SABATO, 25 SETTEMBRE 2004


Quell'acquaforte
firmata da Rembrandt
è un'eredità del trentino
don DeVille?



La curiosa scoperta
di una studiosa americana

Pagina 51 - Cultura e Spettacoli

IL MISTERO

Moena, aprile 1931: al centro della foto don Giambattista DeVille.
 





   
 
 
 

    di Alessandro Dell’Aira


LITA T. è una studiosa d’arte di Erie, in Pennsylvania. Qualche tempo fa viene a sapere che in un collegio di suore della sua città c’è una collezione di oggetti appartenuti alle religiose della casa. Oggetti eterogenei, alcuni preziosi, molti curiosi e tra questi l’acquaforte di una donna anziana vestita di nero, in apparenza una monaca che si batte il petto. Tutti gli oggetti della vetrina hanno un’etichetta. In quella dell’acquaforte c’è scritto: “Original Rembrandt, 1631”.

A Lita, che ha percorso l’Europa per ammirare i capolavori di Rembrandt nei musei, viene la pelle d’oca. Si documenta. La figura dell’acquaforte è la madre di Rembrandt, Cornelia, ritratta dal figlio più volte tra il 1628 e il 1631. Tra le cinque acqueforti con quel soggetto, quella di Erie è la seconda in ordine cronologico. Per un’idea di quanto valga, rinviamo alla scheda internet di un antiquario di Parma, che ne ha in vendita un esemplare (65 x 94 cm) per 8263 euro.

Lita viene a sapere che don DeVille era un antico conoscente di suor Mercedes Prenderghast, della casa di Erie. Si mette in contatto con Alma Zager, un’anziana nipote di DeVille che vive a Erie. Alma ha appreso da poco dell’esistenza di un libro scritto dallo zio, Back from Belgium, edito a New York nel 1918. Lo ha appreso dopo che il libro era stato tradotto dall’inglese e ripubblicato nel 2001 in edizione bilingue dal Liceo Leonardo da Vinci di Trento. Alma ne ha fatto richiesta alla scuola e ne ha acquistato più copie.

Giambattista DeVille, nativo di Moena, nel 1893 emigrò negli Usa, dove prese i voti. Nel 1915 un’associazione di Chicago lo inviò nel Belgio occupato dai tedeschi per salvare centinaia di donne e bambini. DeVille li rintracciò sulla base di liste che aveva con sé, li soccorse e li trasferì negli Usa. In due anni fece quattro volte la spola sui transatlantici in acque infestate dai sottomarini tedeschi. Dalle note biografiche in premessa all’edizione trentina di Back from Belgium, Lita deduce che l’acquaforte di Rembrandt potrebbe rientrare tra le antichità che don DeVille portò in America dal Belgio per finanziare l’integrazione dei suoi profughi negli Usa. DeVille peraltro non faceva mistero del suo amore per le opere d’arte, di cui era un collezionista appassionato. Trasferitosi in seguito a Gary, città famosa per le sue acciaierie, vi fondò una casa d’accoglienza per immigrati italiani, spagnoli e messicani, e vi allestì un vero e proprio museo.

Nel 1929 DeVille si ammalò gravemente. Pochi mesi dopo decise di rientrare in Trentino. Nel dicembre del 1932 morì a Transacqua, dove era ospite di parenti. Prima di lasciare gli Usa aveva messo all’asta la sua collezione d’arte, per pagare i debiti contratti dopo il crollo di Wall Street. Qui la pista di Lita si confonde. DeVille cedette la collezione per intero, o solo in parte? Lita afferma che Alma Zager le ha detto di un album, promessole in eredità dallo zio in una lettera dal Trentino. Sempre secondo Lita, DeVille avrebbe inviato quell’album ad Alma tramite suor Mercedes Prenderghast, venuta a visitarlo a Transacqua durante un viaggio di studio in Europa. Ma quell’album conteneva davvero l’incisione di Rembrandt?

Lita T. ci ha scritto per avere notizie. In verità, tra le carte del Fondo DeVille della Notre Dame University di Gary, oggi in copia presso la Biblioteca Comunale di Trento, c’è un catalogo delle opere messe all’asta da Deville presso il French Lick Springs Hotel di Louisville, a beneficio della Settlement House di Gary. E’ un elenco dattiloscritto sommario, probabilmente redatto dallo stesso DeVille. In quel catalogo, ai numeri 10 e 14, sono citati due “Rembrandt”, senza altri dettagli. Ci sembra tuttavia poco probabile che nel 1930 quell’acquaforte sia tornata in Europa con DeVille, e ancor meno probabile che un anno dopo abbia fatto il percorso inverso nel bagaglio di suor Mercedes. Le occasioni per un passaggio di mano negli Usa, prima o dopo l’asta del 1930, non mancarono: suor Mercedes conosceva don DeVille da vecchia data e lo assistette a Gary durante la malattia.