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DOMENICA, 22 AGOSTO 2004
Pagina 51 - Cultura e Spettacoli
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Oreste
Baratieri, ex garibaldino
di Condino, fu il
governatore d'Eritrea e
il generale sconfitto ad
Adua nel 1896. Per la
disfatta fu processato e
assolto. Fin da giovane
fu incaricato di missioni
in Africa. A destra è
nel 1875 in Tunisia. |
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Baratieri,
il generale sconfitto
che divise irredentisti e
trentini |
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di Alessandro
DellAira
Giuseppe
Cesare Abba, nelle sue noterelle garibaldine, si
occupò anche del conte trentino Oreste Baratter,
convertito in Baratieri, nato a Condino,
arruolatosi tra i Mille non ancora diciottenne
pur essendo miope come una talpa, e scrisse che
la stella della fortuna lo aveva assistito per
trentasei anni.
Vale a dire: dal glorioso 11 maggio del 1860,
quando aveva scaricato a Marsala cinque cannoni
in un quarto dora, allinglorioso
primo marzo del 1896, con la disfatta di Adua.
Due generali e 250 ufficiali caduti, ventimila
vittime nei due schieramenti. Gli italiani si
trovarono a combattere uno contro quattro
abissini. Molti di loro furono fatti prigionieri.
Baratieri, governatore dellEritrea, fu
accusato di avere gestito malissimo quelle
battaglie, procurando lutti e dolore a mezza
Italia. Fu deplorato un suo dispaccio al governo,
che accusava le truppe di non aver saputo tenere
il loro posto. Quella carneficina fu uno shock
terribile. Gli orrori della grande guerra erano
ancora da venire. Vale la pena tornare su quelle
vicende per riassumere la polemica che oppose due
giornali già sulla breccia, "La
Nazione" e l"Alto Adige".
Questultimo nella Strenna natalizia del
1895 aveva pubblicato una litografia a colori di
Eugenio Prati dedicata alla morte del maggiore
Toselli nella battaglia di Amba Alagi. Dalle
colonne dei due giornali polemizzarono Alberto
Eccher, il noto fisico trentino trapiantato a
Firenze, di idee socialiste irredentiste, che
aveva italianizzato il proprio cognome in
DallEco, e laltrettanto noto avvocato
e criminologo trentino Scipio Sighele.
Ricostruire le fasi della polemica è stato
semplice, perché gli articoli pubblicati dai due
quotidiani, e altri scritti, sono riportati nelle
cinquanta pagine di un fascicolo stampato a
Trento nel 1896 da Giuseppe Marietti, a spese di
Alberto Eccher, e intitolato Ai cortesi
lettori dellAlto Adige.
Il 29 febbraio 1896 Baratieri aveva emesso
lordine di attacco. Il 7 marzo
lavvocato Sighele, come puntalmente
annunciato dallAlto Adige, telegrafò a
Baratieri, messo sotto inchiesta a Massaua, e si
offrì di assumerne la difesa. Secondo lui, tra
il governo di Crispi e Baratieri, aveva più
colpa il governo e Baratieri gli faceva
pietà anche se era molto colpevole. Si
associò da Roma il cavalier Mario Manfroni,
trentino e funzionario ministeriale, perché a
suo dire Baratieri era un capro espiatorio.
Cinque giorni dopo il professor Eccher, da
Firenze, convinto che la posizione dellAlto
Adige non rispecchiasse le idee del paese, chiese
ospitalità al giornale La Nazione, criticò la
posizione di Sighele e Manfroni e aprì con mille
lire (per allora, una gran cifra) una
sottoscrizione a favore dei feriti dAfrica
e delle loro famiglie. Il 17 marzo
larticolo fu ripreso dal giornale romano
LOpinione. Lo stesso giorno lAlto
Adige pubblicò una risposta tagliente di
Sighele, con lappendice di un commento
redazionale: tempo al tempo, dopo il verdetto
dellinchiesta Eccher si sarebbe certamente
ricreduto.
Apriti cielo. Alberto Eccher, sempre dalle
colonne del quotidiano fiorentino, accusò Scipio
Sighele di trentinismo. La Nazione titolò:
Pro e contro Baratieri. Il 24 marzo
Sighele da Roma spedì una precisazione. Due
giorni Eccher da Firenze scrisse che Sighele era
a corto di argomenti. Manfroni, sempre da Roma,
diede dellingeneroso a Crispi, che aveva
definito tisi militare la prudenza di
Baratieri. LAlto Adige decise di troncare
il Pro e contro, rigettando una
replica di Eccher, che ci teneva a far sapere che
non avrebbe mai mutato opinione e rilanciò,
aprendo altre sottoscrizioni.
LAlto Adige invece pubblicò
unautodifesa di Baratieri (che alla fine
non fu condannato, ma assolto perché definito
poco adatto alle esigenze del momento), e si
chiese se il conteggio dei morti sul campo,
portato nellaula del dibattimento, non
fosse una forma di accanimento nei confronti del
generale. La Nazione, nel mese di agosto,
biasimò questi argomenti con larticolo di
un corrispondente dal Trentino austriaco, che non
si firmava e accusava il quotidiano Alto Adige di
pubblicare orribili romanzacci dappendice,
mentre in città era prossima
linaugurazione del monumento a Dante
Alighieri. Fu scontro aperto. LAlto Adige,
in un editoriale non firmato, si disse certo che
il corrispondente anonimo del quotidiano La
Nazione fosse Eccher. La Nazione rispose per le
rime, definendo sciagurata la difesa
del generale assunta da alcuni giornali e dando
nuovo spazio allanonimo corrispondente.
Altre schermaglie e allusioni, finché Eccher non
telegrafò allAlto Adige: Prego
dichiarare se nellarticolo Alla
Nazione intendete riferirvi, come pare, al
sottoscritto. Risposta dellAlto
Adige. Autore articolo assente, suo ritorno
risponderà. Eccher preannunciò la
pubblicazione di un fascicolo con tutti gli
articoli di stampa e pretese una rettifica.
Risposta dallAlto Adige: Non
accettiamo rettifiche infondate, attaccati
difenderemoci stampa.
Nel frattempo era giunto settembre. Il fascicolo
di Eccher vide la luce a Trento entro lanno
(non sappiamo quando). Ne abbiamo una copia sotto
gli occhi, ingiallita e scompaginata
dalluso. Inizia con la frase:
Luomo vale quanto la sua
parola.
Riflessioni. Alberto Eccher si sente ferito
nellamor proprio e vuole garantirsi
lultima battuta, persuaso del fatto che
luomo vale quanto la sua parola, detta
scritta o stampata. Beato lui. La questione però
non è tutta personale. E non è neppure politica
al cento per cento. Cè una venatura, che
vorremmo definire antropologica. Nellultima
pagina del fascicolo, prima delle scuse e dei
saluti ai cortesi lettori, così scrive Alberto
Eccher: Come noi che viviamo lontani dal
paese presumeremmo troppo se ci immaginassimo di
conoscerlo bene in ogni sua manifestazione;
altrettanto avviene, per chi nel paese quasi
esclusivamente vivendo pretenda giudicare senza
appello di ciò che riguarda il resto degli
italiani.
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