MAGGIO
2005. LILLI GRUBER lascia Parigi per lIran
col marito Jacques, anche lui giornalista. Lei è
già stata in Iran anni prima e ha vissuto la
guerra in Iraq come inviata del Tg1 a Bagdad. Lui
ha una grande esperienza di Medio Oriente.
Insieme sono una forza della natura.
Loccasione dichiarata del viaggio è il
colloquio intavolato da Lilli in una sala da tè
con una misteriosa iraniana che lha
distolta dalla lettura dellHerald Tribune.
In altre parole: una testimone vale più di un
articolo di giornale. Loccasione vera però
è unaltra: le elezioni presidenziali in
Iran. Vincerà Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, che
tra i candidati è il favorito e passa per
riformista, oppure Mahmoud Ahmadenijad, sindaco
di Teheran, che ha fama di essere più duro
dellayatollah Khamenei, Guida Suprema della
Repubblica? Chissà. Lilli e Jacques si imbarcano
per Teheran. Meglio andare in due, a tentoni,
guardinghi e prudenti, come i gruppi che al buio
dispongono solo di una candela.
Così inizia Chador, lultimo
libro di Lilli Gruber, che si chiude con alcune
riflessioni sul dopo elezioni. A quattordici mesi
da allora, la situazione si è fatta
incandescente. Secondo Robert Mac Namara, il
tecnocrate USA della guerra al Vietnam, cè
il rischio concreto di unapocalisse.
Ahmadenijad ha attaccato verbalmente e a più
riprese Israele. Israele ha attaccato con le armi
Hezbollah nel Libano del Sud, nella certezza che
i miliziani agiscano per conto dellIran.
LONU ha chiesto allIran di sospendere
larricchimento delluranio, pena
sanzioni. LIran ha risposto che andrà
avanti, poi in extremis ha manifestato la
voglia di negoziati seri. Come la
spada di Alì, il genero di Maometto venerato
dagli sciiti, la politica iraniana sembra avere
due punte.
Questi scenari di tensione sembrano facilmente
leggibili. In realtà non lo sono. Più filmati
di guerra ci arrivano in casa, più indiscrezioni
giungono dalle agenzie, più siamo convinti che
il mondo coincida con la sua rappresentazione. E
invece portano il chador anche molte agenzie, e
pure il mondo schierato che gronda di propaganda
dietro il velo delle buone intenzioni.
Chador di Lilli Gruber descrive le
ricognizioni di un mese negli angoli più
nascosti e negli ambienti più esclusivi di
Teheran e dintorni, tra le nebbie che rendono
lIran pressoché impenetrabile agli occhi
dellOccidente. Lipotesi è che la
stabilità mediorientale potrà giungere solo da
un rafforzamento dellarco sciita
dallIran al Libano. La storia sembra andare
decisamente in questa direzione: voler cambiare
di forza il suo corso, come ha osservato Mac
Namara, può essere molto rischioso.
E una donna, Taraneh, ad accogliere
Lilli e Jacques e a ospitarli in città,
agevolando gli incontri che contano. Uno dei
momenti cruciali è lintervista con Zahra,
figlia di Khomeini, che rievoca il rapporto di
sottomissione affettuosa con il padre e si
dichiara fedele agli usi islamici tradizionali,
chador compreso, pur lasciando trasparire le
proprie aperture di donna impegnata.
Significativo è il colloquio col gestore di un
localino alternativo, una sorta di ovattato
caffè-bonsai, con il sottofondo di musica jazz e
un brusio di insofferenza per lintegralismo
religioso. Ecco il cuore diviso dellIran.
Tutto questo risponde a una forma comunicativa
che Lilli Gruber definisce il bazar della
parola. In Iran la parola è usata come un
chador che pretende di conciliare
linconciliabile, perché occulta il
pensiero, lo tutela e nello stesso tempo lo
soffoca. Per capirne di più ci vorrebbe più
tempo, non un mese appena. Conclusione, un
po amara: lIran è un labirinto
semibuio, in cui non ci si orienta facilmente
senza mappe e con una candela in mano.
