VENERDÌ, 19 MARZO 2004

Cari filosofi, è ora
di gettarsi nella mischia. E anche nella politica.


Pagina 53 - Cultura e Spettacoli

IL DIBATTITO
UN WORKSHOP ALL'UNIVERSITÀ
 





 
     
 
 


di Alessandro Dell’Aira

All'Università di Trento, ieri, si è svolto un workshop di filosofia con un tema di grande attualità: "Quale contributo può dare la riflessione filosofica alla pratica politica". Tra i presenti Marramao e Baroncelli. Per chiarire gli snodi della riflessione abbiamo intervistato Ermanno Bencivenga.


Perché questo workshop di filosofia, professore?
Non volevo un convegno affastellato da interventi precotti. La nostra è una discussione aperta, in cui si va al cuore dei problemi. Il primo intervento di Flavio Baroncelli è stato estremamente comunicativo. Salvatore Veca lo ha giudicato di estrema godibilità e intelligenza. Baroncelli, sessantenne, ha seguito il percorso intellettuale della sua generazione, fatto di speranze, delusioni, fallimenti nel rapporto costante tra politica e filosofia. La filosofia va intesa come autentica maestra di vita, come guida per una saggezza comportamentale.

Perché questo ritorno a John Rawls, il filosofo americano delle libertà fondamentali?
La riscoperta di John Rawls negli anni 80 in Italia, in ritardo rispetto alla pubblicazione americana del 71, è stata un’occasione perduta per la costruzione del “liberalismo proletario” visto dal basso, dalla parte degli svantaggiati, dei poveri che in qualche modo costituiscono il punto di riferimento e il criterio valoriale. Assistendo al bellissimo scambio tra Baroncelli e Veca, promotore della traduzione italiana di Rawls, abbiamo appreso che nel proporre certe alternative ci si può giocare anche l’accesso ai potentati della sinistra.

Il filosofo fiuta l’aria che tira o l’aria che tirerà?
Da un punto di vista antropologico ho notato una certa tendenza a fiutare non tanto le possibilità quanto le realtà, le realtà che funzionano sul momento. In verità il filosofo deve procedere con modestia e umiltà, proponendosi non come guida ma come “giullare di corte”. Deve saper affrontare quei discorsi che altrimenti nessuno farebbe.

Che ruolo ha il filosofo oggi?
La lancia da spezzare è che la filosofia non sia una guida per l’azione, ma un’apertura allo spazio dell’immaginario, allo spazio del possibile. Lo ha detto anche Laura Bazzicalupo. Il politico non deve aspettarsi dal filosofo un’indicazione sulla direzione da prendere, ma la messa in scena di tutte le voci e di tutte le possibilità che lui politico non ha ancora considerato.

A chi parla il filosofo? Ai politici o ai cittadini?
La politica siamo noi. Noi facciamo politica quando ci muoviamo nel mondo. Non dobbiamo fossilizzarci cercando risposte precostituite. I filosofi fanno considerazioni inattuali, lasciano ai “furbi” la presunzione di sapere come vanno le cose, di saperlo subito e in ogni momento. La rapidità, la sicurezza non sono virtù da filosofi. E in ogni caso anche i filosofi sbagliano, come i bambini che giocano e mettono le mani nella presa di corrente. Noi filosofi abbiamo il dovere di rischiare fuori delle torri d’avorio, di entrare nel gioco della vita da protagonisti consapevoli e attivi. Le nostre pratiche filosofiche hanno alle spalle una sedimentazione di storie e di autobiografie collettive.