CULTURA  
domenica 18 febbraio 2001, S. Simeone
   
INCROCI DELLA MENTE
Gli psicanalisti e i pensatori


di Alessandro Dell'Aira

Remo Bodei, cagliaritano, sessantatré anni, insegna all'Università di Pisa ed è uno dei filosofi italiani più tradotti. In questi ultimi anni si è interessato alla questione dell'identità collettiva e della memoria, dopo aver spaziato su Ottocento (idealismo tedesco) e Novecento (pensiero utopistico). Nella sua progressione di ricerca c'è la tensione psicofisica di un velista che naviga controvento. L'immagine è dello stesso Bodei, quando afferma, parlando di coscienza e di responsabilità, che si può andare di bolina, se si conosce il vento e si sa come trattarlo.
Remo Bodei, lunedì pomeriggio, terrà a Trento la seconda conversazione del ciclo «I filosofi e la città»: sette incontri per ripensare il ruolo dei centri urbani come luoghi di buona convivenza, dove si ha memoria del tempo e coscienza di ciò che è cambiato, o è sul punto di cambiare. Quello che sta per cambiare a Trento, in fatto di studi universitari, è l'offerta di filosofia sotto forma di laurea breve, di un «luogo» di studi triennali che va ad aggiungersi agli altri luoghi europei della filosofia, con arricchimento del panorama culturale locale.

A Palazzo Geremia Bodei proporrà la sua originale visione del rapporto tra filosofia e psicoanalisi nel Novecento. Suggerirà di guardare alle passioni e alla ragione come a forme di logica interattiva. Dirà che la vita va vissuta da navigatori delle passioni, con la barra del timone in pugno e senza troppo bearsi di tenere i capelli al vento, come piaceva a Baudelaire. Il velista migliore non agisce da poeta maledetto ma da geometra. Non tanto però da negarsi del tutto alla paura e alla speranza. La paura e la speranza, la prima orientata a evitare il male, la seconda a conseguire il bene, sono passioni che guardano avanti. Sono i venti dell'animo. Ma una cosa è vagliare il campo, altra cosa misurare le forze. Non si può essere ragionieri delle passioni. Ogni tanto bisogna rischiare la scuffia ed essere pronti al giro di chiglia.

In «Geometria delle passioni» e «Le logiche del delirio», Bodei sviluppa l'ipotesi di una possibile convergenza del pensiero di Freud con quello di Spinoza. Sono millenni che la cultura umana si domanda che rapporto c'è tra storia e mito, tra passione e ragione, tra libero arbitrio e necessità. Almeno nel mondo occidentale, ciò ha provocato la spartizione di campo, arbitraria, tra lo studio del corpo e lo studio dello spirito. Di qua la medicina, la psichiatria, la psicoanalisi, che hanno la loro maniera di registrare i dati e gli eventi; di là la filosofia, che sviluppa sistemi di pensiero. Bodei cerca di tenere a freno il «logos», in apparenza umiliandolo anche nell'etimologia: il «logos» è un po' come i legumi, si raccoglie e si usa quando serve. Va riconosciuta una logica a chi delira, perché così facendo adatta il mondo alla propria esperienza, in modo improprio, a rate, per non soffrire troppo.

Per questi suoi contributi al rapporto tra psicoanalisi e filosofia, l'anno scorso Bodei ha ricevuto il «Premio Cesare Musatti» dalla Società Psicoanalitica Italiana. Gli abbiamo rivolto alcune domande sul tema della conversazione di lunedì.

Nel rapporto tra filosofia e politica, c'è posto anche per la psicoanalisi? O quest'ultima riguarda esclusivamente la sfera dell'individuo?

«Il posto per la psicoanalisi c'è. Tutta la politica tra l'ultimo Ottocento e l'intero Novecento ha finito per entrare nella psiche. Il caudillo era anche una guida spirituale che forzava le coscienze, come i giardinieri "forzano" la crescita delle piante. Oggi poi la politica cerca di catturare i desideri, gli impulsi, le attese della gente. Se la filosofia dà motivazioni e passa al vaglio i concetti della vita quotidiana, la psicanalisi aiuta a vincere le strategie seduttive della politica».

In che modo il rapporto tra filosofia e psicoanalisi può rafforzare il senso critico di appartenenza a una comunità, e nello stesso tempo migliorare la qualità della vita civile?

«La filosofia aiuta senz'altro a stabilire un rapporto critico con l'appartenenza. Hegel diceva che la filosofia guasta la festa del pensiero, non s'accontenta di parole d'ordine sull'identità. Ogni concetto di identità non può non portare con sé il concetto di alterità. D'altra parte la psicoanalisi, che oggi è pratica prevalentemente individuale, può aiutare, non solo sul piano teorico, a superare le pulsioni distruttive, ad affrontare il disagio della civiltà».

Nella scuola italiana, più che filosofia si studia storia del pensiero filosofico. E' importante anche questo, ma è altrettanto importante imparare a sentire e a comprendere la realtà. Cosa ne pensa?

«Non sono un fautore della storia della filosofia, come sequenza del prima e del dopo, ma non sono neppure per lo studio destoricizzato, che tende a ridurre i grandi sistemi filosofici a concettini.
L'elemento storico va conciliato con quello diacronico, partendo dai grandi testi e tracciando un percorso, creando collegamenti sempre nuovi».