* * *
Lilli Gruber, giornalista, prodiana,
dal 4 novembre scorso è commendatore della
Repubblica per i suoi meriti di inviata di guerra
in Iraq. Parlamentare europea, aderisce al gruppo
PSE come indipendente. E presidente della
delegazione per le relazioni con gli Stati del
Golfo e membro della delegazione per le relazioni
con l'Iran. Ha un sito web in cui il personale e
il politico si integrano con la produzione
giornalistica e saggistica. Il suo ultimo libro
pubblicato, Chador, è in evidenza
sul portalino.
Onorevole Gruber, dei suoi libri quale
ama di più?
E difficile rispondere. I libri sono come i
figli, li ami tutti allo stesso modo. Ora
cè anche America anno zero. Viaggio
in una nazione in guerra con se stessa, il
libro che sta per uscire, in cui parlo degli USA,
la più grande, lunica superpotenza
mondiale, che ha in mano le sorti del Medio
Oriente.
Si sente più
indipendente come parlamentare
europea o come giornalista?
Sono occupazioni molto diverse, e anche simili
tra loro. Come parlamentare europea ho conservato
la mia indipendenza e la mia autonomia.
Lindipendenza per me è linfa vitale.
Chador chiama in causa
anche il rapporto difficile dellOccidente
con lIslam e i suoi simboli. E così?
Certamente. Luso del chador in Iran è
regolato da una legge statale che risale al 1980,
un anno dopo il ritorno di Khomeini. Una donna
non può scendere da un aereo senza il chador,
simbolo di tutto e del contrario di tutto,
delloppressione e della libertà. Nel caso
dellIran, il velo ha consentito a tante
donne di uscire di casa per entrare nel mondo del
lavoro. Oggi lIslam è anche a casa nostra,
perciò dobbiamo sforzarci di capire. Credo che
il problema del velo stia nellavere il
diritto di scelta se metterlo o no. In ogni caso
è più organico alle società patriarcali che
allIslam.
Il ruolo dellEuropa contro le
nostre paure.
Le paure si vincono quando si sta ai fatti.
E una regola per i giornalisti e anche per
i politici. Dobbiamo andare oltre i luoghi comuni
e i pregiudizi. Una delle più grandi paure è la
paura del diverso, oggi rappresentata dal mondo
musulmano. Il terrorismo di oggi ha poco a che
fare con la religione islamica e con lo scontro
tra religioni. A monte ci sono sempre le
decisioni politiche.
Alcuni intellettuali tra cui Noam
Chomsky, Gore Vidal e José Saramago hanno
firmato un documento sulla questione
mediorientale, in cui si afferma che il problema
di fondo è la distruzione di ogni prospettiva di
ritorno dei palestinesi a Israele,
con loccupazione della Valle del Giordano e
delle terre migliori. Cosa ne pensa?
A mio giudizio quel documento esprime
linquietudine e la preoccupazione di tante
persone nel mondo, per il fatto che non si trova
una soluzione in tempi rapidi a una questione
annosa come quella israelo-palestinese. La
preoccupazione è comprensibile, in primo luogo
perché chi si preoccupa delle sorti del mondo si
inquieta, e poi perché la mancata soluzione del
conflitto palestinese porta con sé molte altre
tensioni nel mondo mediorientale.
Dove va lIran? E ottimista
o pessimista sul futuro del Paese?
Il sistema politico dellIran è così poco
trasparente che è sempre estremamente difficile
fare delle previsioni. Il viaggio di Khofi Annan
a Teheran fa ben sperare. Ma siccome non è
lONU che decide sul nucleare, né sulla
questione iraniana, ma sono gli Stati Uniti,
comincerò a nutrire un ottimismo fondato e serio
quando gli Stati Uniti torneranno a sedersi a un
tavolo di trattative con lIran. O meglio,
quando Iran e Stati Uniti torneranno a parlarsi.
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