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Questo instant-book su scuola e tecnologie dell'informazione e della comunicazione è nato da una relazione tecnica e se ne è progressivamente emancipato. C'è subito da premettere che si tratta del punto di vista di un preside. La parte dedicata al progetto formativo Unesco e all'azione didattica si limita a poco più del dieci per cento ed è una breve appendice del tutto. Nel restante novanta si divaga e si riflette sulla nostra istruzione pubblica degli ultimi quindici anni, dall'avvio del Piano Nazionale per l'Informatica al giro di boa dell'anno 2000.
Quasi tutte le scuole d'Italia sono in rete col mondo. L'informatica e la telematica, tecnologie che ci ostiniamo a chiamare «nuove», hanno un passato prossimo anche da noi. Nei paesi di lingua inglese si chiamano Information and Communication Technologies (ICT), o più semplicemente R-technologies, con R che sta per Relations. Le definiremmo volentieri E-Technologies, nel senso di Education Technologies, se E- non stesse sempre e dovunque per «elettronica», come in E-mail o in E-commerce.
La New Economy e la New School possono attendere. Il gap tra Usa ed Europa, quantitativo, riguarda il cablaggio, il volume e la capillarità degli accessi. La qualità dell'innovazione, qui come là, dipende dall'iniziativa personale e di gruppo piú che dagli investimenti di capitale.


 




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La prima spinta si ebbe in Italia alla fine degli anni Ottanta, indotta dall'Amministrazione e dal mercato. Un forte stimolo giunge oggi dal Web. Non è ben avvertita l'importanza delle reti locali, ma ancora per poco: il governo ha varato il Piano di Azione per lo Sviluppo della Società dell'Informazione (PASSI), nel quadro del progetto «eEurope» dell'Unione Europea.
I capi di istituto, soprattutto gli umanisti, per amore o per forza sono passati dalla perplessità iniziale all'apertura prudente, all'adesione condizionata e infine allo studio e all'approfondimento. Sempre piú numerosi si vantano oggi delle «loro» aule multimediali come di medaglie guadagnate sul campo. Non tutti però sono inclini a gestire in toto la scuola come un'azienda. Il modello del manager continua a non entusiasmare chi si oppone al tecnicismo, nega all'azienda il diritto di elaborare cultura e si sforza di organizzare concetti senza porsi il problema di come organizzare gli studi nella scuola di massa.

L'interesse dei capi di istituto per l'informatica e la telematica è uno dei sintomi che accompagnano il cambiamento della nostra scuola pubblica. Questo loro coinvolgimento, se non si limita agli aspetti tecnici, può influire in modo positivo sul cambiamento. Agli esordi del Piano il loro ruolo fu di promozione e di coordinamento logistico: i centri irradiatori erano gli istituti tecnici, l'Amministrazione centrale avviò una serie di aggiornamenti a cascata, dalle scuole polo alle scuole di base e dai matematici ai linguisti. Poi, dai primi anni Novanta, il Ministero preferí premiare le scelte piú lucide. Partirono le sperimentazioni assistite e si investí sulle scuole disposte a darsi da fare con macchine e programmi.
 











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Quindici anni di storia scolastica misurata a generazioni di computer equivalgono a quasi tre secoli di generazioni umane. Questa forte accelerazione ha indotto qualcuno a definire «ineluttabile» il cambiamento. Giovanni Sartori, ad esempio, cita Jean Baudrillard: l'informazione, anziché trasformare massa in energia, produce ancor piú massa. Si tratta di un paradosso: la tecnologia è neutra, il buon impiego didattico di informatica e telematica non è un'ipotesi in discussione. Un rischio solo c'è da temere: l'assenza di stile nella comunicazione, con relazioni e scambi di basso livello, da comparse anziché da comprimari del presente. C'è uno stile anche per l'ineluttabile: ammesso che il mondo corra troppo in fretta, la cosa migliore da fare è non lasciarsi travolgere.
Così abbiamo scelto un progetto di educazione internazionale che prevedesse l'impiego intensivo di informatica e telematica. Abbiamo proposto l'adesione della nostra scuola all'Unesco e abbiamo seguito dall'interno le fasi del contratto istituzionale, della progettazione, della verifica, della valutazione, e soprattutto la fase dello studio e della didattica. Il titolo, L'insight di Tariq, richiama come in un link il capitolo dedicato a un episodio marginale, ma illuminante per il tipo di ricerca che abbiamo condotto.
Chi è curioso dei risultati della ricerca, oltre che della sua storia, entri in rete ed esplori le pagine Unesco nel sito dell'
Istituto di istruzione «Martino Martini» di Mezzolombardo in provincia di Trento. Noi che abbiamo studiato e lavorato alla ricerca e alla costruzione degli ipertesti gliene saremo grati. La scuola, come la rete, è di tutti.
 
 



Alessandro Dell'Aira, «L'insight di Tariq». Trento, luglio 2000.