MARTEDÌ, 1 NOVEMBRE 2005

 

Se la morte decide
di scioperare



In anteprima a San Paolo
l'ultimo romanzo del Nobel
José Saramago

 
 


 

Pagina 44 - Cultura & Società

 
 
 
 

  di Alessandro Dell’Aira

 

“Le intermittenze della morte”, l’ultimo romanzo del Premio Nobel portoghese José Saramago, per quanto paradossale possa sembrare, è una rapsodia sulla vita. La morte è intermittente come le lampadine degli alberi di Natale o delle insegne pubblicitarie, e fa parte della nostra esistenza come le pause fanno parte della musica. Molte sono le pieghe nascoste di questa storia misteriosa in cui la morte, sotto le spoglie neanche troppo mentite di una giovane donna, s’innamora di un violoncellista che le resiste, assiste a un suo concerto da un palco di proscenio e capisce “che non si deve mai distrarre un artista impegnato nella sua arte”. Un messaggio antico, che sembra riflettere e far riflettere sulla forza dell’arte, sulla sua prevalenza sulla morte.

Guai però a chiedere a Saramago se il messaggio è ottimista. Nega di avere mai scritto questa frase (eppure l’ha scritta, in questo libro) e si lascia andare contro tutti gli ottimisti, quelli sciocchi dell’autostima di oggi e quelli superbi del progressismo di ieri. Secondo Saramago, chi, “davanti allo spettacolo offerto dal mondo in cui viviamo, veda ragioni per essere ottimista è una persona che o non capisce quello che succede oppure dà a vedere di non capirlo”.

“Le intermittenze della morte”, presentato a San Paolo in prima mondiale venerdì scorso 28 ottobre, debutterà in Portogallo nei primi di novembre e quasi contemporaneamente sarà immesso sul mercato mondiale tradotto in altre lingue, in Italia per i tipi di Einaudi. Farà furore come regalo di Natale 2005. Ma perché presentarlo in Brasile anziché in Portogallo? Una ragione c’è. L’edizione brasiliana è stampata su carta rigorosamente certificata secondo le norme di rispetto ambientale. L’industria editoriale consuma avidamente carta la cui produzione accelera la distruzione delle foreste, e ciò minaccia la biodiversità indispensabile alla nostra sopravvivenza. Nel corso della conferenza stampa seguita alla presentazione del libro, è stata distribuita una cartella di Greenpeace con la notizia del contributo di Saramago alla campagna per salvare le ultime foreste primarie del pianeta. La vita in Amazzonia sta morendo. Soffre da anni per la deforestazione, e ora si è aggravata per le conseguenze drammatiche di una siccità pervicace, alla quale non sembra essere estraneo l’operato dell’uomo.

La domanda da cui è nato il libro è simile a quella del “Saggio sulla cecità”. L’ottantatreenne Saramago rivela di essersi reso conto da poco che tutti i libri che ha scritto finora hanno un fondo di assurdità. Questa volta la domanda è: E se la morte smettesse di uccidere? In un paese ipotetico, costituzionalmente retto da uno di quei re saramaghesi sopravvissuti alla crisi della monarchia, l’ultimo giorno di un anno qualsiasi la morte sospende le sue attività ed entra in sciopero, per ragioni ignote. Si verificano le situazioni più strane, in quel paese e solo in quel paese. Il fenomeno è inedito, assolutamente contrario alle norme della vita. Per di più, non risulta registrato neppure nelle storie universali e nelle enciclopedie. Come si farà negli ospedali? Come si farà a pagare le pensioni? Il capo del governo fiuta una crisi politica. Un cardinale teme il peggio, perché “senza morte non vi è resurrezione, e senza resurrezione non vi è chiesa”. Un’organizzazione segreta, la maphia (scritta con ph perché, spiega Saramago, non si tratta di mafia qualsiasi), si incarica di sostituirsi alla morte trasportando al di là delle frontiere nazionali, sorvegliate dai militari, i congiunti moribondi in eterno di quelle famiglie desiderose di tornare all’antica.

Poi d’improvviso la morte torna a farsi viva, recupera il tempo perduto e introduce una novità: la spedizione domiciliare di una busta di colore viola con otto giorni di preavviso, in modo che gli interessati abbiano il tempo di fare testamento o di diseredare i parenti, di fare pace con i vicini, oppure volendo di darsi alla pazza gioia prima di lasciare questo mondo. Il tutto tra un’altalena di bandiere, che all’inizio servono ad esprimere la gioia per la scomparsa della morte, e dopo il ritorno subitaneo di quest’ultima vengono usate per segnalare la presenza di defunti da rimuovere dalle case.

Tutto il romanzo è una miniera di spunti geniali, come il dialogo tra la morte e la falce, l’escamotage delle società assicuratrici che trasformano in titoli a risparmio le polizze vita di cittadini che non muoiono più, fissando a ottant’anni la data virtuale del trapasso, o la sfilza dei titoli sensazionali di stampa che annunciano la ripresa dei decessi. Citiamo una riflessione fra tutte: la morte ha le mattane ma non uccide mai da sola, gli uomini nella storia hanno ucciso molto più di lei.