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Il futuro in conchiglia
Da Palazzo
Calepina anche molluschi e divinazione
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MUSEO
DI SCIENZE Una grande
mostra marina
che sconfina nella magia
Qui
a fianco, e sotto,
immagini di conchiglie
di varie «famiglie»
in mostra a Trento.
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di Alessandro
Dell'Aira
LA
BELLA MOSTRA di Palazzo Calepina
"Dentro la conchiglia. I molluschi
alla conquista del mondo",
organizzata dal Museo Tridentino di
Scienze Naturali e aperta fino al 25
gennaio, è dedicata a questi animali
minuscoli e ai loro gusci calcarei che
hanno segnato la preistoria e la storia
dell'uomo. Le cipree, tondeggianti e
dalla stretta fessura, sono conchiglie
tra le più conosciute. Pablo Neruda
dedica alcuni suoi versi a due cipree:
l'una con il manto di velluto macchiato
di cerchi di polvere o di pantera,
l'altra liscia come il cristallo di un
bicchiere con un tatuaggio di fiumi
lunari. Di forma simile ai genitali
femminili, si pensava che propiziassero
la fertilità. Le partorienti delle isole
giapponesi Riuku, per esempio, usano
ancora stringere tra le dita una Ciprea
Tigre mentre sono squassate dalle doglie.
Le cipree più diffuse sono quelle di
taglia piccola, usate come monete
nell'Africa occidentale fino a tempi
recenti. Nel Seicento e nel Settecento se
ne servirono anche gli inglesi e gli
olandesi durante la tratta degli schiavi
e nel commercio delle pietre preziose.
Prendiamo spunto dalla sezione
antropologica della mostra trentina per
riflettere brevemente su un aspetto che
non vi è ricordato: l'impiego delle
conchiglie nel jogo de búzios, un rito
di candomblé praticato in Brasile nella
città di Salvador. La tradizione ha
varcato l'Atlantico ed è giunta a Bahia
con gli schiavi africani di etnia Nago e
Ioruba, molti dei quali praticavano la
divinazione con vari strumenti tra cui le
conchiglie. Una divinazione che si
pratica ancor oggi in alcune zone del sud
del pianeta.
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Una foto
pubblicata da Bernard Maupoil nel 1943 in una
ricerca sulla geomanzia dell'antica Costa degli
Schiavi, edita dall'istituto di Etnologia del
Museo dell'Uomo di Parigi, ritrae un'abila, il
minuscolo "desktop" dell'indovino, su
cui non era lecito fare ombra, delimitato da
decine di cipree e con all'interno gli strumenti
della divinazione. La stessa divinazione che oggi
si pratica nei terreiros, santuari all'aperto di
Salvador da Bahia, con un sistema di sedici
conchiglie usate come dadi. Invece il jogo de
búzios proposto nelle vie e nelle piazze di
Bahia, alla tv o nei siti internet è solo un
intrattenimento, se non una truffa come il nostro
gioco delle tre carte. Per farsene un'idea basta
entrare nel sito web http://www.oxum.com.br/, dove
agendo su un pulsante si mettono in moto due mani
che agitano per un po' otto conchiglie e poi le
fanno scivolare su un piatto, generando
esortazioni e predizioni sintetiche. Nel
candomblé di Bahia, a lanciare i sedici gusci su
una tavola tonda simile a un tagliere coperto da
un panno bianco è il sacerdote o la sacerdotessa
del terreiro, il pae o la mae de santo. Il jogo
de búzios aiuta il devoto a essere invaso dagli
orixás, le divinità di quel culto
magico-sincretico. Si crea così una dimensione
spazio-temporale che conduce all'equilibrio delle
azioni e del pensiero. Quando le conchiglie sono
sparse sul panno, dritte o rovesce, i sacerdoti
vi leggono un testo virtuale quasi come gli
aruspici romani leggevano nelle viscere delle
bestie sacrificate. Si tratta di un sistema
binario aleatorio che si combina 256 volte (256
è il quadrato di 16), con possibilità di
arrivare fino a 4096 responsi (256 x 16). Ogni
combinazione si chiama odu. Per ogni odu c'è una
risposta a ciò che il devoto vuole sapere dal
sacerdote (o meglio, dal profondo della propria
coscienza, interpellata con l'aiuto del sacerdote
e delle conchiglie). La mostra trentina
ricostruisce l'evoluzione dei molluschi creatori
delle conchiglie, ma anche il percorso culturale
dell'uomo accompagnato e scandito dalle
conchiglie. Due vicende parallele, umanità e
molluschità, con i molluschi che trionfano e
culminano nella vivace ed equilibrata
intelligenza del polpo. Al suo confronto
l'intelligenza dell'uomo appare difettosa,
affannosa. Quella di oggi è un'umanità senza
pace, infelice. In questo vario assortimento di
benessere materiale e malessere esistenziale gli
uomini sono poco disposti a indugiare nella
ricerca dell'equilibrio personale. Poiché in
genere affrontano la vita partendo dall'assunto
che il tempo è denaro, quel poco di tempo che
controllano preferiscono impiegarlo alla ricerca
di gusci e scorciatoie che conducano in fretta a
un equilibrio precario. Se invece hanno molto
denaro cercano di accedere a tutte le risorse che
garantiscano l'illusione di un equilibrio sicuro.
In entrambi i casi ragionano poco e tendono a
fidarsi dei predatori loro simili che si vantano
di saper leggere nel mistero del caso e
pretendono sempre più tempo e sempre più
denaro. In volgari biglietti, e non in gusci
sacri come il nicchio ceduto per niente alla
natura e con tanta fatica dal mollusco della
ciprea.
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