Storia
dei dodici
irriducibili
di Alessandro Dell'AiraErano più
di milleduecento in tutta Italia,
ma solo in dodici non vollero
giurare fedeltà al fascismo. Un'altra
mezza dozzina aggirò l'ostacolo,
recandosi all'estero o chiedendo
la pensione. L'uno per cento, su
per giù. La stampa di regime
annunciò che le defezioni
ammontavano all'uno per mille,
decimando anche il dato
statistico.
Degli irriducibili del 1931 si è
occupato di recente Giorgio
Boatti, giornalista e studioso di
storia contemporanea: "Preferirei
di no. Le storie dei dodici
professori che si opposero a
Mussolini". In copertina, la
facciata di un palazzo romano
prima del plebiscito del 1934,
con il mascherone di Mussolini e
centotrentatrè SI di un metro
quadro ciascuno.
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"Giuro di essere fedele al re, ai
suoi reali successori e al regime
fascista, di osservare fedelmente lo
Statuto e le altre leggi dello Stato, di
esercitare l'ufficio di insegnante ed
adempiere tutti i doveri accademici col
proposito di formare cittadini operosi,
probi e devoti alla patria e al regime
fascista. Giuro che non appartengo né
apparterrò ad associazioni o partiti la
cui attività non si concilii con i
doveri del mio ufficio". La formula,
predisposta da Giovanni Gentile, fu
perfezionata dal ministro della pubblica
istruzione Balbino Giuliano. Ci fu chi
giurò coi guanti, per mantenere le
distanze; chi scaraventò la penna sul
tavolo dopo aver firmato; chi accettò di
osservare prudenza, secondo i consigli di
Palmiro Togliatti, Benedetto Croce e
padre Agostino Gemelli; chi ritenne che
trenta secondi di giuramento valessero
bene una posizione, la carriera e la
famiglia. Dodici però non ne vollero
sapere.
Attraverso la ricostruzione di Boatti, la
storia di questi obiettori di coscienza
può essere percorsa lentamente, dagli
anni verdi e dalle amicizie giovanili, ai
maestri, ai colleghi, all'impatto con la
guerra e il fascismo, fino al rigetto di
un gesto ritenuto umiliante, che avrebbe
comportato la rinuncia all'autonomia del
metodo e alla dignità personale.
L'introduzione del giuramento, nel 1931,
servì anche a risolvere la questione
dell'allontanamento traumatico dei
dissidenti. La loro emarginazione era
iniziata nel 1926. Secondo il decreto
legge del 24 dicembre 1925, di poco
posteriore alla destituzione di Gaetano
Salvemini, tutti i funzionari statali (insegnanti
compresi) che non dessero piene garanzie
o si fossero rivelati incompatibili con
le direttive politiche del governo,
potevano essere rimossi.
Il libro di Boatti è uscito per Einaudi
nel 2000, un anno dopo la traduzione
italiana di un saggio del tedesco Helmut
Goetz,"Il giuramento rifiutato. I
docenti universitari e il regime fascista",
pubblicato nel 1993. Né l'uno né l'altro
includono tra i dodici Giuseppe Antonio
Borgese, ordinario di Estetica a Milano,
che aveva già ricevuto intimidazioni e
in quei mesi si trovava in America. Nel
1933 Borgese chiarì a Mussolini che non
avrebbe giurato mai, attraverso due
lettere il cui testo fu pubblicato nel
1935 a Parigi sui "Quaderni e di
Giustizia e Libertà". Lo ha
rivelato l'anno scorso alla "Repubblica"
sua moglie Elisabeth, figlia di Thomas
Mann e presidente dell'Istituto
Oceanografico Internazionale.
Giorgio
Boatti, Preferirei
di no. Le storie dei dodici professori
che si opposero a Mussolini. Gli
Struzzi, Einaudi 2000, 340 pagine, lire
30.000.
Giuramento
in nero
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