di Alessandro
DellAira
Sono in mostra a Vienna fino al 13 giugno 2004
(Hofburg e Kunsthistorisches Museum) i manufatti
dei reali opifici normanni e svevi di Sicilia,
radunati da vari musei e collezioni private. Ori,
perle, smalti, cammei, tessuti preziosi, avori,
filigrane, cristalli di rocca del XII e XIII
secolo, da Ruggero II a Federico II e oltre. La
corona di Costanza, il manto e la fodera del
manto di Ruggero con scene della Palermo araba.
La veste di Guglielmo II, la spada di Federico
II. Lidea, nata a Caltanissetta, è stata
condivisa a Vienna. Levento ha celebrato i
25 anni di autonomia dellAssessorato ai
Beni culturali e ambientali della Sicilia,
riportando per qualche tempo nellisola
oggetti mai usciti dalla Camera del Tesoro del
Kunsthistorisches Museum. Ora la mostra farà
tappa nella capitale austriaca, dopo tre mesi
trascorsi nella sede adeguata, il Palazzo dei
Normanni di Palermo. Un eccezionale campionario
di arte suntuaria risplenderà in
riva al Danubio.
Il titolo della mostra si ispira a una lettera
attribuita al cronista Ugo Falcando, che nel
1190, pochi mesi dopo la morte di Guglielmo II,
invitava un importante interlocutore a tenere nel
giusto conto la produzione delle Nobili
Officine funzionanti nel Palazzo di
Palermo, dove si filavano i bozzoli dei bachi in
sete di tinte e trame diverse, con tecniche
ardite e complesse a uno, due o tre fili, e anche
di più, fino a sei, finché la vista non era
abbagliata dalloro o accarezzata dal verde
di varia gradazione, o dai cerchi ricamati, o
dalle perle montate in cestelli doro,
infilate e cucite con eleganza sul tessuto a
rendere le forme di animali e oggetti diversi.
Gli oggetti duso come le brocche intagliate
nel cristallo di rocca, che fanno da contorno ai
pezzi appartenuti ai grandi personaggi storici,
per gli studiosi costituiscono forse la novità
più rilevante, in quanto questa specialità era
stata finora ritenuta tipica dellEgitto
fatimita. Ma ciò che più attrae il pubblico,
per il perfetto stato di conservazione, la
preziosità dei materiali e la raffinatezza
formale, il valore simbolico e
romantico, è la calotta a filigrana
dargento dorato con perle e pietre preziose
incastonate e due pendagli laterali, oggi
patrimonio della Cattedrale di Palermo. E
nota come Corona di Costanza, ma
sarebbe giusto chiamarla delle due
Costanze. Chi erano? La prima era la
normanna Costanza dAltavilla, figlia di
Ruggero II, moglie di Enrico VI di Svevia, madre
di Federico II e nonna di Manfredi. La seconda
era Costanza dAragona, moglie di Federico
II, da non confondere con lomonima e più
longeva nipote, figlia di Manfredi e andata sposa
a Pietro III dAragona divenuto re di
Sicilia dopo la rivolta dei Vespri contro gli
Angioini del 1282. La seconda Costanza, che aveva
sposato Federico a venticinque anni quando lui ne
aveva appena quindici, morì nel 1222
alletà di trentotto anni.
Limperatore suo consorte, che gli arabi di
Palermo chiamavano al-Inbiratur, la fece
seppellire con quella cuffia di foggia e gusto
bizantineggiante, quasi a significare che con la
morte prematura di Costanza era sepolto per
sempre anche il sogno di fondare un nuovo impero
romano dOccidente, un impero mediterraneo
sul modello dellimpero bizantino.
Quelloggetto era infatti una replica fedele
del kamelaukion, la corona imperiale introdotta a
Bisanzio nel VI secolo. Simboleggiava il mondo ed
era sormontata dalla croce. Potrebbe averla usata
lo stesso Federico nel 1220, nella cerimonia
della propria incoronazione. A giudicare dalla
sua fattura potrebbe anche risalire a poco meno
di un secolo prima. Morta la prima moglie,
Federico si fece più svevo e
accantonò la visione imperiale mediterranea per
concentrarsi sullasse sud-nord. Le seconde
nozze con Isabella di Brienne, figlia tredicenne
del re di Gerusalemme, non valsero a recuperare
la magia di quel sogno e di quella risplendente
corona.
Queste Nobiles Officinae propongono
dunque un eccezionale assortimento di manufatti
concepiti e prodotti nellarco di due secoli
nel medesimo ambiente raffinati per
committenza, scelte estetiche e tradizione
tecnica insieme con pezzi eclatanti di
alto impatto emotivo, che risultano
opportunamente ridimensionati, più quotidiani
che regali e per questo facilmente leggibili..