Riccardo Cucciolla: la voce
come sede dei sentimenti
Alessandro
Dell'Aira
Salutare Riccardo Cucciolla,
congedatosi con discrezione, richiede altrettanta
discrezione. L'ho accompagnato in giro per
qualche giorno, da una sala all'altra - Trento,
Rovereto, Borgo, Riva - e ho imparato che la voce
è la sede dei sentimenti. Non solo dei nostri:
anche di quelli altrui, letti, studiati, capiti,
tenuti insieme con delicatezza. Altrimenti è
un'emissione di suoni senza significato. Parlare
è una cosa, farsi ascoltare è un'altra. Prima
di parlarti in privato, o di parlare al pubblico,
Riccardo ascoltava. Intorno a un tavolo, a cena,
davanti a un microfono. Non invadente, quasi
un'eco, una voce di cuore. La voce dei tuoi e dei
suoi sentimenti, addestrata a doppiare
l'espressione del viso che aveva di fronte. Non
potevi non ascoltarlo, quando parlava di casa sua
e dei suoi cari, perché era lui, prima, a
chiederti di te e dei tuoi cari. Quando ti
mostrava i suoi fogli pieni di note a matita sui
caratteri stampati, di segni essenziali che lui
solo capiva, e dietro ai quali c'era lo studio
prima di tutto, e poi la paura di perdere il
filo. Perché Riccardo non seguiva la logica del
testo scritto ma quella imperiosa, pericolosa,
imprevedibile dell'attimo in cui la voce si
faceva testo. E il filo non lo perdeva mai, lo
dipanava con la sua piccola mano che carezzava
l'aria. Il suo filo di voce era il filo del senso
del testo. Quando è venuto a trovarci per
l'ultima volta sapeva che il suo corpo stava
male, ma la sua voce ti diceva che stava
benissimo. Amava la Puglia, Rieti, Mosca, Madrid,
il Brasile. Il teatro, la poesia. Il suo
mestiere, la campagna, il lavoro. Una vita ben
vissuta. Una persona normale con una voce rara. O
il contrario, fa lo stesso. Perché la voce è la
conversione vibrante del sentire, il filtro dei
detti, degli scritti, dei pensieri, degli atti.
Se noi siamo quello che abbiamo dato, Riccardo
Cucciolla è la sua voce viva, che sarà tale nel
tempo finché vivranno quelli che l'hanno
ascoltata dal vero. Poi svanirà, come tutte le
cose umane. Doppiata dalla voce del tempo che
passa.
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«Un
momento c'è stato»
(«Foi um momento em que...»),
di Fernando Pessoa.
Detta a Trento
da Germana Tanger
e Riccardo Cucciolla
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