MERCOLEDÌ, 25 FEBBRAIO 2004

Caio «negro»,
ovvero se lo jus
viene dall'Africa


Pagina 53 - Cultura e Spettacoli

NEL SITO DI GIURISPRUDENZA
 
 





 
     
 
 
 


di Alessandro Dell’Aira

SPQR, Senatus Populusque Romanus. Abbiamo sempre saputo o creduto di sapere che Roma antica era la patria della governance e del diritto. La sigla campeggia ancora sui tombini della Città moderna, ma induce alla dissacrazione. Sapendo o non sapendo di scherzare, molti vi leggono, come Obelix: “Sono Pazzi Questi Romani”. Fuori di testa chissà, ma opportunisti sì, e pronti a elaborare il sapere altrui dopo averlo appreso e messo da parte. Questi Romani hanno messo mano a tutto, hanno trappolato con tutto ma senza capo né coda, diritto compreso. Così sostiene Pier Giuseppe Monateri, docente di sistemi giuridici comparati, quando mette in crisi ciò che sempre si è pensato e scritto del diritto romano, e cioè che sia la spina dorsale dell’Occidente, il più sviluppato e sofisticato sistema giuridico del mondo antico, buono per tutti i tempi e tutti i luoghi, il sistema doc che si rinnova in tutte le salse, di continuo. Niente affatto. E fin qui niente di strano, visto che da tempo le scienze umane hanno smantellato le certezze assolute, non vantano primati e si percepiscono come scienze problematiche. Ciò che invece fa notizia è che Monateri decreta il tramonto, anzi la fine dell’ideologia occidentale in quanto vede nelle origini multiculturali della cosiddetta tradizione giuridica occidentale un influsso prevalente della cultura afroasiatica.

Monateri ha sviluppato questa tesi nell’articolo “Caio negro”, disponibile in internet nel sito della facoltà di giurisprudenza dell’università di Trento e pubblicato nel volume 50 della rivista californiana di studi giuridici “Hastings Law Journal”. I termini “Caio” e “negro” non ricorrono nel testo: il titolo arieggia volutamente alla famosa opera di Martin Bernal, “Atena nera”, in cui si teorizzano le radici afroasiatiche della civiltà occidentale. L’autore presenta in primo luogo la storia del diritto romano come genealogia che legittima un “primato occidentale” che non esiste. In secondo luogo de-costruisce la “teoria ariana” elaborata dai giuristi tedeschi, contrapponendola alla teoria “afro-semitica” di alcuni studiosi francesi, come espressione dell’antagonismo tra le due scuole, frutto delle tensioni culturali di fine Ottocento. Poi, con il procedimento del Saggiatore galileiano, raccoglie le obiezioni degli irriducibili che giudicano provocatorie le sue tesi, e fuori luogo come le evoluzioni di un elefante in un negozio di cristallerie. Denuncia l’enfasi grossolana dei romanisti “di professione”, senza tuttavia misconoscere l’originalità del contributo romano in campo giuridico. Concesso a Cesare quel che è di Cesare, Monateri passa al setaccio il diritto dei contratti (e vi trova antecedenti nel diritto babilonese), il diritto dello Stato (di filiazione greca, nella sostanza) e lo schema del processo romano (in linea con il diritto personale e familiare degli egiziani). Conclusione: ciò che abbiamo finora chiamato “Diritto Romano” è un prodotto multiculturale, frutto di civiltà diverse. La giurisprudenza romana è una grande menzogna. I Romani, contraddittori, poco originali, pasticcioni, si sono dimostrati incapaci di governare la società attraverso il diritto. Sono Pasticcioni Questi Romani. L’esistenza di una tradizione elogiativa e di apprezzamento è il risultato di una strategia. Anche in questo caso, la teoria scientifica è un risultato che dipende dagli obiettivi dei ricercatori.

Facciamo un piccolo passo indietro. L’inversione della “qualità” di Caio, e il rovesciamento del punto di vista corrente, non sono che la derivazione di un antico adagio della cultura tradizionale grecoromana. Dice Plinio il Vecchio (Nat. Hist. 8,42,9): “...unde etiam vulgare Graeciae dictum semper aliquid novi Africam adferre”. L’Africa non finisce mai di insegnarci qualcosa, in barba alla tradizione e ai pregiudizi. Il profondo disprezzo per l’Africa nasce con Hegel. È vero che Monateri non è interessato a stabilire se “gli Egiziani possano essere definiti ‘Africani’ in ragione della loro razza”, e che usando il termine Africa e Africano “semplicemente perché l’Egitto si trova in Africa”, assume sulla questione un atteggiamento neutrale e “liberal” vecchia maniera. Detto questo, vorremmo osservare che a nostro parere il tallone d’Achille (grigio) del ragionamento scientifico di Monateri sul Diritto romano, e in genere sulla fenomenologia del tramandare, sta nell’affermazione che le tradizioni “sono spesso un surrogato di progetti consapevoli: la loro necessità e la loro invenzione è sintomo di un malessere”. I progetti sono tutti consapevoli (diversamente non sarebbero tali), e le tradizioni sono sempre, e non spesso, faziose e tendenziose, per il fatto che tramandano secondo un progetto. Sicché se Caio è l’umanità, non ha colore, o li ha tutti.