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IL
«MERIDIANO» A TRENTO
Hrabal,
una riserva
di storie
LETTERATURA
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Bohumil Hrabal
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di Alessandro
Dell'Aira
I Meridiani
Mondadori si sono appena arricchiti delle
Opere scelte di Bohumil Hrabal, scomparso
a Praga nel 1997. L'altro giorno, per
iniziativa del Centro studi sulla storia
dell'Europa orientale, il corposo volume
(1852 pagine) è stato presentato a
Trento nella Sala dell'Aurora di Palazzo
Trentini con l'intervento di Massimo
Rizzante, docente dell'università di
Trento, Fernando Orlandi e Massimo
Libardi.
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Bohumil
Hrabal era un ometto boemo dall'aspetto
insignificante. Amava scrivere nel silenzio di
un'osteria praghese affollata di avventori
fracassoni. Le chiacchiere da caffè dei
letterati gli bloccavano digestione e
ispirazione. Riempiva foglietti e prosciugava
boccali di birra con la stessa premura con cui
riforniva il serbatoio della sua familiare. Aveva
iniziato a tribolare a meno tre mesi dalla
nascita, quando la ragazza sua madre era scappata
in cortile e suo nonno, che aveva appena appreso
la novità, voleva tirarle una schioppettata nel
ventre ma poi ci aveva ripensato perché
altrimenti la minestra di fagioli si raffreddava.
Dopo una vita di primavere abortite era talmente
cosciente di essere come i suoi personaggi che a
ottantadue anni in ospedale montò su un tavolino
per offrire una crosta di pane a due piccioni che
lo aspettavano sulla finestra e si precipitò, o
fece finta di precipitare dal quinto piano.
Quando era giovane e studiava legge
all'università l'armata tedesca lo aveva salvato
dagli studi accademici regolari. Divenuto dottore
di guerra in giurisprudenza era stato
magazziniere, addetto al malto in una fabbrica di
birra, ferroviere, assicuratore porta-a-porta,
operaio in una cartiera e in un altiforno.
Pubblicò i primi racconti nel '49 con un titolo
indegno del suo futuro: "I dolori di un
vecchio Werther". La seconda raccolta del
'56: "I discorsi con la gente", di
racconti ne conteneva appena due. Così iniziò
la carriera di uno dei più grandi scrittori
dell'Europa contemporanea. Il successo arrivò
nel '65 con "Treni strettamente
sorvegliati", il romanzo di un convoglio di
nazisti fatto saltare in aria per caso da un
timido ferroviere-Charlot innamoratosi di una
pasionaria, una storia che l'anno dopo Jirí
Menzel portò sullo schermo e nel '67 vinse un
Oscar. Un caso anche questo perché secondo
l'ometto boemo l'essenza dell'arte sta nel sapere
cosa non va fatto senza aspirare alla qualifica
di Creatore. Hrabal si era ormai dato alla
scrittura di getto e senza freni. Sempre nel '65
esce "Inserzione per una casa in cui non
voglio più abitare", pubblicato in Italia
da Einaudi nel '68, anno della primavera
praghese. Nel '71 supera se stesso con i racconti
o romanzo modulare "Ho servito il re
d'Inghilterra", circolati subito di nascosto
come samizdat, il self-editing d'oltrecortina
quando si rischiava la Siberia ciclostilando. Il
suo segreto: tagliare l'erba o spaccare legna,
fare qualsiasi cosa, assaporare la vita e la
birra e poi correre a rovesciare sulla carta i
pensieri non catabolizzati. "Basta avere una
gigantesca riserva di storie, per poi unificarle
e portarle a un denominatore comune fingendo che
le enormità che si dicono abbiano un senso e
siano in grado di creare quel qualcosa che si
chiama letteratura". Nella traduzione
italiana di Sergio Corduas ecco l'incipit di
"Una solutidine troppo rumorosa",
uscito nel '76: "Da trentacinque anni lavoro
alla carta vecchia ed è la mia love story. Da
trentacinque anni presso carta vecchia e libri,
da trentacinque anni mi imbratto con i caratteri,
sicché assomiglio alle enciclopedie, delle quali
in quegli anni avrò pressato sicuramente trenta
quintali, sono una brocca piena di acqua viva e
morta, basta inclinarsi un poco e da me scorrono
pensieri tutti belli...". Sergio Corduas
insegna letteratura ceca a Ca' Foscari ed è il
migliore allievo di Angelo Maria Ripellino,
autore indimenticato di "Praga magica".
Entrambi stanno a Hrabal come Tabucchi sta a
Pessoa. In una lunga intervista che risale a
vent'anni fa Corduas chiese a Hrabal cosa fosse
l'ironia praghese. Risposta: "La coscienza
della vanità di una lotta". Di chi contro
chi? Dell'hominismo contro l'umanesimo formale e
convenzionale.
L'ironia dei praghesi e di Hrabal è la coscienza
di chi ha una profonda vita interiore e cerca di
imprimere sulla pelle del mondo il contenuto del
proprio desiderio. Fino a sentire, da tenero
barbaro o da crudele Pierrot, che gli duole
l'autobus su cui sta andando al lavoro.
Bohumil Hrabal, "Opere
scelte". A cura di Sergio Corduas e Annalisa
Cosentino. Mondadori Editore. 1852 pagine, 49
euro.
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