sabato 2 giugno 2001

   


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 CULTURA

Storia
dei dodici
irriducibili


di Alessandro Dell'Aira

Erano più di milleduecento in tutta Italia, ma solo in dodici non vollero giurare fedeltà al fascismo. Un'altra mezza dozzina aggirò l'ostacolo, recandosi all'estero o chiedendo la pensione. L'uno per cento, su per giù. La stampa di regime annunciò che le defezioni ammontavano all'uno per mille, decimando anche il dato statistico.
Degli irriducibili del 1931 si è occupato di recente Giorgio Boatti, giornalista e studioso di storia contemporanea: "Preferirei di no. Le storie dei dodici professori che si opposero a Mussolini". In copertina, la facciata di un palazzo romano prima del plebiscito del 1934, con il mascherone di Mussolini e centotrentatrè SI di un metro quadro ciascuno
.

 




"Giuro di essere fedele al re, ai suoi reali successori e al regime fascista, di osservare fedelmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato, di esercitare l'ufficio di insegnante ed adempiere tutti i doveri accademici col proposito di formare cittadini operosi, probi e devoti alla patria e al regime fascista. Giuro che non appartengo né apparterrò ad associazioni o partiti la cui attività non si concilii con i doveri del mio ufficio". La formula, predisposta da Giovanni Gentile, fu perfezionata dal ministro della pubblica istruzione Balbino Giuliano. Ci fu chi giurò coi guanti, per mantenere le distanze; chi scaraventò la penna sul tavolo dopo aver firmato; chi accettò di osservare prudenza, secondo i consigli di Palmiro Togliatti, Benedetto Croce e padre Agostino Gemelli; chi ritenne che trenta secondi di giuramento valessero bene una posizione, la carriera e la famiglia. Dodici però non ne vollero sapere.

Attraverso la ricostruzione di Boatti, la storia di questi obiettori di coscienza può essere percorsa lentamente, dagli anni verdi e dalle amicizie giovanili, ai maestri, ai colleghi, all'impatto con la guerra e il fascismo, fino al rigetto di un gesto ritenuto umiliante, che avrebbe comportato la rinuncia all'autonomia del metodo e alla dignità personale.

L'introduzione del giuramento, nel 1931, servì anche a risolvere la questione dell'allontanamento traumatico dei dissidenti. La loro emarginazione era iniziata nel 1926. Secondo il decreto legge del 24 dicembre 1925, di poco posteriore alla destituzione di Gaetano Salvemini, tutti i funzionari statali (insegnanti compresi) che non dessero piene garanzie o si fossero rivelati incompatibili con le direttive politiche del governo, potevano essere rimossi.

Il libro di Boatti è uscito per Einaudi nel 2000, un anno dopo la traduzione italiana di un saggio del tedesco Helmut Goetz,"Il giuramento rifiutato. I docenti universitari e il regime fascista", pubblicato nel 1993. Né l'uno né l'altro includono tra i dodici Giuseppe Antonio Borgese, ordinario di Estetica a Milano, che aveva già ricevuto intimidazioni e in quei mesi si trovava in America. Nel 1933 Borgese chiarì a Mussolini che non avrebbe giurato mai, attraverso due lettere il cui testo fu pubblicato nel 1935 a Parigi sui "Quaderni e di Giustizia e Libertà". Lo ha rivelato l'anno scorso alla "Repubblica" sua moglie Elisabeth, figlia di Thomas Mann e presidente dell'Istituto Oceanografico Internazionale.

Giorgio Boatti, Preferirei di no. Le storie dei dodici professori che si opposero a Mussolini. Gli Struzzi, Einaudi 2000, 340 pagine, lire 30.000.


Giuramento in nero