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martedì 30 dicembre 2003  


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Il futuro in conchiglia


Da Palazzo Calepina anche molluschi e divinazione





MUSEO DI SCIENZE Una grande mostra marina
che sconfina nella magia









Qui a fianco, e sotto,
immagini di conchiglie
di varie «famiglie»
in mostra a Trento
.

 


di Alessandro Dell'Aira


LA BELLA MOSTRA di Palazzo Calepina "Dentro la conchiglia. I molluschi alla conquista del mondo", organizzata dal Museo Tridentino di Scienze Naturali e aperta fino al 25 gennaio, è dedicata a questi animali minuscoli e ai loro gusci calcarei che hanno segnato la preistoria e la storia dell'uomo. Le cipree, tondeggianti e dalla stretta fessura, sono conchiglie tra le più conosciute. Pablo Neruda dedica alcuni suoi versi a due cipree: l'una con il manto di velluto macchiato di cerchi di polvere o di pantera, l'altra liscia come il cristallo di un bicchiere con un tatuaggio di fiumi lunari. Di forma simile ai genitali femminili, si pensava che propiziassero la fertilità. Le partorienti delle isole giapponesi Riuku, per esempio, usano ancora stringere tra le dita una Ciprea Tigre mentre sono squassate dalle doglie. Le cipree più diffuse sono quelle di taglia piccola, usate come monete nell'Africa occidentale fino a tempi recenti. Nel Seicento e nel Settecento se ne servirono anche gli inglesi e gli olandesi durante la tratta degli schiavi e nel commercio delle pietre preziose. Prendiamo spunto dalla sezione antropologica della mostra trentina per riflettere brevemente su un aspetto che non vi è ricordato: l'impiego delle conchiglie nel jogo de búzios, un rito di candomblé praticato in Brasile nella città di Salvador. La tradizione ha varcato l'Atlantico ed è giunta a Bahia con gli schiavi africani di etnia Nago e Ioruba, molti dei quali praticavano la divinazione con vari strumenti tra cui le conchiglie. Una divinazione che si pratica ancor oggi in alcune zone del sud del pianeta.

Una foto pubblicata da Bernard Maupoil nel 1943 in una ricerca sulla geomanzia dell'antica Costa degli Schiavi, edita dall'istituto di Etnologia del Museo dell'Uomo di Parigi, ritrae un'abila, il minuscolo "desktop" dell'indovino, su cui non era lecito fare ombra, delimitato da decine di cipree e con all'interno gli strumenti della divinazione. La stessa divinazione che oggi si pratica nei terreiros, santuari all'aperto di Salvador da Bahia, con un sistema di sedici conchiglie usate come dadi. Invece il jogo de búzios proposto nelle vie e nelle piazze di Bahia, alla tv o nei siti internet è solo un intrattenimento, se non una truffa come il nostro gioco delle tre carte. Per farsene un'idea basta entrare nel sito web http://www.oxum.com.br/, dove agendo su un pulsante si mettono in moto due mani che agitano per un po' otto conchiglie e poi le fanno scivolare su un piatto, generando esortazioni e predizioni sintetiche. Nel candomblé di Bahia, a lanciare i sedici gusci su una tavola tonda simile a un tagliere coperto da un panno bianco è il sacerdote o la sacerdotessa del terreiro, il pae o la mae de santo. Il jogo de búzios aiuta il devoto a essere invaso dagli orixás, le divinità di quel culto magico-sincretico. Si crea così una dimensione spazio-temporale che conduce all'equilibrio delle azioni e del pensiero. Quando le conchiglie sono sparse sul panno, dritte o rovesce, i sacerdoti vi leggono un testo virtuale quasi come gli aruspici romani leggevano nelle viscere delle bestie sacrificate. Si tratta di un sistema binario aleatorio che si combina 256 volte (256 è il quadrato di 16), con possibilità di arrivare fino a 4096 responsi (256 x 16). Ogni combinazione si chiama odu. Per ogni odu c'è una risposta a ciò che il devoto vuole sapere dal sacerdote (o meglio, dal profondo della propria coscienza, interpellata con l'aiuto del sacerdote e delle conchiglie). La mostra trentina ricostruisce l'evoluzione dei molluschi creatori delle conchiglie, ma anche il percorso culturale dell'uomo accompagnato e scandito dalle conchiglie. Due vicende parallele, umanità e molluschità, con i molluschi che trionfano e culminano nella vivace ed equilibrata intelligenza del polpo. Al suo confronto l'intelligenza dell'uomo appare difettosa, affannosa. Quella di oggi è un'umanità senza pace, infelice. In questo vario assortimento di benessere materiale e malessere esistenziale gli uomini sono poco disposti a indugiare nella ricerca dell'equilibrio personale. Poiché in genere affrontano la vita partendo dall'assunto che il tempo è denaro, quel poco di tempo che controllano preferiscono impiegarlo alla ricerca di gusci e scorciatoie che conducano in fretta a un equilibrio precario. Se invece hanno molto denaro cercano di accedere a tutte le risorse che garantiscano l'illusione di un equilibrio sicuro. In entrambi i casi ragionano poco e tendono a fidarsi dei predatori loro simili che si vantano di saper leggere nel mistero del caso e pretendono sempre più tempo e sempre più denaro. In volgari biglietti, e non in gusci sacri come il nicchio ceduto per niente alla natura e con tanta fatica dal mollusco della ciprea.