (sotto
l'occhio vigile e scettico degli addetti
professionisti), di una collaborazione a un
museo, o a una rivista di cultura locale, che
lavoro si può fare da liceali con tanta voglia
di rimboccarsi le maniche subito? È vero o no
che basta la fantasia, che bisogna prepararsi a
cambiare lavoro più di una volta nella vita, che
bisogna adattarsi al cambiamento? Che alternanza
con il lavoro può cercare un liceale nei ritagli
di tempo, con l'aiuto della scuola e degli enti
locali?
Non
ha molte scelte, in apparenza, a meno che non gli
capiti un'occasione al volo. Per i tecnici,
invece, si ritiene che vi sia più spazio perché
alcune materie scolastiche si possono far
fruttare subito: il disegno assistito dal
computer, gli elementi di topografia, i linguaggi
di programmazione, la conoscenza di un buon
pacchetto di software applicativo. Quanto alle
strategie e alle tecniche di produzione, i
ragazzi di oggi ci tengono a dimostrare, come
quelli di ieri, che se vogliono sono capaci di
organizzare una partita, un concerto, una gita,
una campagna di beneficenza. Il problema è che a
volte si rifiutano di applicarsi con lo stesso
entusiasmo ai saperi proposti dalla scuola
perché costituzionalmente e storicamente
debordanti dai loro interessi, come è sempre
stato. Ed ecco allora cosa si potrebbe proporre,
a nostro parere.
Questa
gran voglia di organizzazione applicata a una
dimensione scolastica, con prospettive di
coinvolgimento gestionale, può essere intesa
come aspirazione a muoversi in un'area di mercato
che all'inizio coincide con la scuola in senso
fisico, e poi in senso più ampio, di ambiente,
di settore, di servizio. Anche senza la frenesia
di guadagnare qualche lira, basta la voglia di
fare e poi la coscienza di aver fatto e la
scoperta di aver saputo fare. Questo genera
un'aspettativa nei giovani e negli adulti e può
essere il germe di un impegno da canalizzare in
altre direzioni. Alcuni esempi: gestione dei
laboratori didattici; rapporti con il pubblico su
questioni studentesche; partecipazione
all'organizzazione di gite di classe, giornate
verdi o della neve; appalto di lavori in rete
strutturati e programmati come ricerche
tradizionali; produzione di materiale
multimediale; appunti tascabili, anche per altri
gruppi o altre classi, su tracce fornite dagli
insegnanti, da arrotolare e da usare come pronto
soccorso durante le prove scritte... una lista
che non finisce mai.
Questo
è un modo di organizzare la scuola secondo i
parametri del terziario avanzato. Una forma di
autogestione ordinaria e non di emergenza.
Vogliamo o no chiamare gli studenti a lavorare
con noi dentro la scuola? O dobbiamo aspettare
che scoprano da soli che studiare per studiare
stanca di più che lavorare per lavorare?
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