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L'alchimia
del sapere
L'Enciclopedia
medievale
tra alchimia e visioni introspettive

LA
TEMPERANZA.
Dall'edizione multimediale di Cecco
d'Ascoli curata da Marco Albertazzi
|
di Alessandro
Dell'Aira
IN UNA TELA
esposta tempo fa in una mostra tematica
su Francesco Mazzola, più noto come il
Parmigianino, un alchimista pratica la
sua arte e fruga in un librone aperto sul
panno verde di un tavolo ingombro di un
teschio, un mappamondo, una clessidra,
una bottiglia panciuta tappata con la
carta e mezza piena di un liquido che non
deve svaporare. Colori, oggetti, azioni
non casuali e correlati. I pittori del
Cinquecento si esprimevano per simboli ed
erano per questo un po’ tutti
accostati agli alchimisti. Il
Parmigianino volle provarci davvero e si
ammalò per avere annusato il mercurio
troppo spesso. Ma non di queste pratiche
si è discusso sabato scorso a Trento
alla Libreria Punto Einaudi. Lo spunto
l’ha offerto Marco Albertazzi,
editore trentino di fama internazionale
che all’esoterismo e al sapere
medievale ha dedicato anni di studi e
raffinati volumi del suo catalogo. Tema
della serata: “L’Enciclopedia
medievale tra alchimia e visioni
introspettive”. Con l’editore
erano presenti in libreria autori di
vaglia come l’iconologo Mino
Gabriele, il poeta e filologo Massimo
Sannelli e l’orientalista Glauco
Giuliano, in vario modo legati alla casa
di Albertazzi, La Finestra.
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Come ha sottolineato Mino Gabriele,
la cultura alchemica del Medioevo stabilì un
vincolo classificatorio tra immagini e nomi per
dare un senso alle idee e alle cose. Questo
sapere trasversale, non accademico, disponeva
all’inizio di un repertorio
“immaginale” di simboli e metafore, poi
ampliato per elaborare bestiari e cataloghi di
vegetali e minerali. Tesori che oggi appaiono
farraginosi, se non incomprensibili. Eppure si
tratta di un sapere organizzato: lo studioso si
addentra nella sfera dell’etica, si occupa
di formazione dell’uomo e nello stesso tempo
sfida il mistero per puro desiderio di indagare
sapienza e verità nel profondo della natura e
dell’anima. La Commedia dantesca e le
anti-Commedie come l’Acerba di Cecco
d’Ascoli (riproposta da Albertazzi in
un’edizione critica curatissima anche sotto
l’aspetto multimediale) sono espressioni
opposte di uno stesso valore, che non ha ancora
ceduto il primato alla “ragion di
mercatura”: Bruno e Buffalmacco nel
Decamerone burlano Calandrino che fa incetta di
sassi per elitropie, segno chiaro
dell’avvento di un’epoca attratta dalla
ricchezza più che dal sapere.
Eppure gli uomini desiderano sapere
“naturalmente”. Lo afferma Dante nel
Convivio, riprendendo Aristotele. Il tema è caro
a Massimo Sannelli, che con Albertazzi ha curato
il Commento latino a Cecco d’Ascoli e
attualmente si occupa di un poema allegorico
degli inizi del secolo tredicesimo,
l’Anticlaudianus del monaco cistercense
Alano di Lille, dedicato alla formazione
dell’uomo perfetto per volere della Natura e
della Ragione. Dio fa vivere le sue creature
sotto un cielo unito alla terra dalla pace. Nella
visione di Alano di Lille fede e ragione si
integrano, la sua teologia è scientifica in
quanto dimostrabile.
Glauco Giuliano, che sta preparando per
Albertazzi un’antologia sull’Oriente di
Corbin, si è invece soffermato in chiusura di
serata su Henry Corbin, orientalista e mistico
francese, esperto di esoterismo islamico, di cui
in vario modo si sono occupati di recente in
Trentino Rella e Zambon. Ha poi richiamato i
colloqui oriente-occidente del gruppo Eranos,
tenutisi ad Ascona nel canton Ticino per quasi
mezzo secolo dal 1939 al 1988. Eranos per i greci
era il banchetto comune in cui ciascuno porta la
sua parte, un simbolo più complesso del Convivio
in quanto presuppone la mediazione e non solo il
confronto, un incontro periodico in cui ogni
partecipante comprende se stesso attraverso il
confronto con l’altro. Corbin, del gruppo
Eranos come Mircea Eliade, studiò tra
l’altro la poesia di Dante a confronto con
quella di Ibn ‘Arabi, soffermandosi in
particolare sulla teoria dell’intelligenza
salvatrice adombrata nella donna amata, simbolo
dell’Intelligenza.
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