SABATO, 18 AGOSTO 2007

Pagina 52 - Cultura & Società


«Educhiamo i giovani
alla legalità»



L'ex pubblico ministero parla di regole
e della necessità di raggiungere le coscienze


  di Alessandro Dell’Aira

 

L'ANTIGONE DI SOFOCLE ha formato generazioni di studenti. Antigone affascina chi spera che la giustizia trionfi subito sulla legge scritta. Antigone sfida la legge seppellendo di nascosto il fratello Polinice, condannato a morire da cane ai sensi di un’ordinanza di Creonte. Scoperta e condannata a sua volta, Antigone s’impicca. Aveva seppellito un traditore della patria, che comunque, fratello o non fratello, era un uomo e non un cane.

Antigone era nel giusto, o sbagliava? È giusto sfidare la legge, come Antigone? La risposta l’ha data Gherardo Colombo anni fa, a una platea di studenti fiorentini. «Ribellatevi come individui solo se non esistono alternative». Antigone non aveva alternative. In uno Stato di diritto, oggi, esistono alternative istituzionali che consentono di avere ragione delle leggi inique, sia pure con qualche tempo morto. Basta usare il cervello e gli strumenti della democrazia.

Quell’incontro è del 1999. Ne è passato di tempo da allora, e continua a passarne. Gherardo Colombo, anni sessantuno, senza baccano, è uscito dalla magistratura per entrare nell’editoria. Di sua volontà. Una decisione non tragica, filosofica. Anzi, socratica. È stata una decisione sofferta, lo ha detto lui stesso.

La giustizia ha i suoi problemi, che emergono da dati obiettivi. Non si sa neppure quante leggi ha l’Italia, ha detto Colombo. 150 mila? 200 mila? Quelle francesi sono poche decine di migliaia. Sul tavolo dei giudici italiani arrivano ogni anno tre milioni di notizie di reato. Nel Palazzo di Giustizia di Milano ci sono tremila dipendenti, e neppure una fotocopiatrice a colori, che serve per certe perizie. Ci sono tempi morti tecnici che tra un grado e l’altro di giudizio non possono essere inferiori ai tredici mesi.

Detto questo, Colombo ha precisato che la giustizia ha le sue regole, che non sono fatte per essere infrante. Se qualcuno ha dei dubbi, si ponga delle questioni e le ponga agli altri. Gherardo Colombo, quando parla ai giovani, usa questa tecnica. Ha posto molte questioni anche giovedì sera a Molveno, nella piccola agorà sotto la chiesa, nel corso del Sesto appuntamento con i «Giovedì d’autore», rassegna di incontri culturali sull’Altipiano della Paganella, organizzati dalle Apt locali. Sotto un cielo stizzoso, davanti a circa quattrocento persone, in buona parte adulti, ma anche giovani genitori con i bambini addormentati nelle carrozzelle, Gherardo Colombo ha parlato su «Giovani e Giustizia. Per costruire il senso delle regole».

Pochi i giovani giovani, ma era scontato. Nessuno si scandalizzi. Al centro del discorso di Colombo c’erano le regole di giustizia, in un teatro, materiale, simbolico e culturale, che i giovani giovani di oggi non frequentano volentieri. Il vero problema è questo. Colombo ha scelto la strada dell’educazione alla legalità, va nelle scuole, cerca gli studenti e loro cercano lui. Quando esce di scuola, anche alle elementari, come lui stesso ha detto, è inseguito fino alla porta da un codazzo di scolari.

Colombo con gli studenti parla volentieri. Sa parlare alle loro coscienze, sa porre loro domande socratiche. Lui le risposte ce l’ha, in tanti anni di professione si è interrogato migliaia di volte. Ma quando parla in pubblico non le rivela subito. Si è interrogato anche giovedì sera, e la gente lo ha interrogato. Ha dialogato con un dirigente d’azienda, un sacerdote, un architetto, un avvocato, una giovane funzionaria d’azienda. Il guaio è che gli adulti, presi nel mucchio, non vedono, non ascoltano e rispondono seguendo il filo di una logica propria. Al contrario, se i giovani provano a rispondere a una domanda logica, di solito vuol dire che sono disposti a condividere una regola. Una regola logica.

Nel corso del dibattito, parlando dei giovani e dei reality, Colombo ha citato la professione dei tronisti, inventata da Maria De Filippi, quelli che si siedono davanti a una telecamera e si scelgono il partner tra molti corteggiatori. Nel pubblico non c’erano tronisti, ma non c’era neppure uno che sapesse chi sono i tronisti. È un bene, o un male?

Forse per questo, e preoccupato da questo, Gherardo Colombo, oltre che sui quotidiani nazionali e i rotocalchi politicamente impegnati, è uscito allo scoperto sul numero di agosto 2007 di un patinatissimo Men’s fashion magazine, distribuito in allegato a una prestigiosa rivista femminile che parla di moda, stile e cultura a una fascia di pubblico non più giovane giovane, ma che aspira a restarlo. Dall’intervista, leggerissima e leggibilissima, emerge il suo carattere e la sua prima regola personale e professionale. Quale? «Dedizione assoluta, sorretta dalla passione». La regola aurea degli avi. La stessa dedizione e la stessa passione che Gherardo Colombo avrebbe messo nella professione di fisico, se avesse seguito un’inclinazione del carattere.


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