MARTEDÌ, 12 OTTOBRE 2004


Martini,
una fama mondiale


Conferenze e viaggi sul gesuita caposcuola
della cartografia cinese

Pagina 51 - Cultura e Spettacoli
IL MISTERO
 

Una carta geografica del Novus Atlas Sinensis e a fianco l'immagine di Martino Martini.
 





   
 
 
 

    di Alessandro Dell’Aira


“Geografia di un incontro” è la mostra milanese dedicata al Novus Atlas Sinensis di Martino Martini, il gesuita nato al Canton di Trento nel 1614, missionario di prestigio e fondatore in Cina di un collegio a Hangzhou, dove morì nel 1661. La struttura ospitante della mostra è il Museo Popoli e Culture - Centro di Cultura e Animazione Missionaria PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere) di via Mosè Bianchi 34. Venerdì 8 ottobre alle 21, nella sede del Museo, Riccardo Scartezzini, dell’Università di Trento, e Lucetta Scaraffia, dell’Università La Sapienza di Roma, hanno parlato dell’articolato e fecondo rapporto tra i missionari e la scienza moderna. Un’interessante collezione permanente di arte cinese ed estremo-orientale ha fatto da sfondo alla conversazione, nell’ambito di un programma culturale che vanta una lunga tradizione di incontri di approfondimento.

Il patrimonio del Museo ospitante è rappresentato dagli oggetti portati in Europa dai missionari per approfondire la conoscenza dei popoli soprattutto asiatici. Si comprende così l’interesse del PIME per il Novus Atlas Sinensis, recentemente ripubblicato in facsimile per iniziativa del Centro Studi Martino Martini di Trento sulla base di un esemplare della Biblioteca Centrale di Zurigo, mentre l’antiporta è stata riprodotta da una versione spagnola dello stesso Atlante. L’originale fu pubblicato per la prima volta nel 1655 ad Amsterdam da un noto specialista in Atlanti, Johannes Blaeu, il quale ne curò poi edizioni in più lingue, per i protestanti e i cattolici.

Il facsimile del Novus Atlas Sinensis, stampato in mille copie con un processo editoriale molto complesso, si compone di 22 tavole in folio di circa 50 per 70 centimetri, ripiegate a metà, che riproducono fedelmente le diciassette carte geografiche originali pubblicate sotto la guida attenta, quasi gelosa, dello stesso Martini, interessato con l’occasione a far conoscere in Europa anche il suo trattato sui Tartari e la dinastia dei Qing, da poco subentrati ai Ming. Dopo la riscoperta del personaggio, finito in un cono d’ombra della storia, all’inizio degli anni ottanta del secolo scorso si è avviato lo studio della sua opera, che ha avuto per ispiratore il compianto professor Franco Demarchi, e ha per continuatori Riccardo Scartezzini, docente universitario, direttore del Centro Studi Martino Martini di Trento, Giuliano Bertuccioli, noto sinologo anche lui scomparso da poco, e Miriam Lenzi, nel ruolo di segretaria del Centro. L’Opera omnia si avvia a conclusione con il De Bello Tartarico, di stile tacitiano, trattatello conciso e spregiudicato nel considerare l’utilità dell’alternanza tra i Ming, orientati a restare fedeli a Confucio, e i King o Manchù, prima buddisti e poi convertitisi al cristianesimo. Martini, spirito pratico, si era conquistata la fiducia di questi ultimi con la pazienza e l’abilità dimostrate nell’addestrarli all’uso delle armi da fuoco, per resistere alle azioni di conquista degli olandesi, ancora prevalenti rispetto agli inglesi nello scenario orientale. Questi ultimi invece coltivavano buoni rapporti con i portoghesi, pur di realizzare il loro obiettivo colonialistico.

Il merito di Martini è di aver dato un contributo non indifferente alla diffusione del metodo di Mercatore, e nello stesso tempo di aver giocato il proprio ruolo con intelligenza e su parecchi piani: quello più tipico dei missionari, con l’evangelizzazione e la catechesi; il piano proprio della Compagnia, con l’assistenza spirituale e la formazione della gioventù cinese in connessione stretta con l’azione politica; e il piano storico-cartografico, quando tramontava l’interesse per gli itinerari e i racconti di viaggio, e il mercato richiedeva rappresentazione di longitudine e latitudine per mezzo di meridiani e paralleli, una soluzione conciliabile con le belle illustrazioni di figure isolate e di personaggi raggruppati intorno ai cartigli. Particolarmente interessante è la carta generale della Cina, con la Corea e il Giappone rappresentati per la prima volta con discreta approssimazione. La tavola diciassettesima riprende la penisola coreana e le isole giapponesi, quasi a sottolineare che l’Europa era proiettata a scoprire come erano veramente la Cina e i Cinesi, la Grande Muraglia e il Catai. Per fugare ogni pregiudizio, Martini, già nell’Introduzione all’Atlante, esprime con franchezza il suo punto di vista sulla praticità e l’essenzialità dei cinesi, i quali, per usare le sue parole, “Di tutto quanto è utile non lasciano andare a male nulla”.

Sempre a Milano, l’Atlante di Martini sarà presentato all’Università Cattolica il 22 ottobre, con l’intervento di Riccardo Scartezzini, padre Angelo Lazzarotto e Giseppina Merchionne. Una settimana dopo, il 29 ottobre, sarà la volta dell’Università delle lingue straniere di Pechino, con l’intervento di una decina di esperti cinesi. La delegazione italiana, di cui farà parte il vescovo di Trento monsignor Luigi Bressan, sarà guidata dal senatore Renzo Gubert, Presidente del Centro Martini.